La seconda stagione di Alice in Borderland, serie tv giapponese basata sul manga omonimo di Haro Aso, è approdata finalmente su Netflix dopo un’attesa di due anni. La prima stagione (ve ne abbiamo parlato qui) raggiunse il successo abbastanza in ritardo: uscita nel 2020, salì alla ribalta solo dopo la visibilità data ai prodotti orientali dalla supernova Squid Game.

Trama

Arisu (Kento Yamazaki), Usagi (Tao Tsuchiya) e il resto dei personaggi che abbiamo conosciuto durante la prima stagione si ritrovano nel livello successivo dei giochi. Dopo aver affrontato numerose sfide mortali, il mondo “di confine” diventa ancora più complesso. I protagonisti, dopo essersi avvicinati finalmente ai game masters, sperano di arrivare a comprendere il motivo per cui sono lì e, soprattutto, se c’è un modo per tornare alla normalità.

Il “next stage” comincia con il Re di picche che spara all’impazzata ai giocatori. Arisu, Usagi, Kuina e Tatta riescono a sfuggirgli, ma si separano da Chishiya e Ann. I primi quattro tentano un altro gioco chiamato “Osmosi”. Nella nuova arena incontrano Kyuma, il Re di Fiori (una delle new entry più amate di questa seconda parte), e i suoi compagni. Arisu, Usagi, Kuina e Tatta, la squadra dei giocatori, devono sfidare la squadra di Kyuma, i cui membri si identificano come gli “abitanti” di quel mondo. Alla fine della sfida, Kyuma rivelerà ad Arisu di essere stato anche lui un giocatore prima di assumere il ruolo di Re di Fiori. Questo fa credere ad Arisu che, anche se si dovessero superare tutti i giochi, non ci sarebbe modo di tornare alla realtà. Nel frattempo, Chishiya partecipa al gioco del Jack di Cuori in una prigione, mentre Ann esplora la città, trovando al confine solo alberi e crateri. Proprio come in un mazzo di carte, i protagonisti principali di questa seconda stagione si mescolano tra loro, separandosi, ritrovandosi e raccogliendo compagni nuovi.

Ma, alla fine, c’è un modo per tornare alla realtà?

Attenzione, spoiler!

Se state leggendo, vuol dire che avete già concluso la nuova stagione – e, si spera, ultima, perché il finale è perfetto così com’è. L’ultimo game, cui giungono Arisu e Usagi mentre altri personaggi combattono tra la vita e la morte, è quello della Regina di Cuori. Proprio come in Alice nel paese delle meraviglie (ricordo che Arisu non è altro che Alice traslitterato), i protagonisti sono in un campo da croquet. La sfida sembra semplice: non importa vincere, basta solo giocare tre round di croquet senza abbandonare. Ma i giochi di cuori sono probabilmente i più spietati, perché fanno leva sui sentimenti. La manipolazione della regina, infatti, non tarderà ad arrivare. Dopo aver mentito svariate volte sulla natura della “borderland”, la regina gioca la sua mossa finale, facendo credere ad Arisu di essere rinchiuso in un ospedale psichiatrico a causa del trauma provocato dalla morte dei suoi due migliori amici, Chota e Karube. I giochi non sono altro che frutto della sua mente, una sorta di coping mechanism messo in atto per tentare di accettare la realtà, ovvero che lui, da sempre considerato da tutti inutile e inadatto alla vita, sia sopravvissuto ai suoi amici che invece, secondo Arisu, avevano una vita degna di essere vissuta.

La chiave di volta è però Usagi, il cui nome significa, non a caso, “coniglio”. Così come il Bianconglio per Alice, anche lei è l’antitesi di Arisu: Usagi ci viene presentata come una runner, è una che corre per sopravvivere, letteralmente e figuratamente. Fermarsi non è contemplato, perché significherebbe per lei pensare e, di conseguenza, soffrire. Ma nel finale, Usagi capisce che fermarsi va bene. Va bene provare tutte le emozioni che la vita umana offre, inclusa la paura e la noia. La vita fa spavento, e ancor di più la retorica del dover essere sempre felici e di successo. Ancora, va bene fermarsi, e grazie a questa consapevolezza Usagi riesce a far tornare in sé Arisu con la promessa di affrontare la vita giorno per giorno, insieme. Nel finale, infatti, i due decidono di fare una semplice passeggiata.

Cos’è il “borderland”?

Superato il game finale, i giocatori sopravvissuti vengono posti di fronte ad una scelta: accettare o rifiutare la cittadinanza permanente nel mondo dei giochi. Arisu, Usagi e tutti gli altri (tranne due personaggi) rifiutano. Uno spettacolo pirotecnico, rumoroso e appariscente, esplode tutt’intorno. Un altro elemento che rende più chiaro il messaggio della serie: non è necessario affannarsi per vivere in maniera grandiosa, cercando di essere il migliore, perché alla fine non resterà nulla. Come un fuoco d’artificio, rimarrà solo la cenere. È meglio dunque vivere come un fiore di campo, piccolo e anonimo, ma ancorato al terreno e duraturo. Un senso alla vita, in fondo, non c’è. È tutto casuale, come in un gioco. È il caso che ci dona la vita, è il caso che ce la toglie. Non c’è alcun motivo, alcun merito particolare per cui Arisu è sopravvissuto e i suoi migliori amici no. E questo Arisu lo capisce, alla fine, quando viene riportato nel mondo reale. Il “borderland” altro non era se non il confine tra la vita e la morte, un limbo in cui ti viene offerta una seconda occasione di sopravvivere. Arisu è riuscito a ottenere la sua seconda chance, altri no. Questo non vuol dire essere più meritevoli, ma accettare di portare su di sé il peso dell’esistenza, compresa di ricordi dolorosi, e vivere intensamente ogni giorno, fino all’ultimo.

Cosa rappresenta il Joker?

Nell’ultima scena dalla serie, viene ripresa la carta da gioco raffigurante il Joker. Nel manga, il Joker rappresenta il traghettatore di anime, colui che scorta i giocatori. E chi accetta la cittadinanza permanente, alla fine, diventa un traghettatore. Nella serie, invece, questa figura è stata sostituita in parte dai game masters. La carta del Joker nel finale potrebbe essere un semplice easter egg per i lettori del manga, o potrebbe essere un modo per “lasciare la porta aperta”, con un finale sospeso, per un’eventuale terza stagione. Ma, siccome il Joker è una carta che può assumere diversi ruoli e “forme”, potrebbe essere stato inserito anche per indicare che, d’ora in poi, Arisu e gli altri sceglieranno autonomamente che ruolo avere, cosa fare, chi essere.

Alice in Borderland è un inno alla vita e all’autodeterminazione degli esseri umani. E ci aiuta ad accettare un po’ di più la caoticità e casualità dell’esistenza.

Classificazione: 4.5 su 5.