Il 13 Novembre 2014 usciva in Italia, in anteprima mondiale, “Clown” di Jon Watts. Complice una distribuzione internazionale travagliata e di critiche ben poco lusinghiere, la pellicola sprofondò quasi subito nel dimenticatoio.
Eppure, a 10 anni dalla sua uscita, “Clown” risulta ancora un film incredibilmente valido e un ottima aggiunta al filone di film sui “killer clowns” (negli ultimi tempi tornato alla ribalta con “Terrifier”).
TRAMA
Kent, un agente immobiliare, riceve una chiamata dalla moglie: il clown che avevano prenotato per la festa di compleanno del figlio non può più presentarsi. Impossibilitato a trovare un sostituto per tempo, l’uomo ha un colpo di fortuna quando trova proprio un costume da pagliaccio nel seminterrato di una delle case che gestisce. Indossatolo, si reca alla festa del figlio.
Dopo la fine delle celebrazioni, l’uomo si rende però conto di non riuscire più a togliere il costume. Quella che all’inizio sembra soltanto una situazione bizzarra, si evolve presto in un incubo. Ciò che Kent sta subendo, difatti, è un lento processo di metamorfosi che rischierà di mettere in pericolo anche le persone a cui tiene…
RECENSIONE
“Clown” è un film semplice ma, in ciò che porta in scena, riesce pressoché sempre bene.
La premessa di fondo è infatti, allo stesso tempo, basilare e intrigante. In quella che sembra essere una versione splatter de “La maschera maledetta” di Piccoli Brividi, vediamo una situazione precipitare dal tragicomico al raccapricciante. Tuttavia, non è solo lo spunto “e se un costume da clown non si togliesse?” a rendere solido l’intreccio del film, ma anche (e forse ancora più) gli elementi di backstory che emergono. La rielaborazione della figura del clown come radicata nella tradizione mitologica scandinava è originale e veramente credibile. Non poche persone probabilmente avranno fatto una ricerca sul web, a visione ultimata, per cercare quanto di vero ci fosse nella leggenda del Cloyne, assetato di sangue di bambino. Anche la storia del precedente possessore del costume (e del modo in cui decise di sbarazzarsi della maledizione) arriva in maniera funzionale sia ad arricchire che a portare avanti il plot.
E’ probabilmente questo uno degli elementi di fondo che permettono a “Clown” di non risultare uno dei tanti film sui clown assassini: riesce a essere originale con semplicità.
Il regista Jon Watts, che di lì a qualche anno avrebbe diretto la trilogia di Spider-Man per i Marvel Studios, mostra il proprio talento nelle scene di suspense. La sequenza ambientata in un centro ricreativo per l’infanzia, sotto tale aspetto, risulta la più memorabile. Si parte con un bambino che, stizzito, si lamenta di essersi bagnato un piede. Ecco che, quando si allontana, notiamo una chiazza rossa sotto il suo calzino. E’ solo un attimo, la macchina da presa non vi indugia e, proprio per questo, l’attenzione dello spettatore viene attirata con maggiore prepotenza verso ciò che sta per succedere. Da qui, un’ottima sequenza all’interno di un labirinto di plastica in penombra, mentre seguiamo col fiato sospeso un altro bambino alla ricerca del fratello. Purtroppo sappiamo già come andrà a finire, ma Watts decide di rimandare il più possibile la cosa, costruendo la suspense di secondo in secondo.
Senza dubbio, poi, “Clown” può farsi forte della propria dose di splatter e body horror. Già da principio, quando il costume risulta semplicemente “attaccato al corpo” di Kent, siamo confrontati da più di una scena d’impatto. Andando avanti, quando il film vira pienamente sul territorio dell’horror, assistiamo a un discreto tripudio di splatter di eccellente fattura. Assieme ad esso, anche un incredibile lavoro di make-up.
Informandosi sui nomi che hanno contribuito a questi reparti, ci accorgiamo che tale risultato non è per nulla casuale. Da un lato abbiamo Steven Kostanski, che di lì a qualche anno avrebbe diretto lo spassoso e ultraviolento “Psycho Goreman”, dall’altro il veterano Tony Gardner, a cui si deve (fra le altre cose) il trucco di Billy Butcherson in “Hocus Pocus”. Questa accoppiata, assieme a una folta schiera di collaboratori, ha fatto sì che “Clown” potesse avere, negli effetti horror tradizionali, un’altra enorme freccia al proprio arco.
Inoltre, “Clown” può anche essere considerato un film coraggioso. Le vittime designate del Cloyne sono infatti bambini. Là dove altre pellicole avrebbero preferito soprassedere, qui le morti efferate delle giovani vittime vengono mostrate (almeno in parte).
Punti deboli, anche se non compromettono in maniera significativa il prodotto, sono la recitazione non sempre brillante e alcuni dialoghi poco convincenti. Alcuni elementi di trama, poi, avrebbero potuto ricevere un maggiore sviluppo.