A due anni di distanza dal termine dei lavori, il 28 gennaio 1970 usciva nelle sale italiane Balsamus – l’uomo di Satana, opera prima di un esordiente Avati.

Trama

Balsamus (interpretato da Bob Tonelli) è un fantomatico mago in grado, a suo dire, di curare diverse problematiche, tra cui infertilità, vecchiaia e “rinvenimenti“. Tuttavia, la verità è ben diversa. Balsamus altri non è che un cialtrone, sulle cui spalle mangia l’intera famiglia. Riuscirà a dimostrare le sue capacità grazie al suo ultimo e definitivo numero di magia?

Recensione

Parlare di Balsamus – l’uomo di Satana è un’operazione complessa. In primis poiché le versioni che si trovano disponibili in rete sono di pessima qualità, il che rende davvero difficile analizzarne la regia e l’impianto tecnico. In secondo luogo perché, pur gettando i semi delle future evoluzioni stilistiche e tematiche della filmografia di Avati, il film risulta piuttosto caotico nella messa in scena e nello sviluppo dei concetti. Ma cerchiamo di andare con ordine.

Il contesto storico

Il film è stato scritto nel 1965, girato nel 1968 e distribuito nel 1970. Siamo quindi a cavallo tra la metà degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70. Il 14 febbraio del 1963 era uscito 8 e ½ di Fellini, opera che influirà profondamente nella stesura e messa in scena di Balsamus – l’uomo di Satana e su tutta la filosofia avatiana. È un’epoca in tumulto, in cui anche il cinema si fa sperimentale, a volte perdendo di vista il messaggio a favore del desiderio di sconvolgere e creare sgomento nello spettatore. Ed è questo un po’ vizio e virtù di questa pellicola in cui tutto è il contrario di tutto. Ciò che trasuda è, sicuramente, il desiderio quasi viscerale di Avati di mettere in scena questa prima opera. La vita del regista, in quel momento, è infatti profondamente in crisi. Il suo sogno di diventare un jazzista professionista è divenuto irrealizzabile dall’entrata nella sua band di un, allora sconosciuto, Lucio Dalla. Un genio assoluto che, dichiarerà Avati:

“A un certo punto ho anche pensato di ucciderlo, buttandolo giù dalla Sagrada Familia di Barcellona, perché si era messo in mezzo tra me e il mio sogno”.

Pupi Avati, 2008.

Pupi abbandona la band e inizia a lavorare come rappresentante della Findus. Sarà solo grazie all’intervento di un misterioso finanziatore “Mister X” (che poi si scoprirà essere il costruttore edile Carmine Domenico Rizzo) che Avati riuscirà a raccogliere la cifra di 160 milioni di Lire per partire con il suo progetto e abbandonare, finalmente, una vita che non gli apparteneva.

Chi è Balsamus – l’uomo di Satana?

Il personaggio di Balsamus è un chiaro ed esplicito riferimento a Giuseppe Balsamo alias il Conte di Cagliostro. Grande truffatore, il Conte ha girato l’intera Europa, accompagnato dalla bella moglie Lorenza, reinventandosi ogni volta con un nuovo mestiere (o una nuova truffa). Da falsario a pseudo alchimista, passando attraverso la massoneria, quando i soldi ricavati dalle truffe non bastavano era solito far prostituire la moglie. I suoi prodi compari nella parentesi romana erano il marchese Alliata e un certo Ottavio Nicastro, esattamente come vedremo nella pellicola di Avati.

La Dicotomia

Impossibile negare come l’intera pellicola si basi su una sorta di equilibrio tra due opposti. Questo aspetto compare, in prima battuta, nell’abbigliamento dei personaggi e nell’arredamento della casa. Nonostante la pellicola sia ambientata nella campagna emiliana negli anni ’60, Balsamus, Alliata (Gianni Cavina), Ottavio (Giulio Pizzirani) e la suocera vestono in abiti settecenteschi come settecentesco è l’arredamento della casa. Solo Lorenza (Greta Vayan) e i cosiddetti seguaci della setta imbastita da Balsamus e compari hanno abiti consoni all’epoca in cui è ambientata la vicenda. Una seconda dicotomia è rappresentata dal sacro e dal profano. Partendo dal titolo che identifica in modo inequivocabile l’accezione demoniaca di Balsamus egli viene, tuttavia, esaltato come un santone, e successivamente come un Dio, con un’accezione più simile ad una visione cristiana.

“Balsamus venerato, parlo a nome di tutti, anzi forse dopo quello che hai fatto è più giusto chiamarti Signore. Noi abbiamo peccato al tuo cospetto. Fino ad oggi ognuno di noi ha vissuto nel peccato e nella menzogna. […] Ma nessuno di noi era felice. Soprattutto si pensava in giro che fosse un gioco”.

“Dio non gioca mai! È l’essere più serio dell’universo. Pensa, è responsabile di tutto e di tutti. Mi comprendi Alliata?”

“si, comprendo ogni cosa Signore. Ma tu dalla tua altezza avrai pietà di noi poveri peccatori vero? Da oggi Signore avrai i nostri cuori e vivremo sempre accanto a te in adorazione e ci preserverai dal male”.

Dialogo tra Balsamus e Alliata

Anche i “rituali” messi in atto da Balsamus sono di matrice esoterica, eppure il santone non si concede ai piaceri della carne. La castità come sinonimo di santità è tipica della visione cristiana, in completa opposizione a tutto ciò che viene associato alla perdizione e al peccato. La rappresentazione ossimorica si ripercuote anche nella scena finale di cui non faremo spoiler.

Un dialogo, risulta, pertanto dirimente al fine di permetterci di interpretare questa continua “lotta” tra concetti contrapposti tra loro.

“Le persone vogliono vedere fare ai maghi qualcosa che loro vorrebbero saper fare. Non è necessario che il maestro faccia davvero queste cose. Nel cinema tutto è possibile e tutto è finzione”.

Uno dei pubblicitari parlando con Balsamus e famiglia

Il cinema diventa così veicolo affinché tutto possa essere sia vero che falso. Balsamus può essere uomo di Satana e Dio cristiano, può essere guaritore e imbroglione, può essere uomo degli anni ’60 e del Settecento. Perché all’interno della pellicola tutto può risultare coerente. E’ lo spettatore che ha il compito di districarsi tra le contraddizioni e superare il senso di straniamento. Ed è sempre lo spettatore a sapere ciò che è vero e ciò che è falso. L’attore interpreta e per tale motivo è. Solo gli astanti possono vedere la reale natura dell’attore. È in questo particolare che l’ispirazione all’8 e ½ di Fellini appare inequivocabile ma anche debole. Balsamus non riesce a essere tale in grandezza. Vorrebbe ma non può equipararsi all’analisi metacinematografica di Felliniana memoria. E allora si ferma lì un po’ nel mezzo. Nel sogno di un uomo di farsi regista.

Le mie considerazioni

Balsamus – l’uomo di Satana è sicuramente una pellicola interessante. Ci introduce alle idee artistiche dell’autore ma non riesce a essere potente come vorrebbe. Mette tanta carne al fuoco ma poi si perde. Difficile rimanerne profondamente incantati, come invece accade guardando Eraserhead (opera prima di David Lynch). Ci vorranno una decina d’anni per arrivare all’iconico “La casa dalle finestre che ridono” dove vedremo finalmente esplodere il genio Avati. Ma intanto godiamoci i primi passi di un uomo che ha segnato il cinema italiano.

Classificazione: 3 su 5.