Audition usciva nelle sale nel 2000, e ancora oggi continua ad essere uno dei film più estremi prodotti in Giappone. Sicuramente fra i migliori film del folle regista Takashi Miike, se non proprio il suo capolavoro.
Trama: Aoyama è un uomo di mezza età rimasto vedovo dopo la morte della moglie. Suo figlio Shigeiko gli propone dopo tanti anni di incontrare nuovamente una donna…
Basato sull’omonimo romanzo di Ryu Murakami, Audition rivede il concetto di femminilità sovvertendo quella narrativa horror femminile passiva. Il film è stato fra i primi grandi horror giapponesi a far parlare di sé fuori dal Giappone. Mentre il J-Horror esplodeva dal 1998 con film soprannaturali come Ringu, Audition è portava al pubblico un mondo cinematografico che non veniva quasi mai esplorato, perchè fin troppo reale e brutale.
Takashi Miike
Se non avete mai visto un film di Takashi Miike, regista degli eccessi, vi consiglio prima di prepararvi psicologicamente perchè è non un autore che si fa molti scrupoli. Sono spesso film estremamente violenti e perversi, ma anche personali perchè comunque non è un regista che vuole compiacere troppo il pubblico.
Con oltre 100 film non è semplice recuperare tutta la sua filmografia, e fra alti e bassi ha realizzato diverse opere memorabili. I suoi film più noti che consiglio inizialmente di recuperare sono: Dead or Alive (1999), Visitor Q (2001), Ichi the killer (2001), The Happines of the Katakuris (2001), Gozu (2003), The Call (2003), Izo (2004), 13 Assassini (2010), As the Gods will (2014).
Miike è ovviamente un grandissimo appassionato di cinema, e i suoi 5 film preferiti sono: I tre dell’Operazione Drago, Non aprite quella porta, Starship Troopers, Non uno di meno e Dalla Cina con furore.
Una delle critiche maggiori fatte a Takashi Miike riguarda la sua presunta misoginia. Spesso capita di vedere sequenze di molestie ai danni di personaggi femminili. Ma in alcuni film il regista contraddice questa critica, come ad esempio in Visitor Q (forse il suo film più perverso), dove mette in scena una famiglia che da patriarcale si rivela infine matriarcale. Con Audition invece abbiamo una donna vendicativa, anche se detta così sembrerebbe un classico revenge-movie.
Audition
Aoyama è vedovo e in cerca di una nuova compagna, il figlio prova ad incoraggiarlo. In seguito si fa convincere da un suo amico produttore ad assistere a dei provini, dove le giovani aspiranti attrici potrebbero rivelarsi il tipo di ragazza che sta cercando. Mentre le speranze entrano ed escono da una stanza ampia e luminosa, con i due uomini seduti dietro un tavolo, il produttore fa loro domande personali mentre Aoyama guarda in silenzio e si sente inevitabilmente a disagio.
Rimane poi incantato da una ragazza: Asami (Eihi Shiina), che ha dei bellissimi capelli lunghi e scuri e uno sguardo magnetico. La ragazza si è formata da bambina per diventare una ballerina classica, ma un infortunio ha posto fine a queste sue speranze. Aoyama la vede un paio di volte, ma lei poi scompare, e mentre cerca di rintracciarla finisce per visitare i luoghi di alcune esperienze dell’oscuro passato di Asami, fino a ritrovarsi in un incubo che non avrebbe mai immaginato.
Un film brutale in cui Miike riesce ad inserire il macabro e la perversione nella vita di tutti i giorni. La performance di Shiina è magnifica e difficile da dimenticare, con la mente malata di Asami entra anche un cambiamento stilistico che riflette la sua psiche abusata e frammentata. Abbiamo sequenze enigmatiche e spettrali che riecheggiano le immagini utilizzate nei film J-horror di quegli anni, molto originale anche la fotografia che passa da scene con un blu molto freddo, passando al rosso per scene più morbose e luce gialla per quelle più perverse. La narrazione si dissolve in flashback e flash-forward in modo quasi onirico, con la prima metà del film che punta più sul mistero e la suspense, fino a diventare sempre più macabro e perverso.
Dopo una prima ora ingannevolmente languida e quasi melodrammatica, Audition si trasforma in una prova di resistenza per i nervi dello spettatore. Il cambiamento nel finale lascia al pubblico poco a cui aggrapparsi. A rendere questa scena così efficace è anche l’uso del suono, che suggerisce ciò che non ci viene mostrato. Asami sorride e parla con voce sommessa, quasi confortante. Il suo kiri-kiri-kiri è in netto contrasto con ciò che sta facendo, e rende gli atti in sé ancora più inquietanti. È proprio questo contrasto tra l’atto e la persona che li commette a rendere la scena così potente e scioccante.
Curiosità
Quando il film fu proiettato al Rotterdam Film Festival nel 2000, ebbe un numero record di spettatori che abbandonarono la sala. In un’altra proiezione ci fu anche un caso di svenimento.
Hostel di Eli Roth prende molti spunti da Audition e la struttura narrativa è molto simile. Nel film vediamo Takashi Miike in un piccolo ruolo.
Marilyn Manson chiese a Takashi Miike di girare un remake statunitense del suo film e di dargli una parte come attore. Manson precisò che voleva il regista per un film, non per un videoclip: il suo stile è un po’ troppo estremo per un mio video. Miike dichiarò: Per me fu un vero shock sentire che fossi troppo estremo per Marilyn Manson.
Quentin Tarantino ha definito questo film un autentico capolavoro, mentre Rob Zombie lo reputa l’horror più inquietante di sempre.
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