Era il primo ottobre 1999 e nelle sale italiane usciva l’ultima opera di Stanley Kubrick: Eyes Wide Shut. Un’opera avvolta da un alone di mistero, sia per i temi trattati che per la morte prematura del regista, avvenuta solo pochi mesi prima del lancio nelle sale cinematografiche americane. Un film di una bellezza sconvolgente, capace di coinvolgere e turbare lo spettatore sotto diversi punti di vista.

Trama

Bill e Alice sono una coppia dell’alta borghesia newyorkese e vivono la loro relazione in piena complicità. Quando una sera Alice decide di rivelare a Bill la fantasia sessuale che, anni prima, ebbe per un ufficiale incontrato in vacanza, la loro storia entra in crisi.

Analisi

Che a Kubrick piacesse prendere bei romanzi e farne dei capolavori non è una novità. Lo abbiamo visto con The Shining prima, con Arancia Meccanica poi. Eyes Wide Shut non è da meno. Il regista, infatti, trae ispirazione dal romanzo “Doppio Sogno” (Traumnovelle) di Arthur Schnitzler. Senza sconvolgerne la narrazione ma, anzi, ampliandola, Kubrick è stato in grado di creare un’opera capace di lasciare lo spettatore in uno stato di estasi e, contemporaneamente, di totale disorientamento. A metà tra sogno e realtà, Eyes Wide Shut è un film dalla potenza visiva e concettuale impressionante.

Der Novelle

“Per esempio, quando ci si destava da un sogno? È vero, in quel caso ci si ricordava… Però esistevano di sicuro anche sogni che si dimenticavano completamente, di cui non restava altro che uno stato d’animo enigmatico, un misterioso stordimento. Oppure li si ricordava solo più tardi, molto più tardi, e ormai non si sapeva nemmeno se si fosse trattato di un’esperienza reale o soltanto di un sogno. Soltanto… Soltanto!”.

Tratto da “Doppio Sogno” di A. Schnitzler

Il film è tratto dal romanzo breve “Doppio Sogno” (Traumnovelle) di Arthur Schnitzler del 1926. L’autore è un narratore e drammaturgo austriaco laureato in medicina e appassionato di psicoanalisi. Questa sua passione trasuda dal romanzo in cui sogno e realtà si mescolano, facendo sì che conscio e inconscio non siano perfettamente distinguibili. La storia narrata è pressocché identica a quella trasposta cinematograficamente da Stanley Kubrick, se non per alcuni piccoli particolari tra cui i nomi dei personaggi. Nonostante sembri un dettaglio insignificante, vedremo come i nomi dei personaggi nell’opera kubrickiana siano tutt’altro che casuali. Il libro risulta scorrevole e godibile ma non è assolutamente paragonabile alla ricchezza di Eyes Wide Shut. Infatti, il romanzo è troppo breve e sintetico e rende l’opera di Kubrick quasi necessaria. Il regista, infatti, prende l’idea di Schnitzler e la amplia, arricchendola di particolari e di significato.

La caratterizzazione dei personaggi

Prima di addentrarci nell’analisi dell’opera è di fondamentale importanza capire la caratterizzazione dei personaggi fatta da Kubrick. Partiamo da ciò che per antonomasia identifica un personaggio: il nome. Come già anticipato, nel romanzo di Schnitzler i nomi dei protagonisti della vicenda sono differenti. Nel libro, infatti, la coppia è formata da Fridolin e Albertine. Se, ad un occhio distratto, l’uso dei nomi Bill e Alice possa sembrare una mera scelta linguistica, dettata dalla necessità di cercare due nomi più anglofoni, all’occhio più attento non sfuggirà che la scelta di questi due nomi in particolare non sia assolutamente casuale. Bill è un medico e come tutti i medici, soprattutto americani, fa parte dell’alta borghesia. Come possiamo vedere, fin dalle primissime inquadrature, ciò che più caratterizza questo personaggio è l’ostentazione del denaro e la convinzione che con esso si possa ottenere tutto. Tale concetto è ovviamente enfatizzato dal fatto che “bill” in inglese significa proprio banconota e, in particolare, che con “bill” si identifica la banconota da un dollaro. Se, tuttavia, la “dichiarazione di intenti” sul personaggio di Bill è evidente e facilmente identificabile, diverso è per Alice.

