Gli esordi

Aldo Lado, classe 1934, nei primi anni ’70 inizia a ritagliarsi il suo spazio nel campo del cinema. Dopo aver lavorato come aiuto regista di Maurizio Lucidi e Bernardo Bertolucci, nel 1971 dirige il suo primo thriller, La corta notte delle bambole di vetro, sulle note di una splendida colonna sonora composta da Ennio Morricone. La vicenda si apre in un obitorio di Praga in cui Gregory, un giornalista americano, si trova in uno stato di morte apparente, incapace di muoversi ma cosciente; inizia così a ripercorrere con la mente gli eventi che l’hanno portato fin lì, partendo dal mistero della scomparsa della fidanzata fino al suo svelamento. Ambientato in una Praga all’epoca sotto l’influenza dell’Unione Sovietica, il film si carica di una forte valenza socio-politica, mettendo in scena una sorta di società segreta che opera il controllo delle coscienze e che abolisce il pensiero libero. La “sepoltura prematura” da cui scaturisce l’intreccio e la risoluzione finale in un annientamento della speranza, contribuiscono a rendere La corta notte delle bambole di vetro un film suggestivo e inquietante che non lascia spazio all’azione e alla ribellione. Del resto, il protagonista è un cadavere…

Nel 1972, Lado dirige il suo secondo thriller, Chi l’ha vista morire?, un film che, attraverso l’omicidio di una bambina, dipinge un mondo spietato e una società ipocrita. Il film getta lo sguardo sulle disgregazioni familiare e morale in un mondo in cambiamento e sulle atrocità che si possono commettere nel tentativo di reprimere tale cambiamento (qui ve ne abbiamo parlato più in dettaglio).

La condanna della borghesia europea: il rape and revenge

Sempre in questi anni, il regista sperimenta diversi generi, dalla commedia erotica al dramma, per poi dirigere nel 1975 L’ultimo treno della notte, film che rientra nel sottogenere del rape and revenge. Lado riprende la materia messa in scena da L’ultima casa a sinistra di Wes Craven e la rielabora da un punto di vista europeo, portando sul grande schermo “uno dei più crudi e violenti film mai realizzati in Italia”.

Seguendo lo schema del sottogenere, si sa già che ci sarà uno stupro e una conseguente vendetta, ma è interessante soffermarsi sul primo atto. Ad assistere alla scena dello stupro di due ragazze da parte di due criminali, ci sono un uomo – che poi verrà invitato a contribuire alla violenza – e una bella quanto spietata donna che i due balordi avevano conosciuto poco prima sul treno. La donna si configura quasi come un mandante, che dà ordini e assiste compiaciuta alle violenze. Come la donna, anche l’altro uomo-orco è una figura interessante: entrambi, infatti, rappresentano la parte abbiente e benpensante della società che però, nell’intimo, nutre il desiderio di compiere atti riprovevoli, gli stessi atti che condanna alla luce del sole. Entrambi, per soddisfare tale desiderio, necessitano di un tramite tra il sogno e la messa in atto rappresentato proprio dai due criminali, i perfetti reietti su cui poi sarà facile far ricadere tutta la colpa.

Nel 1979 esce L’umanoide, film di fantascienza diretto con lo pseudonimo di George B. Lewis e considerato la versione italiana di Star Wars. Nel 1992 Lado ritorna al thriller con Alibi perfetto, scritto da Dardano Sacchetti, e nel 1993 dirige Venerdì nero.

Il notturno di Chopin

Dopo un’assenza di quasi venti anni dalla macchina da presa, nel 2012 Aldo Lado ritorna alla regia con Il Notturno di Chopin, film che, dopo 40 da Chi l’ha vista morire?, si serve di una bambina come protagonista per raccontare una storia di sopruso e distruzione. Questa volta però lo sguardo della bambina (rapita da un uomo al parco giochi) domina la vicenda che si svolge interamente in uno scantinato, una sorta di limbo o di mondo sotterraneo da incubo, che si contrappone al piano di sopra dove il rapitore vive normalmente e suona proprio il Notturno di Chopin, senza mai riuscire a completarlo. Il film è dunque un racconto di interruzioni, di mancanze, di sospensione della vita, il tutto filtrato dagli occhi della piccola protagonista. Ma non basterà questo punto di vista a salvare l’innocenza e a donare speranza poiché, proprio come Lado ci ha insegnato, il senso di distruzione è sempre lì in agguato, pronto ad esplodere in una conclusione nichilista.

Aldo Lado oggi

Intorno al 2016 Lado si scopre scrittore – anche se le storie le ha sempre raccontate – e pubblica un racconto intitolato Il gigante e la bambina nell’antologia Nuovi delitti del lago. Nel 2017 esce il libro I film che non vedrete mai, una raccolta di potenziali sceneggiature scritte tra gli anni ’60 e ’90 che mai si trasformarono in film. E il suo ultimo lavoro artistico è proprio un libro: si tratta di un romanzo intitolato Il rider, un’opera che dimostra la capacità di Lado di raccontare il suo presente con uno sguardo sempre lucido, senza rinunciare al suo amore infinito per il giallo, il genere con cui ha iniziato a muovere i primi passi nel mondo del cinema.

Qui l’intervista ad Aldo Lado di giugno 2020