La cinematografia horror è piena zeppa di clown di qualsivoglia genere. Che siano pupazzi, demoni o esseri umani è sicuramente un tema molto trattato e It ne è solamente l’esponente più famoso.
D’ altronde la Coulrofobia (la paura dei paglicci, appunto) è davvero molto diffusa, in continuo aumento e perenne ricerca di studio. Ma non siamo qui a parlare del perchè i pagliacci facciano così paura a così tanta gente o dei film a loro dedicati, anche se sono molti.
Come ben sappiamo la realtà è spesso più terrificante della finzione cinematografica, ed esiste un clown che terrificante lo è stato davvero. Il suo nome era Pogo il Clown.
John Wayne Gacy
Apparentemente devoto marito e padre di famiglia, membro rispettato e rispettabile della comunità, John Wayne Gacy è stato in realtà uno dei più turpi serial killer americani. Soprannominato il Killer Clown durante buona parte degli anni settanta rapì, torturò ed uccise più di trenta adolescenti, tutti di sesso maschile, seppellendo la maggior parte dei cadaveri sotto casa, tra le fondamenta, in cantina. Il suo soprannome deriva dal fatto che Gacy, oltre a collezionare statuette e quadri di pagliacci, amava traversirsi, indossando trucco e abiti, per animare le feste dei bambini impersonando Pogo il Clown. Agì indisturbato per molti anni e fu arrestato solamente nel 1978 in seguito ad un errore nell’ occultamento della sua ultima vittima.
Condannato a morte fu giustiziato tramite iniezione letale nel 1994 nella Stateville Prison di Joliet, Illinois. Le sue ultime parole prima della morte furono “Baciatemi il c*lo!“
Il suo caso è davvero interessante ed articolato e, oltre ad aver ispirato vari film, ne fu tratto anche uno (purtroppo non bellissimo) sulla sua vita dal titolo Gacy. Per chi volesse approfondire Netflix si è concentrata proprio su di lui nel secondo capitolo della docu-serie real crime Conversazioni con un killer rilasciata sulla piattaforma streaming lo scorso 20 aprile.
Il Caso Gacy
Diretta da Joe Berlinger, che già diresse il Caso Bundy e la splendida docu-serie sul Cecil Hotel di cui vi ho parlato qui, Conversazioni con un killer: il caso Gacy si articola in tre episodi da un’ ora che raccontano la vita , i crimini e l’epilogo del Killer Clown.
Apportando e vagliando documenti inediti, interviste con persone che furono coinvolte, ed addirittura con una delle vittime sopravvissute, il caso Gacy analizza la vita di questo serial killer in modo completo ponendo però un quesito davvero inquietante: come ha potuto John Wayne Gacy restare impunito così a lungo, non vivendo nascosto ai margini ma essendo una personalità pubblica nella comunità in cui viveva?
Attraverso le testimonianze ed i ricordi di chi era presente e dei poliziotti che lavorarono al caso, Joe Berlinger dipinge un quadro davvero accurato di quei sanguinosi anni tra il 1972 ed il 1978, svelando nuovi dettagli sulla psicologia dell’ assassino, sul suo disturbo narcisistico e sui metodi che utilizzava durante e dopo la sua “caccia” e che gli hanno permesso di agire indisturbato per ben sei anni.
Grazie a più di sessanta ore di registrazioni inedite delle conversazioni tra Gacy e i suoi avvocati, dandoci la possibilità di ascoltare direttamente la sua voce ed i suoi incredibili e raccapriccanti racconti, ci catapulta così direttamente dentro la mente perversa di questo individuo. Il caso Gacy è un prodotto davvero ben strutturato e meticoloso, coinvolgente e capace di catturare lo spettatore facendogli respirare l’ atmosfera di quel periodo grazie all’ enorme quantità di documenti e contributi forniti.
Il regista non risparmia una critica, niente affatto velata, sul contesto sociale e sul ruolo delle autorità di quegli anni che, molto probabilmente, avrebbero potuto porre fine a questi crimini molto prima se non avessero deliberatamente ignorato la comunità omosessuale ed i suoi scomparsi.
Ciò che vi rimarrà alla fine è amarezza per la quantità di giovani ragazzi uccisi e, soprattutto, per il fatto che ancora oggi non tutti sono stati identificati. Giovani vite recise e mai reclamate, corpi senza nome, esistenze dimenticate.