Per capire la caratterizzazione di questo personaggio dobbiamo ricordarci di un’altra famosa Alice, quella che va “attraverso lo specchio”. L’Alice del romanzo di Lewis Carroll è una bambina che, sonnecchiando su una poltrona, si chiede cosa vi sia dall’altra parte dello specchio. Lo specchio e il sonno sono due particolari che ritroviamo subito nell’opera di Kubrick. Alice, infatti, ci viene presentata mentre si specchia in tutte le prime inquadrature. In una, in particolare, quella subito dopo la festa dagli Zigler, la vediamo rimirarsi nello specchio mentre Bill tenta di sedurla. Anche durante il bacio con il marito Alice non potrà fare a meno di specchiarsi. Lo specchio richiama, tanto il concetto del viaggio in un mondo onirico e fantasioso, quanto il concetto di doppio. Quest’ultimo verrà analizzato nell’arco di tutta la pellicola. Una doppia vita, una realtà doppia così come una doppia identità. Lo specchio diventa, così, simbolicamente l’anticamera del passaggio ad un mondo in cui realtà e sogno si mescolano, diventando indistinguibili.

La continua lotta tra Eros e Thanatos

Nell’opera di Schnitzler il rimando ai concetti introdotti da Sigmund Freud è evidente ma, come già dichiarato, analizzato in modo superficiale. Kubrick decide di andare a fondo ed esplorarli nella loro pienezza. Per chiunque non fosse pratico con la psicanalisi freudiana, Eros e Thanatos sono, secondo Freud, i due impulsi che governano tutto l’agire dell’uomo. In particolare, Eros si riferisce alla pulsione vitale, facendo un chiaro rimando al Dio greco dell’amore, e quindi alla sfera sessuale, mentre Thanatos rappresenta la pulsione alla distruzione. Eros e Thanatos sono in continuo conflitto e, pertanto, tendono ad equilibrarsi tra loro facendo in modo che una non prevalga sull’altra. In Eyes Wide Shut l’impulso sessuale e la morte sono due aspetti che governano l’intera pellicola.

Partiamo dalla scena della festa dagli Ziegler. Questa scena non è descritta all’interno del romanzo di Schnitzler, pertanto, possiamo già capire quanto sia profondo l’operato di Kubrick su questa opera. La prima cosa che notiamo è una decorazione natalizia dalla forma piuttosto particolare. Essa, infatti, rappresenta una stella ad otto punte con un cerchio al suo interno, molto diversa dalla stella a cinque punte tipicamente utilizzata durante il periodo natalizio. Tale stella è il simbolo dell’antica dea babilonese Ishtar. Ishtar era la più potente divinità femminile nel culto babilonese [1]. Rappresentava tanto la fertilità quanto la guerra. Viene infatti rappresentata sia con un’armatura che con un infante al seno. Fondamentale, per capire poi la scena del rito orgiastico è sapere che, secondo un mito babilonese, Ishtar fu costretta a discendere negli inferi per salvare il suo amato Tamuz. Nel periodo in cui lei rimase negli inferi la terra inaridì e le creature smisero di accoppiarsi impedendo la preservazione della vita. Ishtar rappresenta così sia la vita che la morte, diventando un riferimento inequivocabile agli impulsi dettati da Eros e Thanatos.

La testa di Alice incorniciata dalla stella ad otto punte

Proseguendo all’interno della scena vediamo che Alice e Bill si dividono. La prima incontra un distinto uomo ungherese che tenta in tutti i modi di sedurla. Con un esplicito rimando alle tesi espresse ne “L’arte di amare” di Ovidio, l’uomo beve volutamente dal calice di champagne di Alice. Il gesto di bere dal bicchiere del partner è, nel simbolismo ovidiano, atto a indicare il desiderio di voler scambiare i liquidi corporei con la persona desiderata. Mentre avviene tutto ciò, Bill passeggia accompagnato da due splendide modelle che vogliono portarlo “dove finisce l’arcobaleno”. Il gioco della seduzione cui Bill si presta viene, tuttavia, interrotto dalla necessità del suo intervento. Una ragazza sta, infatti, rischiando la vita al piano superiore a causa di un’overdose. Ancora una volta Eros e Thanatos danzano in un gioco di delicato equilibrio. Come se non bastasse, alle spalle della ragazza notiamo un affresco raffigurante una donna in dolce attesa. Il quadro si intitola “Paula 6 months on Red[2] ed è opera della moglie dello stesso Kubrick, Christiane. La ragazza ha, evidentemente, appena avuto un rapporto sessuale con il signor Ziegler. La similitudine tra la posa della ragazza e quella della donna rappresentata nel quadro e l’antitetica situazione in cui si trovano le due donne rimanda ancora una volta al dualismo Eros e Thanatos che permea l’intera pellicola.

