La decima stagione di American Horror Story racconta due storie completamente diverse, ma, analizzando le due parti, si può notare come ci sia un elemento a cui entrambe girano intorno: la corruzione. Se in Red Tide Murphy e Falchuk rappresentano la corruzione morale, Death Valley è un’analisi della corruzione politica
American Horror Story: Double Feature, criticatissima da molti, si è ormai conclusa anche in Italia. Prima di iniziare con l’analisi di questa stagione, vi consiglio di leggerne QUI la mia recensione e vi suggerisco di proseguire la lettura solo nel caso in cui abbiate concluso la visione di tutti i 10 episodi di questa stagione.
Red Tide: il successo e la pillola
La prima parte di AHS Double Feature, dal titolo Red Tide, inizia come il più classico dei film horror: nuova casa, nuova città, affinché Harry (Finn Wittrock) possa trovare la pace e l’ispirazione che gli permettano di superare il blocco dello scrittore. La città in cui Harry si trasferisce provvisoriamente insieme alla moglie Doris (Lily Rabe) e alla figlia Alma (Ryan Kiera Armstrong), è Provincetown, la classica città di mare che, nella stagione invernale, affonda nella solitudine e nella malinconia dei suoi (pochi) abitanti. L’accurato lavoro di color grading ha fatto sì che ogni scena di questa prima parte trasmettesse un’idea di cupezza: i toni spenti e freddi aumentano l’oscurità e l’alone di mistero di Provincetown.
E’ proprio in questa atmosfera cupa che Harry conosce Belle Noir (Frances Conroy) e Austin Sommers (Evan Peters), i quali gli mostrano una via facile e immediata per il successo: una miracolosa pillola nera. Ed è proprio questa pillola, un vero e proprio patto con il diavolo, a distruggere la vita di Harry e della sua famiglia. La pillola, infatti, funziona, e permette ad Harry di scrivere capolavori in poche ore di assiduo lavoro. Lo scrittore è incredulo, ma, come sempre, c’è un prezzo da pagare: chi prende la pillola nera deve nutrirsi di sangue umano.
Metaforicamente è perché noi artisti prosciughiamo la vite altrui per ispirare il nostro lavoro
Austin Sommers
Spiega Austin ad Harry. Il personaggio di Finn Wittrock è combattuto: inizialmente rinuncia alla pillola nera, per poi tornare a prenderla per “un ultimo capolavoro”. Ma quanto vale veramente il successo?
Il successo e la dipendenza
Gli effetti della pillola sono immediati: Harry manda ad Ursula (Leslie Grossman), la sua agente, i copioni scritti ottenendo reazioni entusiaste e un enorme successo professionale.
Niente crea più dipendenza del successo. Ora che lo hai provato non potrai più vivere senza…
Belle Noir
Dice Belle Noir ad Harry. Ed è così. Harry sviluppa una vera e propria dipendenza verso il successo e questo lo porterà a mettere in gioco tutto, persino la sua famiglia. In tutto questo, Murphy e Falchuk sembrano voler criticare aspramente una società in cui l’egoismo e il solipsismo hanno toccato livelli inauditi. Un mondo in cui il successo, la fama e la ricchezza vincono sull’amore, l’umanità e la compassione. Una cultura che ha forgiato esseri avidi, insensibili e pronti a tutto pur di arrivare in alto. La dimostrazione di tutto ciò non è Harry, bensì sua figlia, Alma, che, invece di incarnare l’innocenza e la bontà infantili, sarà pronta a sacrificare la propria madre pur di raggiungere i propri obiettivi.
Murphy e Falchuk si scagliano contro una cultura che, in modo manicheo, divide tra perdenti e vincenti, un mondo in cui se non sei tutto, sei necessariamente niente. Per Alma, la fame di successo è qualcosa di incontrollabile: la bambina si trasforma in una macchina fagocitante, pronta a distruggere qualsiasi cosa si ponga fra lei e i suoi obiettivi. Dopo aver preso, quasi per caso, la pillola nera, Alma inizierà a ricattare il padre e ad uccidere persone e animali pur di ottenere ciò che vuole. E tra le vittime della disperata ricerca di successo di Harry e Alma ci finirà anche Doris.
