Chucky è una serie televisiva statunitense (2021-in produzione) creata da Don Mancini. L’universo è sempre quello della famosa bambola assassina e la serie è ambientata qualche tempo dopo gli eventi dell’ultimo film della saga, Il culto di Chucky (2017). Niente requel o confusioni con la linea temporale, tranquilli. Dopo aver scritto i primi quattro film della saga ed essere stato regista e sceneggiatore degli ultimi tre, Mancini riprende in mano la sua creatura e inserisce nella serie elementi da tutti e sette i film precedenti. Il risultato è un prodotto queer che conferma, ancora una volta, che il franchise de La bambola assassina ha saputo resistere al tempo che passa senza mai tradire la sua vera natura ma, anzi, sviluppandola coerentemente.
Passato e presente
Una bambola Tipo Bello fa la sua comparsa in un mercatino delle pulci a Hackensack, città natale dell’omicida Charles Lee Ray. Ad acquistarla ci pensa Jake (Zackary Arthur), un quattordicenne a cui piacciono le bambole e, in particolare, creare sculture con pezzi di queste. La bambola che ha comprato, ovviamente, non è una bambola qualsiasi, e ben presto partirà un bel bagno di sangue. Jake vive con il padre, un bevitore violento interpretato da Devon Sawa (lo ricorderete come il protagonista di Final Destination). Devon Sawa interpreta anche lo zio di Jake, gemello del padre, che si sforza per tutto il tempo di convincere se stesso e gli altri di essere diverso dal fratello. Nel cast troviamo le vecchie glorie del franchise, ovvero Jennifer Tilly, Alex Vincent, Christine Elise e Fiona Dourif che riprendono i propri ruoli – quest’ultima, in particolare, ha in realtà un ruolo doppio (o triplo). A questi si aggiungono i volti nuovi che compongono il gruppo di giovani protagonisti: accanto a Zackary Arthur troviamo Teo Briones, Alyvia Lind e Björgvin Arnarson che tengono magistralmente in piedi la baracca. Infatti, nonostante l’eccitazione per il ritorno di Tiffany, Andy, Kyle e Nica/Chucky, il vero cuore della serie sono questi adolescenti cui è impossibile non affezionarsi. Infine, a prestare la voce a Chucky c’è sempre il magnifico Brad Dourif.
Ma Chucky non è una pura operazione nostalgia, ed è chiaro fin da subito. La narrazione è incentrata sui nuovi protagonisti, sulle loro relazioni e sul loro rapporto con Chucky, mentre Tiffany, Andy & co. sono piuttosto un contorno che completa il quadro. Andiamo più nel dettaglio ma, attenzione, ci saranno SPOILER.
Una nuova famiglia
La bambola assassina, fin dall’inizio, ha sempre parlato di famiglie non tradizionali: la madre single di Andy, la famiglia adottiva che ospiterà poi il bambino e il rapporto sincero che questi stringerà con Kyle, fino ad arrivare al nucleo composto da Tiffany, Chucky e Glen/Glenda. In Chucky, le famiglie sono perlopiù disfunzionali. Con dei genitori così assenti e/o violenti, è ovvio che i giovani protagonisti siano vulnerabili e pronti ad essere presi sotto l’ala protettrice di qualche altra figura genitoriale. In questo caso, l’ala è un braccino di plastica che regge un coltellone: Chucky si presenta infatti come un nuovo padre per Jake, quello che può accettarlo così com’è e può liberarlo dal vero padre che, al contrario, non lo accetterà mai. Jake, che è un emarginato, è inizialmente contento di ciò che Chucky sta facendo “per lui” e si lascia quasi convincere a uccidere a sua volta, siccome vorrebbe tanto farla pagare ai bulli che lo tormentano. Il suo obiettivo principale è la terribile Lexy, un personaggio che ho odiato tantissimo e infine amato tantissimo. Jake riesce però a tornare in sé e stringerà un’alleanza proprio con Lexy. Ai due si unisce Devon, compagno di scuola appassionato di crimini di cui Jake si innamora. Sarà proprio questo amore e questo nuovo nucleo familiare (“la famiglia che ti sei scelto”, dirà Lexy a Jake) ad allontanare Jake dai pensieri omicidi e a far diventare Lexy una persona completamente diversa.
A farne le spese sarà però Junior, il cugino di Jake, anche lui alle prese con un padre manipolatore e aggressivo. Con l’intento di proteggerlo da Chucky, infatti, i tre protagonisti non coinvolgono Junior, che si troverà sempre più isolato. A farlo crollare definitivamente sarà la morte della madre (sì, Chucky è una strage di genitori), evento che permetterà al killer di entrare nella mente del ragazzo, premendo sul suo dolore e sul suo bisogno di essere considerato un “vero uomo”, fino a convincerlo a uccidere. Dopo aver massacrato il padre, Junior inizia a seguire Chucky, passando di fatto da una figura paterna tossica ad un’altra, e va a formare una sorta di nuova famiglia con lui e Tiffany. Questa situazione non durerà a lungo perché Tiffany decide di liberarsi di Chucky; ricordiamo che quella tra Tiffany e Chucky è sempre stata una relazione tossica (e non perché i due torturavano e uccidevano insieme). Nonostante più volte Tiffany si sia allontanata, alla fine la ritroviamo sempre accanto al suo Chucky, qualunque sia la sua forma esteriore, solo per essere costantemente sminuita e manipolata. Nell’ultimo episodio Tiffany reagisce, ma non è da escludere un suo ritorno accanto al compagno – non sappiamo ancora quale sia il disegno più grande di Mancini, se c’è, ma vediamo comunque nel finale una Tiffany che tenta di portare a termine il piano di Chucky.
