Carrie – Lo sguardo di Satana è uno dei romanzi più celebri di Stephen King. Il primo adattamento cinematografico dell’opera risale al 1976. Diretto da Brian De Palma, il film narra la vicenda di una fanciulla alle prese con l’adolescenza, costretta a fare i conti con una madre fanatica della religione e i propri poteri soprannaturali. Il lungometraggio diventa presto un cult del genere horror. Ma nel 2013 Kimberly Peirce dà vita ad un remake, con un cast che vanta Chloe Grace Moretz e Julianne Moore. Quali differenze intercorrono tra i due adattamenti? Cosa contraddistingue la versione di De Palma e cosa quella di Peirce?
Carrie: il romanzo di Stephen King
Scritto da Stephen King e pubblicato nel 1974, Carrie – Lo sguardo di Satana è un romanzo controverso. A causa di violenza, sessualità tra minori e visione negativa della religione, il libro incontra diverse reticenze. Poco dopo l’uscita, viene bandito nelle scuole di alcuni stati come Pennsylvania, Vermont e North Dakota.
Le fattezze di Carrie, nel romanzo, sono sgradevoli. La madre priva la fanciulla della cura che qualunque adolescente dedicherebbe al proprio aspetto. Nella storia di King, Carrie è descritta come una rana tra i cigni. Ha dei brufoli sul collo, sulla schiena, sui glutei ed è in sovrappeso. Si tratta di un punto che diverge dagli adattamenti cinematografici, poiché sia Sissy Spacek che Chloe Grace Moretz non sono presentate come ragazze ripugnanti. Ma è al momento del ballo scolastico che entrambe, come nell’opera narrativa, mettono in mostra il loro lato migliore.
Stephen King ha tratto ispirazione da due ragazze realmente conosciute al college per la creazione di Carrie. L’idea gli sarebbe venuta in una sorta di sogno ad occhi aperti. Durante la visione avrebbe ricordato un articolo letto su LIFE, incentrato sulla telecinesi. “Se il potere esiste, allora è più concentrato nella ragazze adolescenti” sosteneva il testo. A quel punto, King cominciò la stesura del romanzo. Ma le prime pagine non lo soddisfarono. Iniziò a pensare di abbandonare la storia. Fu sua moglie che tirò fuori quelle pagine dal cestino e gli disse di continuare a scrivere. Carrie – Lo sguardo di Satana è il primo romanzo di Stephen King ad ottenere la pubblicazione.
L’adattamento di Brian De Palma
La versione del 1976, col suo sapore vintage, rappresenta il modello da cui hanno tratto ispirazione gli altri adattamenti. Nel 2002 David Carson ha diretto un film per la televisione, con Angela Bettis nei panni di Carrie White. È il primo remake del film di De Palma, seguito soltanto da quello di Kimberly Peirce nel 2013. Ma il lungometraggio del 1976 ha anche un seguito: Carrie 2 – La furia (1999), certamente meno fortunato rispetto al primo capitolo.
Differenze tra libro e film
Carrie – Lo sguardo di Satana (1976) segue le vicende dell’omonimo romanzo di Stephen King. Le radici della linea narrativa restano le stesse. Ma la storia è raccontata in modo differente. Nel romanzo, infatti, gli eventi emergono attraverso racconti e testimonianze. Esiste anche un libro di memorie scritto da Sue Snell (l’unica sopravvissuta, interpretata da Amy Irving nel film di De Palma), che in aggiunta ad articoli di giornale, documenti e interviste permette di far luce sugli accadimenti della fatidica notte del ballo. Al contrario, nel film gli eventi si dispiegano in maniera lineare. Come già anticipato, anche l’aspetto di Carrie è diverso da com’è presentato nel libro.
Con la penna, King ha avuto più spazio per la descrizione di Carrie. La fisicità, la psicologia e i superpoteri sono meglio approfonditi nel romanzo. La stessa antieroina ha forse qualcosa in più – maggiore potenza – rispetto al film. Non a caso, nel finale del romanzo Carrie è sul punto di distruggere l’intera città. Nel film, invece, si accontenta del liceo. Si tratta di scelte legate alla produzione del film: realizzare scene di distruzione come la suddetta (e altre legate ai flashback) avrebbe richiesto maggiore dedizione. Anche la psicologia di Margaret, la madre di Carrie, è più esplorata nel libro – oltre ad avere, pure lei, un aspetto indesiderabile.