Il secondo momento in cui questo dualismo si rende manifesto è la scena della morte del paziente di Bill Quando Bill si recherà a far visita al defunto, la figlia tenterà di sedurlo nonostante la morte del padre sia appena avvenuta. Ancora una volta Eros e Thanatos tornano. E sarà così anche con la prostituta che Bill incontrerà e che si rivelerà essere malata di HIV per culminare con la scena del rito orgiastico che termina con il sacrificio di Amanda (“Mandy”).

Il concetto di “doppio”

Un altro concetto tipicamente freudiano che aleggia in tutta la pellicola è quello del doppio. Già introdotto con il personaggio di Alice e il riferimento ad “Alice attraverso lo specchio”, tale concetto viene enfatizzato in tutte le sue sfaccettature. Partiamo dal titolo che, per primo, ci introduce nella visione del regista. Eyes wide shut vuol dire, letteralmente, occhi spalancati chiusi e rimanda all’idea di una “persona sprovveduta, incapace di vedere anche ciò che è bene in vista a causa di preconcetti o tabù” [3]. Ciò anticipa la “teoria del testamento” che analizzeremo in un paragrafo successivo. Ma non basta. La connotazione ossimorica del titolo non può non farci notare l’idea trasversale all’interno della pellicola di due concetti, apparentemente antitetici, che convivono all’interno dello stesso contesto. I già anticipati concetti di Eros e Thanatos sono l’emblema del doppio in Eyes wide shut, ma non sono gli unici. Nella scena della discussione tra Alice e Bill vediamo, infatti, i due coniugi dibattere sull’apparente diversa natura del tradimento in uomo e donna. Bill sostiene fermamente l’idea fortemente maschilista che le donne non siano inclini a pensieri sessuali e/o al tradimento, mentre Alice porta la sua esperienza come prova del fatto che uomini e donne non siano così diversi. Uomini e donne vengono rappresentati come antitesi uno dell’altro e Bill sarà costretto a rendersi conto che, per quanto differenti, uomini e donne condividono lo stesso impulso sessuale. Lo stesso dualismo tra sogno e realtà è la base fondante dell’intera pellicola e, come vedremo, seppur questi due concetti paiono inconciliabili, in realtà non sono così scindibili. Dalla somma della discussione tra Alice e Bill e della convivenza tra sogno e realtà arriviamo all’analisi profonda e viscerale della differenza tra tradimento mentale e tradimento fisico. Questo è, secondo me, una delle parti più interessanti e più forti del film. Il “tradimento” messo in atto da Alice è puramente mentale, eppure non impedisce a Bill di sentirsi sconvolto e autorizzato a “tradire” a sua volta. Quando il tradimento è reale? Quando è un tradimento potenziale o quando è messo in atto? Una frase, presente sia nella novella che nel film, ci viene in aiuto:

“Ringraziare il destino, credo, di essere usciti indenni da tutte le avventure, da quelle reali e da quelle sognate”.

“Ne sei proprio sicura?”

“Così sicura, come intuisco che la realtà di una notte, anzi, persino quella di un’intera vita umana non rappresenta la sua più intima verità”.

“E nessun sogno è soltanto un sogno”.  

Dialogo tra Alice e Bill

Questo concetto è profondamente disturbante e capace di mettere in crisi l’intera percezione delle relazioni umane.

Fidelio

Uno dei concetti fondanti della pellicola è proprio quello della fedeltà coniugale. Analizzato nella sua duplice versione dimostra quale fosse l’intento principale di Kubrick. Pare, infatti, che il regista volesse con Eyes Wide Shut analizzare l’idea di matrimonio e il vincolo della fedeltà ad esso associato. Una prima prova a dimostrazione di tale tesi è la presenza massiccia dei quadri della moglie Christiane all’interno della casa dei Harford, mescolando opera e vita reale. Impossibile negare anche il rimando all’opera di Beethoven Fidelio. Questa è, infatti, la parola d’ordine utilizzata per entrare all’interno della casa in cui avverrà il rituale. Questo dettaglio appare ancor più curioso se teniamo presente che all’interno del romanzo di Schnitzler la parola d’ordine utilizzata è Danimarca. Fidelio è, inoltre, un’opera che apparentemente tratta della fedeltà coniugale ma che, in realtà, è pregna di riferimenti ai concetti dell’illuminismo, della dignità dell’uomo, della sua forza morale e della libertà [4]. Kubrick cerca di interrogarsi e di interrogarci sulla monogamia, uno dei concetti fondanti della nostra società e che solo negli ultimi anni è stato messo in dubbio. Tramite la discussione tra Alice e Bill ci parla dell’eterna lotta tra la concezione tradizionale dei ruoli all’interno della famiglia e il desiderio di libertà provato da entrambi i sessi. Mette in discussione tutte le nostre certezze, portandoci a interrogarci su cosa sia il tradimento. Il tradimento mentale e quello fisico sono davvero così differenti? È l’idea del tradimento a essere insuperabile? Con un approccio prettamente intellettuale, analizza i sentimenti umani in maniera così profonda e chirurgica da rendere il suo film capace di scuotere l’animo dello spettatore che ne uscirà con più domande che risposte.

