Spiderhead è un film diretto da Joseph Kosinski, interpretato da Chris Hemsworth e Miles Teller, disponibile alla visione su Netflix dal 17 giugno 2022.
La struttura Spiderhead (Aracnotesta)
Presso il centro di ricerca e penitenziario all’avanguardia Aracnotesta, Steve Abnesti (Chris Hemsworth) sperimenta nuovi farmaci sui prigionieri di stato senza rinunciare al loro consenso.
I farmaci sono somministrati attraverso un dispositivo impiantato sulla schiena dei detenuti, il Mobipack, controllato a distanza dai ricercatori.
Il film si apre, per l’appunto, con la somministrazione di una sostanza chimica a un detenuto. Prima di farlo, Steve e il suo assistente (Mark Paguio) lo stimolano con delle battute di spirito, che mettono a proprio agio il carcerato e lo divertono tanto da farlo ridere a crepapelle. Giunto il momento della sperimentazione, poi, i ricercatori lo avvertono: tutto ciò che gli verrà detto da questo momento in poi corrisponde a verità. Quindi gli parlano del genocidio avvenuto nel 1994 in Ruanda e delle relative morti. Il detenuto, sotto l’effetto del farmaco, continua a ridere. Non smette di farlo neppure quando gli ricordano che è costretto a scontare quattro ergastoli, senza possibilità di ottenere la libertà vigilata. Steve Abnesti e Mark esultano: la sostanza chimica sembra funzionare. Questo è il primo assaggio di ciò che avviene nella struttura Aracnotesta.
Spiderhead: troppo tempo per covare le uova?
Chris Hemsworth appare sicuro di sé nel ruolo di Steve Abnesti: concentrato sui suoi obiettivi e felice dei risultati che continua a raggiungere, si rivolge ai detenuti con tutta la cordialità possibile. I carcerati non sembrano neanche soffrire della loro prigionia. Sono trattati da tutti con il massimo riguardo e vivono in una condizione senz’altro migliore di quella che spetterebbe loro in un qualsiasi carcere. Perciò lo spettatore è portato subito a riflettere: cosa nascondono i ricercatori? Hanno forse uno scopo celato e oscuro? A quali conseguenze potrebbe condurre la loro ricerca?
Il clima idilliaco, sereno e gli ambienti soleggiati dovranno pur poggiare su un fondamento mascherato di sofferenza. È certo che l’equilibrio dev’essere spezzato perché la trama possa progredire. Perciò non resta che attendere lo svolgimento dei fatti. Nei primi minuti, dunque, anziché seguire lo zampettare frenetico del ragno, il film procede secondo il battito d’ali di una farfalla.
Jeff (Miles Teller)
Il focus si sposta presto su un detenuto in particolare: Jeff (Miles Teller). Gli vengono proposti esperimenti sempre più strani, che hanno a che fare con l’amore a partire dal sesso. Pian piano, Jeff comincerà a storcere il naso difronte a certe sperimentazioni, che non coinvolgono soltanto lui. Steve Abnesti, intanto, svela il suo essere attraverso comportamenti e scelte che mettono in dubbio la sua buona fede.
Jeff è il personaggio più approfondito da un punto di vista psicologico. L’interpretazione di Miles Teller non lascia a desiderare: il suo personaggio, in costante conflitto con se stesso, non deve aver dato vita facile all’attore. Lo spettatore riesce a provare empatia nei suoi confronti: sono molte le situazioni disdicevoli con cui è costretto a fare i conti e, malgrado i suoi errori del passato, ha il carattere di un’anima buona. L’interpretazione di Miles Teller tiene testa Chris Hemsworth e forse, in alcuni momenti, riesce anche a superarlo. Pare infatti che Hemsworth non riesca ad essere troppo convincente come cattivo.
In Spiderhead, per la prima scena carica di tensione – e punto di non ritorno significativo – è necessario attendere quasi la metà del film.
“La pressione forma i diamanti […] Il nostro lavoro salverà delle vite. Stiamo rendendo il mondo migliore”.
– Steve Abnesti (Chris Hemsworth)
In sostanza, Steve Abnesti è solo uno scienziato pazzo e gli esperimenti condotti al centro di ricerca Aracnotesta degenereranno per una sua personale ossessione, che porterà alcuni detenuti a ribellarsi. A circa metà del film, quel velo di mistero che caratterizza all’inizio la pellicola risulta scoperto. E le aspettative trattenute fino a quel momento non sembrano proprio soddisfatte, perché lasciano il posto a una realtà non troppo originale e a situazioni già viste che odorano di cliché. Il finale, grossomodo, risulta già prevedibile a metà del film. Ma a Kosinski restano ancora molte carte da giocare. Perciò, senza demordere, si assiste al resto della pellicola nella speranza che possa ancora regalare qualche sorpresa, nonostante lo spettatore potrebbe aver già perso buona parte dell’interesse.
Una tela che non tiene incollati
Le diverse sperimentazioni e le reazioni dei detenuti dopo aver assunto i farmaci, considerata la lentezza dello svolgimento dei fatti, diventano forse l’unico collante tra lo spettatore e lo schermo. Si rischia di finire per guardare Spiderhead con l’unico interesse di una curiosità per gli esperimenti sociali e il funzionamento della mente umana in contesti estremi e indotti dall’uomo.
Nel finale assistiamo a troppa pompa per una rivelazione non poi così strabiliante connessa a una detenuta. Alcune soluzioni per risolvere la storia, inoltre, risultano troppo semplicistiche. Steve Abnesti espone il vero e proprio scopo della ricerca: le sue ragioni risultano oltremodo inverosimili, tanto poco credibili da sfiorare l’imbarazzo. Il libero arbitrio viene presentato come qualcosa di sacro. Ma siamo poi veramente liberi, anche senza obbedire agli ordini di qualcuno?
Spiderhead sembra avere uno scontato intento moralistico tutt’altro che mascherato. È un film mediocre che tenta di spingersi verso orizzonti molto alti con delle ali di cera – una cera costata, pare, più di cento milioni di dollari – e finisce per schiantarsi ancor prima di essere squagliato dal sole.
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