Doris, personaggio “buono”
Come abbiamo visto nelle varie analisi delle altre stagioni, in American Horror Story tendenzialmente, non troviamo “buoni” e “cattivi”, ma esseri umani con i loro desideri, problemi, colpe, pregi e conflitti interiori. Ma se quasi tutti i personaggi che troviamo in Red Tide sono spiccatamente negativi, a partire da Alma, possiamo vedere l’unica forma di bontà e purezza nella figura di Doris (e, per dirla tutta, anche nel personaggio di Sarah Paulson, ma lo vedremo meglio dopo).
Donna di altri tempi, completamente devota al marito e alla famiglia, la Doris di Lily Rabe richiama chiaramente la Mia Farrow di Rosemary’s Baby. E non solo per le scelte registiche che puntano a creare intere sequenze che diventano un chiaro tributo al capolavoro di Polansky, ma anche per il suo ruolo nella narrazione. Mentre in casa sua Harry e Alma agiscono alle sue spalle prendendo le pillole e cibandosi di sangue altrui, lei, incinta e prossima al parto, è all’oscuro di tutto. Fin dall’inizio è chiaro che in quella famiglia è presente un’”estranea”, Doris.
Il personaggio di Lily Rabe mette l’amore per la famiglia davanti alla propria professione di interior designer e davanti ai propri interessi e, proprio per questo, risulta incompatibile con i suoi familiari, pronti a sacrificare qualsiasi cosa per il successo. Ma nel mondo in cui regna l’egoismo Doris non può vincere, e Murphy e Falchuk ce lo dicono tra le righe fin dall’inizio. E, infatti, Doris alla fine prenderà la pillola, diventando – a causa della mancanza di talento – un essere pallido e senz’anima che vaga come una bestia per Provincetown nutrendosi di animali e persone innocenti.
Doris, la mater dolorosa
È interessante però vedere come il personaggio di Doris non prenda la pillola nera per ottenere successo, ma solo per ritrovare la sua famiglia. Lei cerca disperatamente di riafferrare quell’unione che ha perduto, anche se consapevole di aver perso tutto definitivamente. È straziante la scena in cui Harry parla per l’ultima volta a Doris, ormai completamente disumanizzata a causa degli effetti avversi della pillola, rivelandole che la grande importanza da lui attribuita alla famiglia non era altro che la conseguenza di una vita professionale spiccatamente insoddisfacente.
In un certo senso possiamo attribuire a Nora la figura della mater dolorosa, il cui destino tragico è segnato da una perdita figurata della figlia e, più in generale, della famiglia. Nel momento in cui il personaggio di Lily Rabe prende la pillola nera, infatti, è consapevole che tutto ciò che ha perso è ormai irrecuperabile (e ciò è palesato dall’odio che Alma manifesta nei confronti della madre). La perdita dell’anima e della razionalità, a causa dell’effetto collaterale della pillola, è solo una formalizzazione: la rovina ufficiale di un’esistenza che ha ormai non trova più ragioni (vedremo poi un interessante parallelismo tra questa parte e un momento preciso di Death Valley).
Karen e Mickey, il Grande Rifiuto
Altrettanto tragico è l’epilogo di Karen, personaggio che con la sua stessa esistenza condanna un sistema corrotto, così come Mickey, interpretato da Macaulay Culkin. Questi due personaggi incarnano perfettamente gli irriducibili di Herbert Marcuse, “coloro che danno e hanno dato la vita per il Grande Rifiuto”. L’opera del grande filosofo, One dimensional man, può tornarci utile per indagare meglio le sfumature di Karen e Mickey, forse i personaggi più interessanti e affascinanti di questa stagione.
Secondo Marcuse, infatti, gli irriducibili sono coloro ai margini dello sviluppo, esclusi dal benessere e condannati nel regno dei bisogni primari. Tuttavia, questa categoria è l’unica a tenere viva le speranze rivoluzionarie: la loro esistenza stessa mette in luce i limiti e le contraddizioni di istituzioni intollerabili. In questo pensiero, possiamo proiettare il contesto di Red Tide e le figure di Karen e Mickey. Entrambi sono emarginati dalla società in cui vivono: Karen è una senzatetto che tutti credono malata e contagiosa e a cui nessuno si vuole avvicinare, mentre Mickey guadagna qualche soldo prostituendosi. Se già questi ruoli li rilegano ai margini della società, la situazione peggiora a causa della presenza della pillola nera. Per ragioni diverse Karen e Mickey, nonostante abbiano talento artistico, non hanno mi preso la pillola, sottomettendosi completamente ai “grandi” di Provincetown (principalmente Belle Noir e Austin) in cambio di protezione.
