Adattamento dal cortometraggio Zombie Musical di Ryan McHenry (nominato ai BAFTA nel 2010), Anna and the apocalypse è una zombie comedy natalizia… e musicale. Ebbene sì, il regista Ryan McHenry e lo sceneggiatore Alan McDonald – entrambi britannici – danno alla luce nel 2018 il loro primo lungometraggio musicale a tema apocalittico.
Shawn of the deaths incontra La La Land, recita in testa il poster del film.
E questo è sicuramente ciò che avevano in mente il regista Ryan McHenry e la produttrice Naysun Alae-Carew già nel 2010 (allora studenti all’Edinburgh College of Art) quando hanno prodotto e distribuito il loro primo cortometraggio Zombie Musical. Otto anni dopo, la loro opera diventa un lungometraggio e vede la luce al Fantastc Fest di Austen col titolo Anna and the apocalypse, una commedia musicale zombie e natalizia. Scritto e diretto da giovani autori britannici e interamente girato in Scozia, la squadra che dirige gli zombie canterini riesce efficacemente a unire alcuni dei generi più iconici di sempre e a condirli con un gran bella dose di autoironia britannica in perfetto stile Simon Pegg e Nick Frost.
La storia
Siamo a Little Heaven, in Scozia, e Anna Shepherd e i suoi amici sono in procinto di finire il loro ultimo anno di liceo. A Little Heaven non succede mai niente di anomalo, e i suoi abitanti adolescenti cercano come possono una via di fuga dalla monotonia e dai problemi che affliggono le loro esistenze di teenagers: chi vuole fuggire dalla famiglia, chi incapace di confessare i sentimenti che prova per la migliore amica, chi non riesce proprio a farsi capire dai propri genitori… insomma, una normale vita in un’anonima cittadina di provincia.
Certo, questo fino al momento in cui – senza alcun preavviso – nella cittadina esplode una devastante epidemia zombie nel giro di una notte (e non una notte qualsiasi, ma quella della vigilia di Natale); l’invasione dei morti viventi costringe tutti i gli abitanti di Little Heaven a barricarsi dentro gli edifici pubblici e ad armarsi con tutto ciò che gli capita a tiro per difendersi dagli attacchi delle creature non-morte, dalle mazze da baseball alle decorazioni natalizie.
La storia altro non è che la più classica delle parabole zombie – a dirla tutta non perde neanche tempo a spiegare per quale motivo (una maledizione? Un virus?) l’epidemia abbia avuto inizio – all’intero di un’ambientazione altrettanto classica. Ma oltre alla premessa standard del genere zombie, il lungometraggio è costellato da una nutrita e orecchiabilissima colonna sonora interamente interpretata – dalle canzoni alle coreografie – dai giovani protagonisti. Ed è qui che la forza e l’energia di questo esplodono in un racconto fresco, divertente, composto da elementi classici ma intrigante e che intrattiene alla perfezione.
What a time to be alive
Sulle note calde di un tema natalizio, cantate da un vivace e armonioso coro, il film inizia con questa frase. C’è da dire come premessa che dal 2020 nessuno di noi – anche i più avidi divoratori di zombie stories – non ha più visto un film di questo genere senza sentirsi coinvolto a livello quasi personale. Insomma, sicuramente ognuno di noi in questi anni pandemici ha pensato almeno una volta “what a time to be alive”, come intonano i protagonisti di Anna and the apocalypse. Intrappolati in una routine scolastica e di città che li ingloba – come è capitato a tutti a diciotto anni – una mattina qualsiasi in una cittadina qualsiasi – quasi tutta la popolazione si è trasformata in zombie assetati di carne umana. Come già detto, niente di nuovo all’interno di questo fornitissimo genere. Ma facciamo un passo indietro.
Durante i primi venti minuti di film assistiamo ad un classico teen drama musicale holliwoodiano (e ricordiamoci questo aggettivo), all’interno del quale non ci sorprenderemmo affatto se spuntassero Vanessa Hudgens e Zac Efron che duettano. Una colonna sonora in perfetto stile High School Musical (il regista ha dichiarato di essersi fortemente ispirato alla musical per ragazzi più famoso dei primi anni 2000), condita con un pizzico di christmas vibes romantiche e drammi adolescenziali. Niente di più, niente di meno ci si aspetterebbe se si guardasse questo film senza indizio alcuno. Una sorpresa per lo spettatore ignaro, vedere Anna indossare le cuffiette e incamminarsi verso la sua consueta camminata per il liceo e accorgersi che tutta la città è distrutta da un orda di morti viventi assetati di sangue.
Interessante vedere come le sonorità delle orecchiabilissime canzoni rimangono però orientate ad uno stile romantico e adolescenziale, mentre nello sfondo – con colpi e contraccolpi degni delle più divertenti zombie comedy (Shaun of the Dead, Zombieland o al recentissimo Coupez!) – i ragazzi cercano come possono di massacrare i loro inquietanti nemici (regalandoci piacevolissimi momenti splatter old fashioned). Il regista riesce efficacemente a sovrapporre questi due livelli creando per opposizione dei momenti ironici e coinvolgenti alla britannica maniera: mentre coreografie e melodie con sonorità da teen musical classico riempiono l’atmosfera, sullo sfondo uno scenario apocalittico e sanguinoso (e, in questo caso, anche adornato di canditi e lucine natalizie) imperversa.
No such things as a Hollywood ending
Ad implementare l’efficacia di un inizio così edulcorato – tanto da farci credere di essere in un liceo americano dei primi anni duemila in cui il problema principale è trovare il coraggio di invitare la crush del momento al ballo di fine anno – arriva la prima strofa di una delle canzoni di apertura: no such things as a Hollywood ending. Con questa incalzante melodia i creatori avvisano il loro pubblico: non ci sarà nessun finale hollywoodiano, sebbene è ciò che vi abbiamo fatto credere ampiamente per tutto il primo atto. Piccolo spoiler: questa promessa viene ampiamente mantenuta.
Sì, perché oltre ad essere riccamente condito di momenti action canonici splatter e squisitamente sanguinari, Anna and the Apocalypse non si risparmia nemmeno con la crudezza degli eventi che vanno oltre all’invasione zombie. Sebbene tutto faccia sperare nella risoluzione hollywoodiana per cui “combattendo uniti sconfiggeremo le forze del male” la pellicola intraprende una strada realistica e inaspettata, aggiungendo una nota amara e cruda che fornisce originalità e ritmo alla storia anche con elementi fortemente contemporanei:
la svolta del villain “umano” – il malvagio preside che sfoga tutta la frustrazione che prova nei confronti dei suoi studenti grazie alla situazione – o ancora l’analisi di tutti quei nodi della quotidianità dei teenager che vengono riletti sotto la lente dell’apocalisse per cercare di osservarli sotto una nuova luce rosso sangue: i social media, la tecnologia, il problemi di comunicazione con i genitori e gli insegnanti e tutta quella amplissima schiera di emozioni devastanti che ti colgono di sorpresa quando hai poco meno di diciotto anni.
Un po’ come un’improvvisa invasione zombie. Resta da chiedersi cosa faccia più paura…