Fulmine a ciel quasi sereno, nonostante la confortante quantità di titoli di genere che iniziano a far capolino nel nostro cinema, arriva a riscaldare il cuore degli appassionati del noir contemporaneo, la convincente opera prima di Simone Hebara, dal laconico ma quanto mai azzeccato titolo: Cattivo Sangue.
L’ ORIGINALITA’ DI ESSERE TRADIZIONALI
La trama è l’archetipo noir per eccellenza, con il ritorno alle armi di un sicario uscito dal giro, che accetta un ultimo incarico quasi a suggello di una vecchia e tormentata amicizia.
L’ambiente è quello della criminalità romana, ascesa sempre più alle cronache nazionali e che mostra ormai il suo volto sempre più meschino, fatto di piccoli criminali che sognano il grande passo, tra palazzinari, usura e modelli di uomini d’onore alla Scarface.
All’interno di questo schema tanto caro a chi ama il noir, da quello classico alla Chandler a quello più attuale come i polar di Olivier Marchal o i romanzi criminali di casa nostra, si muovono i personaggi di Cattivo Sangue, in un intreccio di anime perdute in cerca (ognuno a modo proprio) di una redenzione alquanto improbabile.
QUANDO TUTTO FUNZIONA
L’omaggio ad un certo tipo di immaginario cinematografico non è però fine a se stesso e Cattivo Sangue ha una propria intrinseca forza.
La pellicola di Hebara possiede la consapevolezza di un comparto tecnico eccellente e l’apporto di un cast che appare perfetto per i ruoli maggiori e minori. E questo si percepisce anche nella narrazione, che non teme di prendersi anche alcuni tempi lunghi, conferendo a tratti una certa epicità al racconto.
Bella la prova del granitico Claudio Camilli, già apprezzato in altre pellicole che hanno lasciato il segno, ma anche Francesco Braschi e il resto del cast non sfigurano in una carrellata di personaggi ben scritti e con sfumature interessanti.
Non resta che consigliare la visione di Cattivo Sangue, ennesima prova che il genere di qualità è già tornato, deve solo essere distribuito e promosso con più coraggio.