La loro stessa esistenza però, proprio come quella degli irriducibili di Marcuse, mette in pericolo l’esistenza stessa della pillola e tutto ciò che le gira intorno. Tuttavia, la potenzialità rivoluzionaria di Mickey e Karen è destinata a dissolversi nel nulla: ed è proprio la loro morte che sancirà la fine, almeno figuratamente ma non solo, dell’umanità stessa.
Un destino crudele
I destini di Mickey e Karen sono molto diversi: se il primo, alla fine, stanco di una vita dolorosa e priva di significato, cederà di fronte alle promesse della pillola pur di prendersi una rivincita su quel mondo che lo ha trattato come un rifiuto, Karen resisterà fino all’ultimo, per poi cedere di fronte a un vero e proprio ricatto in cui è in gioco la sua stessa vita. Nel momento in cui anche il personaggio della Paulson si piega di fronte alla misteriosa “droga”, ogni briciolo di umanità scompare dallo schermo.
Ma non è troppo tardi: dopo aver ucciso Mickey, ormai “un succhiasangue” come gli altri, Karen realizzerà la sua ultima opera d’arte sulla spiaggia, per poi compiere un gesto estremo. La cinepresa la segue mentre si alza e si dirige in riva al mare, dove la donna disperata si taglierà le vene e si getterà tra le onde che la portano via, in un ultimo gesto d’amore e di speranza per il mondo.
Karen è un’anima incorrompibile, pura, la vera e unica irriducibile, colei che preferisce una morte onorevole agli spettri della corruzione morale.
Alma, immagine di un’umanità traviata
Se Karen è uno spirito puro lo stesso non si può dire degli altri personaggi: l’apice del male è incarnato da Belle e Austin, che hanno preferito sacrificare vite umane rispetto al loro successo. Ma anche lo stesso Harry, accecato da una potenziale fama, diventerà un assassino, pronto a uccidere chiunque pur di mantenere la capacità di scrivere capolavori. La figura più aberrante è, però, quella di Alma, figlia di Harry e Doris. Immagine di un’umanità ormai irreversibilmente traviata, in cui pure i bambini hanno perso la loro innocenza, Alma arriverà al punto di eliminare la propria famiglia pur di non tradire le sue ambizioni artistiche.
Lo stesso Harry, che alla fine cerca invano una sorta di redenzione, verrà ucciso dalla figlia: proprio come Narciso, il personaggio di Finn Wittrock rimarrà accecato dalla bellezza delle proprie opere e diverrà vittima del proprio smisurato autocompiacimento per poi essere ucciso dalla sua “immagine”, ovvero sua figlia Alma che meglio rispecchia (anche se all’ennesima potenza) il suo ego smisurato e insaziabile.
Un finale apocalittico
Discorso diverso andrebbe fatto per Ursula, manager di Harry, che troverà nella pillola un modo per arricchirsi ancora di più.
In American Horror Story: Red Tide, troviamo un caleidoscopio di personaggi folli, egoisti e avidi. Harry, Belle Noir, Austin e Alma non sono altro che lo specchio ingannevole di un’umanità regredita allo stato di natura, che, dietro le proprie opere artistiche perfette, cela gli istinti più disumani e inconcepibili. Quello di Red Tide è il mondo schopenhaueriano in cui la vita non è altro che sete di affermazione, in un perpetuo uccidere pur di sopravvivere, e il finale apocalittico senza speranza sembra confermare ciò.
Death Valley
Come abbiamo visto abbondantemente nelle analisi delle precedenti stagioni, American Horror Story ha sempre messo in scena “i fantasmi di una nazione che non è mai riuscita a fare i conti con il proprio passato”. In AHS gli spettri di un passato rimosso sempre in modo sommario, tornano prepotentemente alla luce. E così, se nelle precedenti stagioni Murphy e Falchuk hanno inserito personaggi storici (come Anna Frank), rielaborando spesso le loro biografie e i loro destini, qui i due autori sovvertono completamente la storia americana, creando una sorta di antistoria, ispirata alle teorie cospirazioniste più celebri.
