L’articolo contiene SPOILER sulla sesta stagione di American Horror Story.
American Horror Story: Roanoke è la stagione che più si allontana dallo stile tipico della serie Tv creata da Falchuk e Murphy. Proprio quest’ultimo, in una recente intervista, ha affermato che questa sesta stagione gli ha fatto capire la “potenza tematica” di questa serie, in grado di rinnovarsi continuamente e, quindi, di poter replicarsi all’infinito.
Analizziamo questa stagione in cui, rispetto alla precedente, il numero di episodi diminuisce da 12 a 10.
Una struttura insolita
La stagione presenta una struttura molto particolare che la diversifica molto dalle precedenti. Potremmo considerarla come un insieme di 10 episodi che contiene però due sottoinsiemi composti da 5 episodi ciascuno. Infatti, nelle prime cinque puntate ci viene raccontata la storia di Matt e Shelby, assaliti da presenze paranormali nella loro casa colonica. La struttura di questa prima parte richiama fin da subito una sorta di documentario, una testimonianza in cui i veri Matt (André Holland) e Shelby (Lily Rabe) raccontano la loro vicenda comodamente seduti in uno studio. Contemporaneamente però vediamo una ricostruzione degli eventi in cui Matt e Shelby sono interpretati rispettivamente da Cuba Gooding Jr. e Sarah Paulson.
La stessa cosa vale per gli altri personaggi: Lee Harris (la sorella di Matt) viene interpreta da Adina Porter nel racconto e da Angela Bassett nella ricostruzione. Questo stile ricorda quello dei programmi americani, da poco trasmessi anche nei canali italiani, in cui vengono ricostruiti eventi truci e raccapriccianti, realmente accaduti in America, dove gli sceneggiatori e registi miscelano sapientemente i reali protagonisti degli eventi insieme ad attori professionisti nella ricostruzione dell’evento.
L’episodio della svolta
La svolta, o meglio, il turning point si ha nella sesta puntata, quando scopriamo che il racconto e la ricostruzione della storia di Matt e Shelby (quindi tutto ciò a cui lo spettatore ha assistito nei primi cinque episodi), non è altro che uno show di grande successo dal nome “My Roanoke Nightmare” che ha totalizzato circa 23 milioni di spettatori. Fin dal primo minuto dell’episodio 6 ci viene mostrato come Sidney (Cheyenne Jackson), produttore dello show, abbia in mente una sorta di seconda stagione dal titolo “Ritorno a Roanoke: tre giorni all’inferno”.
L’avido produttore vuole riportare per tre giorni nella casa colonica i veri Matt, Shelby e Lee, accompagnati da tutto il cast che aveva preso parte alla ricostruzione della storia sullo schermo. In questi ultimi cinque episodi vediamo quindi come Matt, Shelby, Lee ed il cast convivano nella grande casa colonica dove inizieranno a morire uno ad uno a causa degli stessi eventi paranormali a cui il produttore Sidney non aveva mai creduto.
Horror e gore: ritorno agli albori
Se, dopo la seconda stagione, l’horror aveva lasciato gradualmente sempre più spazio al camp, qui si ha una totale inversione di marcia. Con Roanoke si ha un ritorno agli albori, con un recupero delle atmosfere inquietanti e cariche di tensione che avevano contraddistinto i corridoi del manicomio di Briarcliff in Asylum e con scene gore davvero crude e ben fatte.
Il mockumentary
La prima parte di stagione riprende lo stile del documentario, mentre la seconda riprende un genere comune nei film horror dell’ultimo ventennio ma assolutamente nuovo in American Horror Story: il mockumentary. Questa tipologia, conosciuta anche come “falso documentario”, è contraddistinto dall’uso del linguaggio documentaristico per far immergere il più possibile lo spettatore nella pellicola, facendogli sembrare reali gli eventi narrati.
La colonia perduta di Roanoke, la storia vera che ha ispirato la stagione
Come abbiamo visto negli articoli precedenti, American Horror Story riprende spesso storie vere e personaggi reali, “deformandoli” e riadattandoli. In questo caso la storia che ha ispirato la stagione è quella della colonia perduta di Roanoke.
La colonia di Roanoke è stata il secondo insediamento inglese nell’America del Nord. La vicenda direttamente ripresa nella serie è il secondo tentativo di colonizzazione risalente al 1587, quando dei coloni si insediarono a Roanoke (Carolina del Nord). Il governatore White, che aveva guidato la spedizione, tornò in Inghilterra per chiedere aiuto e descrivere una situazione che, anche a causa dei nativi, non era delle migliori. White riuscì a ripartire per la colonia solo nel 1590 ma quando arrivò lì non trovò niente: né tracce dei coloni né prove di un combattimento. L’unico segno ritrovato fu la parola “Croatoan” incisa nel palo di una recinzione. White pensò che quell’incisione indicasse il trasferimento dei coloni nell’isola di Croatoan, ma non riuscì mai a verificarlo.
