Dorian (Allan A. Goldstein, 2003) è recentemente arrivato in Italia sul canale della Midnight Factory (accessibile attraverso Amazon Prime Video e Mediaset Infinity). Il film è una reinterpretazione in chiave moderna del capolavoro di Oscar Wilde (Il ritratto di Dorian Gray) che, negli anni, tanti registi hanno tentato di mettere in pellicola, a volte riuscendoci, a volte no. Dorian, oltre a non riuscirci, si rivela essere un film disastroso, dal primo all’ultimo minuto.
Una nuova versione di Dorian Gray
Il ritratto di Dorian Gray è indubbiamente una delle opere più affascinanti che siano mai state scritte. Un capolavoro immortale di cui più o meno tutti conoscono la storia, una storia che, date le sue caratteristiche, si presta molto bene a una trasposizione cinematografica. Di film su Dorian Gray, insomma, ne sono stati fatti tanti, tantissimi; ma si sa: le opere letterarie più belle sono le più difficili da rappresentare e, perciò, anche le pellicole oggettivamente valide basate sull’opera di Wilde hanno sempre attirato diverse critiche. Con Dorian (distribuito anche con il titolo Pact with the devil), Goldstein tenta di adattare l’opera di Oscar Wilde ambientandola nei primi anni del 2000, scommettendo proprio sulla grande versatilità di essa e sulla sua indubbia capacità di poter raccontare molto bene anche il mondo contemporaneo.
Il ritratto, quindi, diventa una fotografia, Dorian è un modello dotato di una bellezza mozzafiato e Henry un avido manager pronto a tutto pur di guadagnare denaro. Le premesse, quindi, ci sono, ma la realizzazione è davvero pessima.
Un ottimo cast e… un disastro totale
Iniziamo da quello che forse è l’unico pregio del film: il cast. Henry è interpretato da Malcolm McDowell e Dorian (il cui vero nome, in realtà, è Louis) da Ethan Erickson. Attori, quindi, di altissimo livello, accompagnati da volti meno noti ma comunque rilevanti nel panorama hollywoodiano. Attori che, nonostante una sceneggiatura pessima, riescono ad offrire, per quanto possibile, buone interpretazioni. Quali sono, invece, i difetti di Dorian? Tutto o, meglio, quasi tutto il resto: da una regia quasi amatoriale a un’irritante colonna sonora.
Il film è semplicemente brutto: la piattezza della regia, accompagnata da una fotografia da soap opera di scarsa qualità, non riesce a restituire nemmeno in minima parte il fascino dell’opera di Wilde: quella componente puramente artistica che riempie le pagine dell’opera immortale dello scrittore irlandese è totalmente sacrificata in nome della mediocrità più totale e di una storia che, nonostante alcune buone premesse, si capisce fin da subito che non può funzionare. Per non parlare del sonoro che (almeno nella versione originale) è veramente pessimo: più di una volta le musiche coprono le voci rendendo inascoltabili le parole dei vari personaggi. La colonna sonora, inoltre, è composta da una serie di canzoni che si susseguono continuamente per tutta la durata del film e che – inserite in ogni singola scena senza un motivo valido – riescono ad irritare anche il più paziente degli spettatori.
Sembra quasi che, durante la fase di montaggio, il montatore abbia fatto partire la sua libreria di Spotify in riproduzione casuale, inserendo nel progetto tutte le canzoni che venivano riprodotte. Lo so, nel 2003 Spotify non c’era, ma questa sembra effettivamente la spiegazione più razionale per una scelta “artistica” così scellerata.
La vittoria del trash
Inoltre, Dorian si prende troppo sul serio, finendo così per sfociare nel trash più totale. Basti pensare al cambiamento subito dalla fotografia di Dorian: praticamente un filtro di Instagram spaventoso applicato su un ritratto. Insomma, nonostante un ottimo cast, Goldstein e i suoi collaboratori sono riusciti a tirare fuori un prodotto ai limiti del guardabile che, però, potrebbe risultare quasi piacevole a tutti coloro che amano il trash nelle sue versioni peggiori. I personaggi compiono scelte assurde e poco credibili, i dialoghi sono imbarazzanti, a dimostrare la totale inadeguatezza della sceneggiatura che, però, come già detto, aveva di base qualche potenzialità.
Dorian avrebbe potuto raccontare perfettamente l’edonismo, il consumismo (“estetico” e non), l’egoismo e l’avidità del mondo contemporaneo ma, invece di criticare una società in cui i divi sono tali solo finché giovani e belli, preferisce raccontare una storia in cui un moderno Dorian Gray sigla un patto con il diavolo scrivendo semplicemente la parola “Dorian” con il sangue (o forse, dato il colore, con la marmellata) su uno specchio.
In conclusione, Dorian è veramente un pessimo film, uno di quelli che sconsiglierei a priori a chiunque. Ma, dato che i gusti sono personali, mi sento di consigliarlo a coloro che amano il “trash inconsapevole” oppure a coloro che vogliono vedere un film – che a tratti riesce anche a intrattenere – per farsi qualche risata, preferibilmente in compagnia. Mi sento, al contrario, di sconsigliarlo a tutti coloro che, come me, amano l’opera di Oscar Wilde e che difficilmente possono riuscire ad accettare che essa venga straziata in questo modo…