Dopo una festa a casa di un amica e il successivo rapporto non protetto con uno sconosciuto, Samanta inizia a percepire un cambiamento nel suo corpo che sembra portarla sempre più alla rovina.
E’ questo Contracted, film del 2013 prodotto negli Stati Uniti e diretto e scritto da Eric England.
Il regista già noto per il precedente Madison County, del 2011, crea un body horror in senso stretto, ci fa partecipi di una decadenza del corpo dilazionata nel tempo, senza un’apparente soluzione. E’ un film che procede bene, che coinvolge, perché Samanta perde il controllo sulla sua fisicità e ci trasmette questa paura nelle sue continue scoperte, nel suo nascondere quell’inesorabile cambiamento. Najarra Townsend, l’attrice protagonista funziona, perché ci fa identificare benissimo, perché ci fa sentire deboli di fronte ad una escalation incontrollabile, ancora più sconvolgente. Il body horror viene omaggiato fino in fondo da effetti esagerati, da un trucco impeccabile, sempre molto specifico, credibile, scena dopo scena. Contracted è un film che non stufa, forse infastidisce i più deboli di stomaco ma tiene sempre attento lo spettatore, si cerca la causa, una possibile cura ma anche il modo di poter continuare a vivere nella normalità. E’ un film che vive sulla tensione.
Samanta è sola però in questo e la solitudine mostrata appunto dalla protagonista è parte fondante del film. E’ sola in quanto già parte di una minoranza perché lesbica e sola in quanto condannata dalla compagna per il rapporto sessuale avuto con un uomo, la sua causa del declino. Un rapporto sessuale occasionale che quindi la rovina sia emotivamente che fisicamente, che la trascina in quel baratro in cui non c’è una mano amica pronta ad aiutarla.
La disperazione quindi è il sentimento che pervade la protagonista, il corpo che si decompone, il tempo che fugge le porta rabbia, dolore per una situazione che non può cambiare. Lì scatta il desiderio di ferire, distruggere tutto ciò che fa parte del suo mondo, le persone che l’hanno lasciata sola al suo destino.
Ed è lì a mio malincuore che scopriamo il vero intento del regista. Se infatti fino alle fasi finali del film tutto era incerto, increscendo in un delirio dettato dal cambiamento, Samanta si trasforma, è il paziente zero, l’origine di un’epidemia zombie, la portatrice di quel qualcosa di malato e insano causa di un contagio globale. E’ una spiegazione che non piace, che porta il film su altri binari, che apre ad un sequel di tutta altra forma, realizzato poi nel 2015, diretto da Josh Forbes, una delusione. Una delusione nell’idea del film che però non cancella la sua efficacia, la sua bellezza.
Paragonato al film del 2012 Thanatomorphose, con il quale ha molti elementi simili ha trovato difficoltà iniziali a causa dei fondi limitati e contrasti con alcuni aspiranti attori che hanno trovato il contenuto del film troppo audace. Non un giudizio che condivido.
Una lotta contro l’ineluttabilità degli eventi, una tragedia umana coinvolgente ed inquietante, una battaglia contro l’impossibile.