Inoltre, la famiglia omicidi non regge anche grazie al confronto tra Junior e Lexy. Se Jake era stato salvato dall’amore che per lui provano Lexy e Devon, anche il tratto omicida di Junior verrà “disattivato” dalle parole della ragazza, che gli ricorda di essere in realtà un ragazzo dolce e non un “vero” uomo, men che meno se essere veri uomini significa impugnare un coltello e trafiggere la gente. Per Junior, che si redime, è comunque troppo tardi, ma non lo è per Jake che distrugge Chucky (a questo punto delle serie, come saprete, ci sono più Chucky) a mani nude dopo che questi ha finalmente lasciato cadere la sua maschera gay-friendly.
Chucky si rivela il manipolatore che è sempre stato. Nella serie vediamo il passato del famoso killer che fin dall’infanzia è stato capace di attrarre a sé e corrompere le sue vittime. Nella serie, Chucky ha uno scopo ben preciso: ha bisogno che un innocente commetta un omicidio per attivare il suo esercito di bambole assassine. I suoi candidati sono prima Jake e poi Junior; abbiamo già parlato di quest’ultimo, ora vorrei ritornare un attimo a Jake. Quando la serie comincia, Jake viene preso in giro da Junior per il suo orientamento sessuale e il padre, a sentire quelle parole, ha una forte reazione di rifiuto al punto da distruggere tutte le bambole del figlio. Jake non ha parlato con nessuno, eppure le persone attorno a lui presuppongono e giudicano. Quando però comincia ad essergli chiaro di provare qualcosa per Devon, è su quello che Chucky farà leva. “Io ti capisco, ho un figlio gender fluid”: Chucky si serve di Glen/Glenda per dimostrare a Jake di essere aperto e pronto ad accettarlo. Jake si lascia quasi persuadere e sarebbe stato facile cadere qui nell’equazione non-eteronormatività = mostruosità, ma la serie non lo fa. Mancini, apertamente omosessuale, ci dà ben altro e ci mostra come quell’amore tra Jake e Devon sia in realtà un’ancora di salvezza e non un sentimento sbagliato da reprimere.
Le citazioni
Che siano poster di film appesi nelle stanze o la carta da parati che rimanda alla loggia nera di Twin Peaks, nella serie non mancano le citazioni, come del resto nei film che la precedono. Si parla di Pennywise, Laurie Strode, Piccoli Brividi e in un episodio, intitolato Cape Queer, Devon sta guardando proprio il film Cape Fear. Si cita Pulp Fiction quando Andy e Kyle sparano ad uno dei bambolotti, Die Hard con la madre di Junior che precipita dalla finestra, Ghoulies quando Chucky si nasconde nel water e Shining quando il bambolotto pronuncia la famosa battuta di Jack Nicholson – qui il riferimento è palese e c’è anche una certa “intertestualità”, siccome si riprende una scena simile de Il figlio di Chucky in cui Chucky però non ricordava quale fosse la battuta. Non mancano, come già detto prima, neppure i riferimenti ad ogni singolo capitolo della saga: la morte della babysitter di Andy, le peripezie vissute da Andy e Kyle, la scuola militare, Glen/Glenda, tutte le vicende legate a Nica e le cause delle varie morti di Chucky.
Nella puntata finale c’è la proiezione di Frankenstein di James Whale: una scelta non casuale trattandosi di un film ricco di sottotesti queer. Mentre il film scorre sullo sfondo, Jake sconfigge il suo mostro senza venir reso a sua volta mostruoso: il ragazzo ribadisce di non aver tratto alcun beneficio dalla morte del padre perché avrebbe potuto risolvere gli screzi con il dialogo. Il parallelismo è geniale e Mancini non avrebbe potuto scegliere un autore differente da Whale per concludere il suo discorso e rendere chiara la natura queer della sua serie.
Chucky è divertente ma anche violenta. La serie si conclude con una bellissima scena metanarrativa in cui Chucky stesso, rompendo la quarta parete, fa un resoconto delle sue uccisioni (il famoso body count degli slasher), in totale 21, avvenute tramite decapitazioni, folgorazioni, defenestrazioni e colli rotti, oltre alle buon vecchie coltellate. La serie non risparmia proprio niente e nessuno.
Attraverso le parole di Chucky, Don Mancini si paragona a Shakespeare e Austen… noi glielo concediamo perché siamo innamorati di lui e del modo in cui ha confezionato questa serie. Non ci resta che attendere la seconda stagione per scoprire quali saranno i destini dei personaggi sopravvissuti.