L’antistoria americana: da Eisenhower a Kennedy
Nella prima parte delle quattro puntate che compongono Death Valley, Murphy e Falchuk rielaborano completamente la storia americana, prendendo spunto da tutte quelle teorie del complotto che negli ultimi anni, soprattutto grazie al web, hanno trovato grande diffusione. In particolare, la storia trova il suo motore nelle dichiarazioni piuttosto recenti della nipote dell’ex presidente americano Dwight D. Eisenhower, la quale ha affermato che gli alieni sbarcarono sul nostro pianeta nel 1954, proprio durante il mandato del suo bisnonno. E non è tutto: la nipote di Eisenhower è anche sicura che da quel fatidico giorno del ’54 gli alieni controllino il nostro pianeta, asservendo al loro volere tutti gli esponenti politici degli USA e non solo.
Ebbene sì, American Horror Story: Double Feature ci racconta proprio questa versione della storia e lo fa con grande gusto, inserendo personaggi della storia americana nei contesti più improbabili, in quello che, alla lunga, sembra quasi un gioco citazionista.
Ad essere citazionista è anche l’estetica di tutta la parte in bianco e nero che richiama chiaramente i film degli anni ’70-80 più celebri su questo tema (per esempio Incontri ravvicinati del terzo tipo) di Spielberg. Quindi, come in ogni stagione, AHS omaggia i film più classici e l’immaginario e le icone che queste pellicole hanno creato.
Il conflitto interiore di Ike
Il personaggio di Ike Eisenhower, ben interpretato da Neal McDonough, è messo in scena in modo molto interessante. Tenendo conto che la storia raccontata in AHS non ha niente a che vedere con la vera storia americana, il presidente Eisenhower viene rappresentato come un uomo logorato da un irrisolvibile conflitto interiore. Dopo aver firmato il patto con gli alieni che promettono di non distruggere la Terra e di fornire tecnologie avanzate agli americani in cambio di alcune vittime umane da sottoporre a strani esperimenti, Ike sarà costretto a vedere e a nascondere eventi inaccettabili che creeranno in lui in senso di colpa incontrollabile.
La scelta del presidente, infatti, porterà a conseguenze sempre più ingestibili e a risvolti tragici. Inoltre, Ike, che ha “sacrificato” il destino del mondo intero per amore di Mamie, la moglie, verrà anche tradito dalla donna che ama. Proprio nel triste epilogo di questo personaggio, troviamo il parallelismo con Doris di Red Tide. Anche Ike, infatti, non ha più alcun motivo per vivere e la sua morte, come dice lui stesso, non è altro che una “formalizzazione”.
Sono morto il giorno in cui ho firmato quel foglio, questa è solo una formalizzazione
Dwight Eisenhower
Afferma Ike pochi istanti prima di morire.
La corruzione politica
Eppure, è difficile condannare il personaggio di Ike, in quanto lo spettatore è portato a empatizzare con lui e a comprendere le sue scelte. Per quanto riguarda Eisenhower, infatti, non si può parlare di corruzione: molti ricatti da parte degli alieni lo costringono ad accettare le condizioni da loro imposte. Si ha, invece, un ritratto diverso di Nixon che, al contrario, viene mostrato come un uomo stupido e rozzo, avido di potere e amante della guerra. La volontà di supremazia che emerge nella figura di Nixon si sposa perfettamente con la promessa degli alieni che garantiscono agli USA le più avanzate tecnologie. La corruzione, però, sta più in generale in tutto il sistema politico, un sistema che viene rappresentato come marcio fin dall’inizio, intriso di segreti terribili e del sangue innocente generato da essi.
La parte a colori: il presente
La parte a colori di Death Valley, ambientata nel 2021, porta all’estremo il carattere camp che è sempre stato presente in AHS, degenerando a tratti anche nel trash. In questa parte vediamo un gruppo di ragazzi Kendall, Jamie, Cal e Troy che si avventurano nel deserto per trascorrere una vacanza diversa dalle altre. Travolti da eventi inspiegabili, i quattro scopriranno di essere tutti incinti e verranno portati dai servizi segreti nell’Area 51 per partorire quegli ibridi (alieni-umani) che crescono a vista d’occhio all’interno del loro grembo.
Anche nell’Area 51 Murphy e Falchuk inseriscono personaggi reali, come Steve Jobs, che secondo molte teorie del complotto non sarebbe mai morto e che in AHS: Death Valley, infatti, è prigioniero nell’Area 51. In più, ci viene mostrato il set in cui Stanley Kubrick avrebbe girato il tanto discusso sbarco sulla Luna.