A causa di questo evento Roanoke viene chiamata la “colonia perduta”.
Questa vicenda ha ispirato la stagione: i coloni sono tutti stati uccisi e i loro spiriti popolano la casa colonica e i boschi circostanti.
I film che hanno ispirato Roanoke
Sicuramente sono moltissimi i film da cui Murphy e Falchuk hanno preso ispirazione per creare American Horror Story: Roanoke. Il richiamo più evidente è quello al mockumentary “The Blair Witch Project”, la pellicola che ha reso popolare il genere del “falso documentario”. Il famoso film del 1999 iniziava informando lo spettatore della scomparsa di tre ragazzi nel 1994 e del ritrovamento di alcune pellicole e nastri audiovisivi da essi realizzati nei giorni immediatamente precedenti alla loro sparizione. Allo stesso modo a metà della sesta puntata in American Horror Story si viene avvisati che solo uno tra Shelby, Matt, Lee e tutto il cast è sopravvissuto e che tutto ciò che vedremo in seguito sarà il materiale ripreso dai dispositivi dei ragazzi e dalle telecamere installate nella casa.
Altri chiari riferimenti si hanno al film di Tobe Hooper “Non aprite quella porta” (con la famiglia di cannibali che abita vicino alla casa colonica e con le maschere di pelle indossate da alcuni dei personaggi), a Rec e a Cannibal Holocaust.
Il motore della storia: il tema della maternità
Fin dalla prima puntata Shelby e Matt raccontano il motivo per cui si sono trasferiti da Los Angeles nella sperduta casa colonica. I due, infatti, sono stati attaccati da una gang e questo ha causato la perdita del bambino che Shelby portava in grembo. Anche in Roanoke la maternità gioca un ruolo fondamentale. L’acuto dolore di Shelby per la grave perdita sarà reso ancora più forte dalla spirale di dolore e morte in cui i due protagonisti verranno trascinati. La maternità sottratta, proprio come in Murder House, è il motore principale della storia: esattamente come nella prima stagione i protagonisti, nel vano tentativo di cambiare vita e ricominciare, finiranno per trovarsi faccia a faccia con una realtà ancora più crudele.
Il sottile confine tra attore e personaggio: La Macellaia
La vita di un attore è spesso fortemente influenzata da un determinato ruolo. Si racconta che Shelley Duvall (Wendy nel film di Kubrick “Shining”) sia impazzita in seguito a quel ruolo. Qualcuno sostiene addirittura che Heath Ledger si sia suicidato perché entrato troppo nel personaggio di Joker. Lo stesso Evan Peters ha dovuto prendersi due anni di pausa dopo il personaggio interpretato nella settima stagione di American Horror Story (Kai Anderson).
La storia dell’attore che si immedesima troppo con il personaggio è presente in Roanoke. È il caso di Agnes (interpretata da Kathy Bates) l’attrice che nella ricostruzione di “My Roanoke Nightmare” interpreta la Macellaia: il fantasma di una donna spietata che guida gli spiriti degli abitanti della colonia perduta di Roanoke. Nell’episodio 6 apprendiamo che Sidney, il produttore, non ha invitato Agnes a partecipare alla “seconda stagione” dello show, a causa di alcuni comportamenti bizzarri dell’attrice che è arrivata a portare via persino degli oggetti dal set e a minacciare persone con la sua mannaia. Agnes non prende bene questa esclusione e nell’episodio successivo, dopo aver ucciso barbaramente Sidney e la sua troupe, si reca nella casa colonica (dove soggiorna il cast insieme a Matt, Shelby e Lee), pronta a riprendere il suo ruolo ma, questa volta, uccidendo per davvero.
Agnes arriverà persino a trovarsi di fronte alla vera Macellaia per la quale ha sviluppato una sorta di devozione e, dopo essersi inginocchiata di fronte a lei, morirà proprio per mano del suo idolo.
Personaggi piatti
Se le precedenti stagioni di American Horror Story ci avevano portato a conoscere personaggi iconici e molto interessanti, in Roanoke tutto ciò non avviene. L’introspezione dei personaggi, la loro redenzione e la loro storia non sono presenti in alcun modo. Murphy e Falchuk ci mettono davanti a un continuum di personaggi piatti, stereotipati e prevedibili. Quella degli sceneggiatori sembra essere una pesante critica ai protagonisti dell’intrattenimento televisivo: persone mediocri, false e non interessanti, pronte a tutto per guadagnare un briciolo di notorietà o denaro. Sono questi ultimi i motivi per cui tutti, compresi Shelby, Matt e Lee, nonostante i loro trascorsi, accettano di prendere parte alla seconda parte dello show.