La madre di Carrie: Margaret White
Margret White è un personaggio complesso. Oltre il fanatismo religioso giace una donna folle e ferita. Come racconta a Carrie, ha desiderato la morte per aver fatto sesso prima del matrimonio. Suo marito era Ralph White. Margaret, già ultraconservatrice, si promise che non sarebbe accaduto ancora, neppure dopo il matrimonio. L’uomo cercò di sedurla prima che lei lo cacciasse di casa. Si ripresentò a casa ubriaco e fece sesso con lei in una sorta di stupro coniugale. Sembra che Margaret l’abbia odiato e amato allo stesso tempo. L’amplesso, in ogni caso, portò a concepire Carrie. E pare che Ralph impedì a Margaret di uccidere la piccola Carrie quando iniziò a mostrare i poteri all’inizio della sua vita. In seguito, l’uomo fu ucciso mentre lavorava in un cantiere edile.
Piper Laurie interpreta Margaret nell’adattamento del 1976. L’interpretazione le è valsa la nomination sia per l’Oscar come migliore attrice non protagonista che per il Golden Globe come migliore attrice non protagonista per il film. È ritratta come una donna più attraente rispetto al personaggio del romanzo. Ha i capelli ondulati ramati e la pelle chiara e parla con un accento leggermente meridionale. Riesce ad essere spietata e mantenersi sincera anche nelle scene che rasentano l’esagerazione.
Julianne Moore è Margaret White nel remake di Kimberly Peirce (2013). Questa versione presenta sfumature dei personaggi del 1976, del 2002 e dei tratti caratteriali del tutto nuovi. Grazie a Julianne, Margaret spicca per l’inattendibilità. Il personaggio, in questo caso, è una donna non totalmente fanatica, che nutre affetto per Carrie e possiede un’attività di sartoria. Non per questo, tuttavia, rinuncerà al tentativo di uccidere Carrie nel finale del film. Julianna Moore esalta ancor più l’estetica del personaggio, presentandosi come una donna di bell’aspetto, distanziandosi perciò dal romanzo di King.
Sissy Spacek e Chloe Grace Moretz
Nel film di Peirce, Carrie (Chloe Grace Moretz) è una maga della telecinesi. Sissy Spacek, invece, diventa lentamente consapevole delle sue abilità dopo averle usate involontariamente. Moretz fa galleggiare gli assorbenti, demolisce un refrigeratore d’acqua, fa un po’ di letture e poi è pronta a rompere gli specchi a piacimento. Fa galleggiare i mobili e barrica la madre nell’armadio. Ad accompagnare il controllo telecinetico, Chloe Grace Moretz si serve anche del fisico. Spacek se ne sta lì con uno sguardo vuoto sul viso, fissando semplicemente un bersaglio prima di ferirlo. L’ultima Carrie, al contrario, muove letteralmente il corpo a seconda dell’azione da compiere.
Chloe Grace Moretz è una nuova Carrie, proprio Julianne Moore è una nuova Margaret. Due nuovi personaggi per una nuova generazione. Non c’è film moderno senza tecnologia moderna, e la Carrie di Kimberly Peirce può servirsene a suo piacere.
L’ultimo remake ha ribaltato anche la colonna sonora del film originale: non ci sono toni orchestrali inquietanti, ma solo musica di sottofondo.
Non si può negare che l’adattamento di De Palma (1976) e il remake di Peirce (2013) siano entrambi dei prodotti riusciti. L’ultima versione, nonostante racconti una trama già vista, non fatica a regalare sorprese. Alcune scene cristallizzano lo svolgersi degli eventi e possono stizzire lo spettatore più esigente. Ma l’utilizzo della tecnologia e la presenza di attrici come Julianne Moore e Chloe Grace Moretz dà a Carrie – Lo Sguardo di Satana una linfa tutta nuova e da scoprire. A differenza di molti remake che hanno riportato sotto i riflettori diversi classici dell’horror, spesso rivisitandoli o cambiandone l’atmosfera (come nel caso di It – Capitolo 1 e 2) quello di Carrie tenta di rinnovare un mito pur restando fedele alla versione originale.
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