La figura del pater
In AHS, inoltre, ha sempre avuto grande importanza il tema della maternità, sul quale Murphy e Falchuk hanno costruito decine di personaggi. In questa stagione la maternità viene proiettata sull’uomo e la ritroviamo in Cal e Troy, coppia omosessuale. Troy partorisce per primo l’ibrido e subito si sente legato a quella creatura, in un vero e proprio sentimento materno dovuto al fatto che quel bambino è stato partorito da lui. Un legame forte che però viene subito spezzato nel momento in cui il bambino viene ucciso, in quanto “imperfetto”. In quel momento Troy sprofonda in una dolorosa depressione:
Ho sempre pensato che non sarei mai diventato padre finché questo essere è diventato parte di me. È uscito da me e appena l’ho visto non mi importava cosa fosse, qualunque cosa fosse… era mio, e sapevo che avrei fatto qualsiasi cosa per proteggerlo.
Troy
Se con Doris in Red Tide parlavamo di mater dolorosa potremmo creare per Troy la figura del pater che ha perso il proprio figlio, un figlio uscito dal proprio grembo e per il quale prova a tutti gli effetti quello che si potrebbe definire un affetto materno. Per sopperire a questa perdita, a questa mancanza lacaniana, e per cercare di realizzare il sogno di una famiglia, Troy farà partorire Cal di nascosto, pur di salvare il bambino. Ma, proprio nel momento in cui il sogno dei due ragazzi si sarà realizzato, l’ibrido mangerà la testa di entrambi. È una sorte tragica, senza speranza, proprio come quella di Red Tide e proprio come il finale di Death Valley che analizzeremo adesso.
Mamie, per la vita eterna…
Il collegamento tra presente e passato si ha grazie al personaggio di Mamie, la moglie del presidente Eisenhower. Anche lei è simbolo di una vera e propria corruzione: è pronta ad aiutare gli alieni e a tradire il marito che tanto la ama, in cambio della vita eterna. E così, ritroviamo Mamie nel 2021 che cammina nell’Area 51 con un lungo vestito rosa che risalta tra le pareti bianche della struttura. Ma Mamie è insoddisfatta, infelice, i giorni passano ma la sua esistenza non ha più un senso: Mamie è l’esteta kierkegaardiano in cui la disperazione muta nella malinconia, nella nostalgia di un passato in cui era ancora libera e di un presente che non ha più un senso.
Inoltre, Mamie è sopraffatta dal senso di colpa: gli alieni le avevano promesso tutt’altro e adesso che vogliono sterminare tutti gli esseri umani per sostituirli con gli ibridi che hanno generato. Mamie si sente la più grande traditrice della storia, colei che ha reso possibile la distruzione della propria specie. In un vano tentativo di cambiare il futuro e di (ri)dare un senso alla propria vita, Mamie cercherà di uccidere il primo ibrido perfetto (nato proprio dal grembo di Kendall) ma morirà come tutti gli altri.
Il finale di Death Valley ha un sapore apocalittico, proprio come quello di Red Tide: gli alieni si preparano a sostituire gli umani con gli ibridi da loro creati e nessuno può fermarli.
Gli alieni come metafore del razzismo e nazismo
In modo assai particolare in Death Valley, Murphy e Falchuk mettono in scena il razzismo e il nazismo. Gli alieni come “razza superiore”, l’idea di voler sostituire gli esseri umani, l’omicidio degli esseri “imperfetti” e l’obiettivo di creare un “ibrido perfetto”, richiamano in modo piuttosto chiaro dinamiche storiche che ognuno di noi conosce molto bene.
Conclusioni
Nella sua decima stagione, American Horror Story affronta diversi temi, ma al centro di tutto c’è la corruzione. Da una parte la corruzione morale di Red Tide legata al successo e alla fama, dall’altra quella politica, perfettamente rappresentata in Double Feature.
Non a caso, almeno in Red Tide, al centro di tutto c’è l’arte e la volontà di essere grandi artisti: infatti, per Schopenhauer l’arte è la più grande espressione sensibile della sete d’affermazione degli uomini, e la musica è la peggiore tra esse perché “si mantiene in vita attraverso la continua distruzione”, proprio come i personaggi di American Horror Story: Double Feature.