Da Coven ad Asylum: i collegamenti in Roanoke
Come abbiamo visto nell’articolo dedicato a Freak Show (che potete leggere QUI) con la quarta stagione di American Horror Story sono iniziati i collegamenti intertestuali tra le varie stagioni. In questa sesta ci sono collegamenti evidenti con Murder House, Asylum e Coven. Una delle parole più comuni in Roanoke è “Croatoan” ripetuta varie volte come “formula magica” per scacciare via gli spiriti indesiderati. La stessa formula veniva suggerita nella prima stagione a Violet per mandar via Tate.
Per quanto riguarda Asylum, invece, il collegamento risulta ancora più evidente. Nell’ultima puntata l’unica sopravvissuta della seconda parte dello show viene intervistata da Lana Winters (Sarah Paulson) la giornalista, protagonista di Asylum, ormai ricca e anziana. Infine, è evidente anche il collegamento con Coven: Lady Gaga in Roanoke interpreta una strega che si aggira per la foresta (che circonda la casa colonica) da sempre. Questa strega non è altro che la Suprema Originale, l’antenata di tutte le streghe protagoniste di Coven.
La maternità: il sacrificio di Lee
Nell’ultima puntata della stagione Lee, unica sopravvissuta alla seconda parte dello show, è sconvolta per la scomparsa della figlia. La donna scoprirà subito che la bambina si trova nella casa colonica dove, all’inizio degli eventi, aveva stretto una forte amicizia con il fantasma di una bambina, Priscilla. In un finale drammatico Lee, dopo aver confessato l’omicidio dell’ex-marito ed altre scioccanti verità, si sacrificherà permettendo alla figlia di uscire dalla casa.
Questo finale non è stato particolarmente apprezzato dal pubblico in quanto, a primo impatto, può sembrare quasi incoerente con lo stile di American Horror Story: Roanoke. Tuttavia, questo finale dolceamaro, riporta la stagione sullo stile poetico tipico della serie e, in più, ne riprende uno dei temi fondanti: quello della maternità. In questo modo Roanoke è un cerchio che si chiude: la vicenda si apre con la morte di un figlio (non ancora nato) e si conclude con una madre che sacrifica se stessa per salvare la propria figlia.
La critica ai media
Roanoke è però prima di tutto un’asprissima critica ai media. Murphy condanna l’intrattenimento televisivo di programmi come “Il Grande Fratello” e i personaggi che fanno parte di un mondo che, pur dichiarandosi reale, è palesemente falso. I personaggi che ci vengono presentati sono cinici, avidi e pronti a tutto pur di ottenere la fama e il successo. Rappresentano figure spiccatamente negative con cui diventa impossibile per lo spettatore stabilire un rapporto empatico. Chi guarda American Horror Story: Roanoke non può che assistere in modo compiaciuto alla carneficina a cui ogni personaggio va inevitabilmente incontro.
La critica alla TV e, in generale, ai media è forte: viene mostrato chiaramente come la realtà cambi in modo radicale dopo essere stata filtrata dalle telecamere. La tv e i mezzi di intrattenimento appaiono come un macchinoso ingranaggio pronto ad inghiottire qualsiasi cosa per trasformarla in denaro. Lo stesso produttore Sidney, dopo aver assistito alla morte di un membro della sua troupe, continua imperterrito nel suo lavoro perché “the show must go on” e la gente non può aspettare.
La scelta da parte degli sceneggiatori di inserire il personaggio di Lana Winters nel finale, ormai famosa conduttrice televisiva, vuole mostrare il doppio volto di molte delle persone che fanno parte del panorama televisivo: la stessa Lana, nonostante tutto, dietro un volto sorridente e i modi gentili nasconde un passato fatto di segreti e violenza.
American Horror Story: Roanoke è una stagione particolare. Il grande distacco con le precedenti cinque stagioni è evidente fin da subito: in Roanoke, per la prima volta, non è presente la tipica sigla che aveva sempre contraddistinto American Horror Story.
Roanoke è una stagione in cui ci vengono mostrati spiriti pieni di rancore e di vendetta ma in cui il vero “orrore” sono il cinismo e la freddezza che contraddistinguono il “dietro le quinte”, quella parte nascosta della TV che in pochi hanno la fortuna (o forse la sfortuna) di conoscere.