Roberto Tobias (Michael Brandon) è un batterista; vive con sua moglie Nina (Mimsy Farmer), erede di una cospicua fortuna lasciatale dal padre. Da qualche tempo, una figura misteriosa lo segue e lo spia. Stanco di essere tormentato, Roberto prova a far chiarezza sulla situazione. Quello che accade, però, supera qualsiasi aspettativa: omicidi, ossessione e sospetti macchieranno la sua vita di sangue. Per ristabilire l’equilibrio, il protagonista dovrà ingegnarsi, sopportare un terribile incubo che lo strazia ogni notte e far fronte ai rapporti sociali senza rivelare il segreto che preserva. Riuscirà, Roberto, a scoprire l’identità del maniaco che lo perseguita? La risposta, forse, è custodita da 4 mosche di velluto grigio…
4 mosche di velluto grigio, uscito in sala nel 1971, è il terzo capitolo della Trilogia degli animali di Dario Argento.
Che c’entrano le mosche?
Il film si apre con una sana dose di rock ‘n roll, che catapulta lo spettatore nella storia. Roberto suona la batteria. Ma una mosca gli ronza intorno al volto. È grazie a questo elemento che possiamo comprendere di non aver sbagliato film: le mosche – citate nel titolo – hanno un preciso ruolo nella pellicola; saranno tuttavia valorizzate soltanto in seguito. Si tratta di un espediente che Alfred Hitchcock, ad esempio, ha utilizzato nel lungometraggio Gli uccelli. All’inizio del film, infatti, potrebbe sembrare che i volatili non c’entrino nulla con la storia messa in scena. Per evitare che lo spettatore provi un senso di estraniazione (“Sto guardando il film Gli uccelli… ma non ci sono volatili?”), Hitchcock ambientò le prime scene del film in un negozio di uccelli. Dario Argento ha fatto lo stesso, mostrando la mosca che infastidisce il protagonista.
Le location del film
All’inizio, Roberto Tobias insegue l’individuo che lo tormenta per le strade di Torino, fino a giungere al teatro (Conservatorio Giuseppe Verdi, piazza Bodoni). L’interno dell’edificio, invece, è quello del Teatro Sperimentale di Spoleto. 4 mosche di velluto grigio, non a caso, è stato girato in diverse location. Da Roma a Torino, passando per Milano e Spoleto, per poi balzare fino in Tunisia, Dario Argento ha spostato più volte il set. Ci ha mostrato strade inquietanti da percorre di notte, una casa di lusso e una metropolitana, uno studio di registrazione e la decollazione di un uomo davanti alla moschea di Kairouan. Una menzione speciale va a Villa Rapidi – casa di cura mentale: nient’altro che il celebre Villino Crespi di Antropophagus (Joe D’Amato, 1980), anche presente in Lisa e il Diavolo (Mario Bava, 1975).
4 mosche di velluto grigio: punti forti e deboli
4 mosche di velluto grigio è un film dinamico, che non lascia respiro. Ciononostante, l’equilibrio delle scene non ne risente e si sviluppa in crescendo, fino a raggiungere il climax. Se ogni scena urla, lo spettatore finisce per diventar sordo. Ma non è questo il caso, e ciò costituisce un punto a favore per il film, dal momento che incorrere in errori di “dosaggio d’intensità” – anche piccoli – avrebbe potuto squilibrare l’ecosistema della pellicola. Un punto a sfavore, invece, è rappresentato dal carattere e dalla costruzione del protagonista. Provare empatia per Roberto Tobias risulta arduo: è un uomo rude e aggressivo, che mostra sfumature di dolcezza in istanti brevi e sporadici. Ovviamente, ha motivo di essere turbato per la svolta imprevedibile che ha preso la sua esistenza. Ma l’immediatezza delle azioni che compie non permette di comprendere appieno la sua personalità.
Personaggi
Tra gli altri attori figurano Jean-Pierre Marielle (l’investigatore Gianni Arrosio), Francine Racette (Dalia), Fabrizio Moroni (Mirko) e Oreste Lionello (Il Professore). A interpretare il personaggio Diomede, noto come “Dio”, c’è uno spassosissimo Bud Spuncer, che riesce a bucare lo schermo con la sua vena di ilarità, alternata a momenti di saggezza e un carattere rozzamente squisito. Quest’ultimo, forse, avrebbe meritato maggior spazio, grazie alla sua capacità di “alleggerire” la pellicola e i temi trattati, come quello della morte. Il personaggio che interpreta l’antagonista, invece, rispecchia il classico profilo del serial killer: maltrattato da bambino, che attua violenza sugli animali… eccetera. La maschera che indossa ricorda un pupazzo. I villains creati da Dario Argento, non a caso, presentano spesso caratteristiche infantili.
Per le musiche valutai la possibilità di avvalermi dei Deep Purple, ma alla fine ebbi ancora una volta al mio fianco Ennio Morricone.
4 mosche di velluto grigio non è tra i migliori film di Dario Argento. Ma difficilmente, dopo aver cominciato a guardarlo, riuscirete a smettere: verrete risucchiati in un turbine di orrore, suspense e follia. La presenza di personaggi dalle sfumature comico – grottesche (Gianni Arrosio, Diomede e Il Professore) rende la visione accattivante e rimedia, per certi versi, alla mancanza di empatia verso il protagonista. Non mancano scene inquietanti che possono tenere testa a film thriller odierni.