Dal 27 ottobre è in arrivo nelle sale il thriller survival Fall, diretto da Scott Mann (Final Score, The Tournament), con Grace Caroline Currey (Shazam!, Annabelle 2), Virginia Gardner (Starfish) e Jeffrey Dean Morgan (The Walking Dead).
La trama
Dopo la morte di Dan durante un’arrampicata, la fidanzata Becky (Grace Caroline Currey) e l’amica Hunter (Virginia Gardner) decidono di scalare una torre di trasmissione alta 650 metri per spargere le sue ceneri dalla vetta. Tuttavia, una volta giunte in cima, si ritrovano bloccate senza alcuna possibilità di discesa. Circondate dal deserto e impossibilitate a chiamare i soccorsi, Becky e Hunter dovranno fare tutto il possibile per sopravvivere, anche se tutto sembra essere contro di loro.
Solitamente rimango rapita dai survival movies, perché saturi di adrenalina e alta tensione e grazie anche alla presenza di protagonisti influenti. Purtroppo in questo caso mi sono trovata di fronte a tutt’altro, a un film che poteva trasmettere molto di più e che presenta molteplici imperfezioni.
La recensione conterrà SPOILER, quindi consiglio vivamente di recuperare il film prima di leggere.
Il pericolo è in agguato. Ma è sempre lui a cercare noi?
Iniziamo dalla trama. Leggendo su internet o andando a vedere il trailer del film si evince quasi immediatamente una mancanza di logica nella vicenda narrata. Becky, la protagonista, subisce un profondo trauma dopo aver visto morire il marito durante un’arrampicata, e poco meno di un anno dopo, convinta dall’incosciente amica Hunter, si lancia in un’impresa rischiosa (per non dire mortale) e priva di senso per spargere le ceneri di Dan. Il tutto viene rappresentato per dare il classico messaggio dell’essere forti e riuscire a superare le proprie paure. Tuttavia ciò avrebbe funzionato se le due ragazze si fossero trovate in una situazione di pericolo per puro caso, e non per volontà loro. In altre parole, il pericolo in questo film è cercato, Becky e Hunter sapevano benissimo che sarebbe stato folle, non si sono trovate accidentalmente in quella situazione. La protagonista si ritrova, quindi, in una situazione ancor peggiore di quella che aveva affrontato in passato.
Alla luce di quanto ho appena argomentato, mi verrebbe da definirlo un suicidal movie, più che survival, proprio perché non presenta il contesto tipico del sottogenere. Si prenda per esempio Paradise Beach – Dentro l’incubo, film del 2016 con protagonista Blake Lively. In tal caso la protagonista surfista provetta si trova faccia a faccia con uno squalo bianco. In tal caso, lei stava seguendo la propria passione senza gettarsi in qualcosa di esageratamente estremo e si è ritrovata in una situazione di pericolo, mentre in Fall, Becky e Hunter hanno scalato una torre alta 650 metri in condizioni precarie, senza appigli a cui agganciarsi se non l’una all’altra.
Fare tutto pur di sopravvivere…nei limiti dell’umanità
Un’altra cosa che ho trovato esageratamente forzata sono alcuni tentativi che le ragazze fanno per provare a chiedere aiuto. Mi riferisco in particolar modo alla sequenza in cui Becky si arrampica sulla cima della torre per ricaricare le batterie del drone (da mandare con un messaggio scritto alla tavola calda lì vicino). Quello che viene mostrato è la protagonista che rimane aggrappata per indefinite ore alla cima e questo risulta molto irrealistico. Ovviamente nessun film è mai realistico al cento per cento, però in questo caso ahimé si sfocia nell’assurdo. Oppure, per fare un altro esempio, quando le due amiche decidono di mettere uno dei due telefoni cellulari nella scarpa di Hunter e farlo precipitare al suolo sperando che qualcuno lo trovi e legga il messaggio. Diciamo che le probabilità che un telefono possa non rompersi cadendo da quell’altezza sono scarse (mi fermo qui perché non voglio fare una lezione di fisica).
La tensione psicologica tuttavia non manca
Per quanto riguarda gli aspetti che promuovo del film, citerei la fotografia che si mostra ben curata e ritrae la bellezza dei paesaggi.
Nel complesso ho anche apprezzato il piccolo plot twist poco dopo la metà del film, quando viene fatto capire che Hunter è frutto dell’immaginazione di Becky, che l’aveva vista morire mentre cercava di recuperare lo zaino caduto sulle parabole di ricezione sottostanti. Questo passaggio sicuramente rappresenta il culmine della frustrazione psicologica alla quale Becky è sottoposta, l’immensa sofferenza che si trova a dover affrontare ancora una volta. Piuttosto inquietante è anche la scena in cui Becky utilizza il cadavere dell’amica come involucro per il telefono da far cadere per chiamare aiuto.
Il plot twist inscenato qui mi ricorda un altro survival movie intitolato Resta con me (2018), dove la protagonista si trova coinvolta in un naufragio insieme al marito, il quale perde la vita durante la tempesta che li ha colti in mare aperto. Come lei inizia ad avere visioni credendolo ancora vivo, così succede a Becky con Hunter.
Alcune curiosità sulla produzione
Per la realizzazione del film, lo scenografo Scott Daniel (Wrong Turn) ha fatto costruire due torri, di cui una alta 20 metri e una piattaforma alta un metro e mezzo per girare i primi piani. Le attrici hanno eseguito molte acrobazie da sole, tra cui stare appese con una sola mano alla piattaforma e con le gambe nel vuoto. Inoltre, la torre televisiva B67 esiste davvero ed è la quarta struttura più alta degli USA. Le riprese hanno avuto un percorso abbastanza travagliato a causa di forti temporali, raffiche di vento fino a 100 chilometri orari e nidi di locuste.
Fall avrebbe potuto comunicare molto di più se avesse avuto una trama strutturata in modo migliore, perché non mancano i momenti di tensione psicologica e l’interpretazione delle attrici principali è da premiare. Purtroppo non fanno bella figura anche i dialoghi, piuttosto banali e molto infantili per il tipo di film in cui si collocano. Insomma, un buon progetto di partenza che non ha avuto il risultato che ci si aspettava.
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