“Dove finisce l’arcobaleno”

Il concetto di doppio si estende anche ad uso simbolico dei colori. In particolare, “Dove finisce l’arcobaleno” (over the rainbow) è una frase che sentiamo più di una volta pronunciare all’interno di Eyes Wide Shut. Lo sentiamo dire dalle due modelle a Bill, durante la festa di Natale, e poi la ritroviamo sull’insegna del negozio in cui il medico noleggia il costume per poter accedere alla villa dove avverrà il rituale. Il concetto di “arcobaleno” si palesa anche attraverso le decorazioni natalizie. In tantissime scene, infatti, vediamo le luci degli alberi avere le colorazioni tipiche dell’arcobaleno. Conoscendo la maniacalità di Kubrick e soprattutto sapendo che all’interno della Traumnovelle questo concetto di arcobaleno non viene mai richiamato, non possiamo far altro che chiederci cosa volesse dirci il maestro. Partiamo dal significato di arcobaleno all’interno della tradizione ebraica e cristiana. La figura dell’arcobaleno compare per la prima volta all’interno del libro della Genesi, successivamente al diluvio universale, come simbolo del patto eterno tra Dio e l’umanità. Con tale gesto, infatti, il Dio cristiano si riconcilia non solo con l’uomo, ma con la terra intera, promettendo di non portare più distruzione su di essa. Ancor di più, per il profeta Ezechiele l’arcobaleno è simbolo della “luminosità che emana dalla gloria divina”. Questo concetto fa sì che l’arcobaleno entri nella tradizione qabbalistica elevato a “segno della redenzione futura, del riscatto messianico e della benevolenza divina sul mondo” [5]. Aggiungiamo un altro dettaglio alla nostra analisi, ossia il fatto che, nel libro di Schnitzler, non vi è alcun riferimento al periodo natalizio, in completa antitesi con la pellicola che è completamente immersa all’interno di tale atmosfera. Il Natale è, per eccellenza, il periodo di festa per i credenti. Andare “Oltre l’arcobaleno” prende quindi una connotazione totalmente esoterica. Significa andare oltre la luce divina, oltre il patto. E questo andare oltre ci condurrà esattamente dove tutta la credenza cristiana viene demolita: nel rituale pagano. La rappresentazione di tale rituale è fortemente rimandante a tutto ciò che conosciamo dei rituali esoterici. La presenza di un sacerdote vestito di rosso e delle ancelle, il rito orgiastico di pagana memoria, la musica che scopriamo essere un antico canto bizantino recitato al contrario. Tutto questo non ha fatto altro che aumentare l’alone di mistero attorno alla pellicola che è stata vista come il testamento del regista, la sua definitiva denuncia della presenza di una sorta di congregazione che governa il mondo.

Seguendo questa tesi, la presenza delle luci arcobaleno indicherebbe le scene della realtà conoscibile in completa antitesi con le scene in cui le luci dell’arcobaleno sono assenti. Queste ultime sono tutte quelle legate alla “congrega” e alla loro realtà inaccessibile.

La “teoria del testamento

Come già anticipato nei paragrafi precedenti, Eyes Wide Shut è fortemente avvolto da un alone di mistero dettato, in parte, dalla morte prematura e inaspettata del regista e in parte da alcuni dettagli particolari lasciati qua e là all’interno della pellicola. Secondo molti, infatti, Eyes Wide Shut è il testamento del regista e, addirittura, il motivo della sua morte. Per chi crede in questa teoria i messaggi subliminali lasciati da Kubrick permettono allo spettatore di cogliere l’intento del regista di denunciare l’esistenza di questa società segreta, dedita ad atti di satanismo, in grado di governare il mondo. Cerchiamo pertanto di analizzare i dettagli che hanno alimentato questa visione.

