Alla fine degli anni ’80 usciva al cinema un film particolare ed unico, all’interno del variegato panorama di genere che in quel periodo purtroppo stava tramontando nel nostro paese.
Etoile di Peter Del Monte si affacciava nel marzo di un anno che stava chiudendo un decennio denso di pellicole memorabili per l’horror e il fantastico. Un decennio dove l’Italia riusciva ancora a giocarsela al botteghino, con pellicole personali e originali.
LA TRAMA
La giovane Claire è una giovane americana che arriva a Budapest per partecipare ad un provino di ballo, presso una prestigiosa scuola. Bloccata dall’idea di un fallimento non partecipa nemmeno alla selezione e, vagando per la città, finisce all’interno di un teatro abbandonato nel quale, quasi rapita da un’atmosfera decadente, cederà alla tentazione di un ballo solitario.
Nell’oscurità però verrà notata dallo strano coreografo (lo stesso del provino mancato) che vive proprio lì dentro, come un novello fantasma del palcoscenico. L’uomo inizierà ad interessarsi a lei e per merito di oscure pratiche magiche condizionerà la ragazza portandola ad identificarsi con una ballerina morta un secolo prima, durante la rappresentazione de Il Lago dei cigni. Il pericoloso progetto di arte e morte dell’uomo potrebbe costare molto alla giovane.
INFLUENZE E ORIGINALITA’
Certo l’idea di utilizzare la splendida Jennifer Connelly e un incipit che vede una giovane ballerina americana arrivare in una prestigiosa scuola di una capitale europea non può non far pensare a due grandissimi successi di Dario Argento come Suspiria e Phenomena. Non a caso il film è scritto dallo stesso Del Monte in collaborazione con Sandro Petraglia e con quel Franco Ferrini che proprio con Phenomena iniziò un proficuo sodalizio con Argento.
Quando però crediamo di aver capito il gioco furbo della produzione, eccoci spiazzati da un film che quasi da subito ci mostra la sua vera pelle. Una pellicola che non ha paura di osare l’impervia strada della favola nera, che gioca con il classico ma lo mescola alla magia e all’incanto di ambienti sospesi nel tempo, dominati da ricordi e sogni di grandezza lontani.
Il film di Del Monte è la storia di più sogni che si incrociano in maniera devastante. Il sogno della giovane protagonista di rendere orgogliosa la madre, il sogno d’amore del giovane americano incontrato in albergo e di vitale importanza nell’evolversi dell’intreccio, e il sogno malato del cupo coreografo, teso a raggiungere la perfezione nell’arte a costo del più grande dei sacrifici.
UN FILM NON BANALE
Mentre procede la visione di Etoile è chiaro quanto sia ambiziosa e poco convenzionale la visione del regista, che intreccia una storia di amore e arte ad una vicenda di fantasmi e oscuri trattati magici, il tutto in un intreccio che, pur rallentando eccessivamente in alcuni momenti, riesce ad essere coinvolgente e trascinante. Sulle splendide note de Il lago dei cigni, già molti anni prima del cult di Aronofsky, seguiamo l’eterna lotta tra le luci e le ombre della vita, continuamente in contrasto nel tentativo di prevalere.
Il perfido piano ordito dal coreografo per far tornare in vita l’etoile morta un secolo prima, troverà un valido ostacolo nell’amore del giovane Jason che nell’atto finale dovrà vedersela con l’incarnazione del male, un vero e mostruoso cigno nero ideato da Sergio Stivaletti (altro rimando ad Argento).
UN REGISTA SOTTOVALUTATO
Etoile è l’occasione buona per parlare di Peter Del Monte, uno dei più interessanti e sottovalutati registi del panorama italiano a partire dagli anni ’70. Un autore che ha sempre realizzato un cinema personale, poco votato al botteghino, intriso di significati e personaggi mai banali. Un regista dallo sguardo internazionale la cui filmografia dovrebbe essere omaggiata e riconsiderata, soprattutto in un periodo di “pochezza” come quello attuale.