Quando si parla dei gialli di una volta, la prime opere che verranno in mente ai veri intenditori saranno i grandi classici come ‘LA Confidential”, o spingendosi un po’ più in là, a “Profondo Rosso”, fino ad arrivare a “Il Cartaio” sempre di Dario Argento.
Insomma, il giallo/thriller a differenza del genere horror raggruppa un sacco di varietà di film: possono essere lenti, introspettivi, pazienti, svelando le cose poco alla volta. Oppure essere immediati, adrenalinici, più semplicemente ‘Slasher’.
Dobbiamo dire che l’ultima decade e mezzo ci ha regalato davvero un sacco di thriller niente male (la saga della Notte del giudizio, Disturbia, Get out, The Strangers…) che ci hanno saputo catturare e coinvolgere in modo particolare. Alcuni di noi però, viste ormai le tante idee già usate, faticavano a credere che potessero uscire pellicole veramente interessante in tal senso. Eppure, qualcosa si è mosso.
Ci hanno pensato i due registi Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett proprio lo scorso anno a regalarci un bel lavoro, che, benché si tratti sempre di una pellicola a basso budget, sa decisamente intrattenere. Ormai per essere originali bisogna essere folli e inventarsi storie fondamentalmente contorte. Finché morte non ci separi è appunto un film folle, dove lo scetticismo sconfina con la maledizione vera e propria, dove non esistono più regole.
Proprio per questo non si parla forse più di thriller, ma bensì di commedia nera, un genere che sta facendo molto parlare di sé ultimamente, poiché al cinema lo stanno portando in tanti. Si tratta di un sottogenere della satira vera e propria, che tratta argomenti o eventi generalmente considerati molto seri o addirittura tabù come la guerra, la morte, la violenza, la religione, la malattia, la diversità culturale, la sessualità, l’omicidio e così via. Nato fondamentalmente in ambito teatrale, oggi è arrivato pure in letteratura.
Finché morte non ci separi è la più pura prova dell’esistenza di commedia nera apparsa sul grande schermo in tempi recenti. La storia è semplice, immediata, scorrevolissima e altamente efficace, fondamentalmente perché i produttori hanno capito quello che cercava il pubblico, ossia qualcosa di nuovo, ma soprattutto di emozionante, in tempi ristretti. Ristretto è anche stato il tempo delle riprese (poco più di un mese) per regalarci un lavoro davvero ben fatto e originale.
Quello che prende davvero piede è il perfetto dinamismo dei personaggi – da buoni diventano improvvisamente carnefici – trasformando il gioco del nascondino (ossatura principale della trama) in una sanguinosa e imperterrita caccia all’uomo.