Ci sono alcuni film che ti sorprendono. Visioni alle quali ti approcci senza alcun tipo di aspettativa anzi, con un po’ di timore, e che invece riescono a emozionarti e lasciarti qualcosa. Il Sabba (titolo originale Akelarre), uscito su Netflix il 10 marzo scorso e diretto da Pablo Aguero è uno di questi. Vincitore di quattro premi Goya, tra cui Miglior Direzione Artistica e Migliori Musiche Originali, questo dramma storico che viaggia sul confine con l’horror è riuscito a comunicarmi tutta l’intensità della storia che racconta, a farmi sorridere e commuovermi e lasciarmi con l’entusiasmo di volerlo rivedere ancora.
LA TRAMA
1609, Paesi Baschi.
In un villaggio di pescatori le donne attendono il ritorno degli uomini, andati per mare. Ana e le sue amiche vivono spensierate la loro giovinezza, alternando ai loro doveri gite nel bosco, cantando e ballando nella natura e raccontandosi storie per passare il tempo. Incaricato dal Re di purificare la regione dalle streghe, il giudice Rostegui le arresta, accusandole di stregoneria. Tramite torture e pressioni psicologiche è determinato a far confessare loro come si svolge il Rito del Sabba, da cui sembra davvero ossessionato…
CENNI STORICI
Ripreso nei reali luoghi dove avvenne il massacro, la pellicola affronta in modo chiaro e diretto un capitolo della storia davvero oscuro e terribile, spesso dimenticato e poco approfondito. Nello specifico parliamo dell’inquisizione compiuta da Pierre de Rosteguy di Lancre nell’ Euskadi, comunità autonoma della Spagna settentrionale, durante il 1600. L’ inquisitore in questione, uno dei più spietati torturatori francesi, fu incaricato direttamente da Enrico IV che rimase colpito dalla lettura di un suo scritto dal titolo “Tableau de L’Incostance des Mauves Anges e Demons“. Il Re gli ordinò quindi di indagare nella zona occidentale dei Paesi Baschi, per scovare e indagare sui presunti casi di stregoneria. Migliaia di giovani donne, colpevoli solo di aver danzato tra loro nei prati e nei boschi, furono arse vive poichè accusate di celebrare il Sabba alla presenza del Diavolo stesso.
La sceneggiatura del film è stata scritta a quattro mani da Aguero e Katel Guillou ed è frutto di un lungo studio di atti giudiziari, cronache e documenti sfuggiti alla distruzione e forniti principalmente da un saggio del 1862. Scritto dallo storico francese Jules Michelet, La Strega, è il libro (considerato una tra le più violenti denuncie dell’ Inquisizione Cattolica) che ha folgorato il cineasta argentino che, nel 2008, ha iniziato cosi il processo di sviluppo di questo progetto.
Un bel rischio davvero, considerata la delicatezza dell’ argomento trattato e la facilità con la quale si rischia, in ambito horror, di snaturare ciò che è storia rendendolo puro intrattenimento.
Un bel rischio che sono felice che abbia corso perchè ne Il Sabba c’è tutto. La lotta per l’uguaglianza di genere contro il potere patriarcale, le superstizioni e la fede cieca e bigotta, la fama di potere e la sorellanza. Ed il mistero di cosa sia davvero una Strega. Un essere sovrannaturale con poteri magici, od una donna libera?
Non c’è niente di più pericoloso di una donna che balla.
Cos’ è stata, la caccia alle streghe, se non il desiderio di eliminare le minoranze cercando di uniformare religioni, identità e culture? Cercare di schiacciare non solo le donne ma le persone libere, con la scusa di far tutto in nome di un unico vero dio a favore del potere e della ricchezza di pochi? La religione strumentalizzata e resa mezzo per la manipolazione della massa.
E’ così che i dialetti diventano lingue blasfeme pronunciate “per nascondere le cose” come l’inquistitore sottolinea. Così che canzoni popolari diventano “invocazioni al demonio” e semplici danze allegre nei boschi veri e propri Sabba in nome di Satana.
Il Sabba è un dramma storico-femminista ma anche un film di mistero che si snoda in un mondo che è già di natura inquietante e magico. Un film che racconta una storia reale, che sfuma i suoi contorni verso la supposizione, il sogno e la stregoneria, ma nel quale il soprannaturale non appare mai del tutto. La splendida fotografia riporta alla mente i quadri di Caravaggio nei giochi che le fiamme delle candele creano con le ombre e quelli Impressionisti negli splendidi esterni di boschi e pianure assolate.
Bravissime Amaia Aberasturi (Ana) e le altre giovani attrici, tutte esordienti e locali che parlano Euskara. Intenso e febbrile il loro inquisitore, un Alex Brendemühl perfettamente in parte. Fintamente innocente Padre Cristòbal interpretato da un Asier Oruesagasti abile a ricoprire un ruolo piuttosto scomodo e difficile. Ognuno di lora dona un valore aggiunto al personaggio grazie ad espressioni, sguardi, gesti. Una menzione particolare per il lavoro di ricostruzione storica di costumi, oggetti e locations, perfettamente ricreati e attinenti al periodo storico.
“Gli uomini temono le donne che non li temono”
Il principio su cui si basa ogni cosa è sempre stata quella regola patriarcale del dio-padre-marito che spadroneggia e non ammette replica. E la donna che disobbedisce merita la punizione come Eva, ribelle cacciata dal paradiso. La sua disobbedienza condanna tutta l’umanità e su questo principio si basano il sessismo e la misoginia che il regista argentino porta egregiamente sullo schermo. Daltronde ciò che è arrivato sino ad oggi è il punto di vista degli inquisitori e mai quello delle vittime, che vengono cancellate dalla memoria, dagli archivi andati perduti, dalla storia. Ceneri senza nome nè ricordi.
Ed è qui che il cineasta gioca con la verità, cercando di mostrare l’altra faccia della medaglia ed instillando il dubbio, più che lecito.
Se il Sabba non esistesse affatto? Se fosse solo un sogno?
Allora ci mostrerebbe la verità che forse è sempre stata taciuta. Quella dell’ Inquisitore che diventa Lucifero, e quella della donna che si emancipa.