Mentmore Towers [6]

L’esterno della casa dove si svolge il rituale è quello di Mentmore Towers, conosciuta anche solamente con il nome Mentmore, storica proprietà della famiglia Rothschild. La famiglia Rothschild è molto nota per essere una delle famiglie più ricche e potenti al mondo. Antichi bancari di origine ebraica, i Rothschild sono stati accusati di essere più o meno tutto ciò che di male c’è al mondo ma, purtroppo, con scarse prove documentate a supporto di tali tesi. Il fatto che, all’interno della pellicola ci fosse un chiaro riferimento a questa famiglia, ovviamente non ha fatto altro che alimentare la teoria del testamento.

Il party surrealista della famiglia Rothschild [7]

Un altro dettaglio che ha fatto pensare al fatto che Kubrick si stesse palesemente riferendo alla famiglia Rothschild è il fatto che, nella scena del rituale, tutti i membri della setta indossano delle maschere veneziane per celare la loro identità. In primo luogo, bisogna ricordare che il Carnevale Veneziano deriva da una rielaborazione di due festività: i Saturnali dell’antica Roma e le feste Dionisie dell’antica Grecia. Il fatto di celare la propria identità, oltre a permettere un livellamento delle divisioni sociali, faceva in modo che le feste nelle case private fossero all’insegna della trasgressione [8]. Non è un caso che il mito di Casanova nasca proprio nel contesto della Venezia di quell’epoca e del carnevale veneziano. Ma cosa ha a che fare questo con i Rothschild? È presto detto. Pare, infatti, che la famiglia fosse dedita alla celebrazione di feste in maschera di cui una è particolarmente famosa: il party surrealista del 1972 voluto da Mariè-Hèlene de Rothschild e avvenuto proprio a Mentmore Towers. La somiglianza con alcune delle maschere viste all’interno della pellicola hanno fatto pensare a molti che anche le feste della famiglia Rothschild fossero volte a mettere in atto rituali esoterici.

L’aquila a due teste incoronata

Vi ricordate il trono su cui siede il sacerdote rosso? Aguzzando la vista è possibile scorgere che, sullo schienale, è intagliato il simbolo dell’aquila incoronata a due teste. Tale simbolo è veramente molto comune e, tendenzialmente, rimanda all’unione di due imperi. Tuttavia, è stato spesso associato alla massoneria e ciò non ha fatto altro che aumentare l’idea che il film cerchi di rivelare una realtà altra da quella che noi conosciamo.

Il “Magic Circle”

Nella scena finale della pellicola vediamo la figlia dei Harford prendere un gioco in scatola chiamato Magic Circle. Il “Cerchio Magico” è un rituale di origine antichissime (babilonesi) che è stato riscoperto attraverso il neopaganesimo [9]. Nonostante la scatola sia un banalissimo gioco per bambini con vari trucchi di magia, è stato facilissimo, per molti, ricollegare tale gioco alla scena del rituale e quindi a tutto ciò ad essa collegato.

Le mie considerazioni

Credo di poter affermare, quasi con certezza, che Eyes Wide Shut sia il mio film preferito. Ricordo ancora la prima volta che lo vidi e il senso di profonda frustrazione che provai. Ero conscia di aver visto un’opera magnifica, eppure, la stavo odiando perché non riuscivo a coglierne pienamente il significato. E devo dire che, nonostante lo abbia visto almeno una decina di volta, ancora oggi mi lascia ogni volta con un senso di mistero e smarrimento che adoro. È come se avesse sempre dei dettagli in più da mostrarmi e delle sfaccettature da farmi cogliere. Non stupisce, infatti, che Kubrick abbia ipotizzato e immaginato di realizzarlo per ben 25 anni. La sua struttura a strati, capace di inserire nella stessa scena diversi argomenti e un’infinità di interpretazioni, non può far altro che suscitare continuamente il mio desiderio di saperne di più. Anche la “teoria del testamento” (come piace chiamarla a me), nonostante mi lasci parecchio scettica, non può non affascinarmi. Nella mia personalissima opinione non esiste alcun testamento “olografo” in Eyes Wide Shut ma è “semplicemente” un trucco ben congeniato di Kubrick per lasciare un alone di mistero più profondo rispetto ai suoi precedenti film. Un gioco che ha funzionato alla perfezione perché il film riesce ancora a suscitare curiosità e fare in modo che le persone elaborino teorie su di esso. Nella mia ottica l’aspetto più affascinante è l’analisi della natura umana, del dualismo sogno – realtà e della realtà dei sentimenti. Un’opera veramente sfaccettata e pregna di significato che non posso far altro che consigliarvi.

Classificazione: 5 su 5.

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