La prima edizione di ‘Frankenstein, o il moderno Prometeo‘ fu pubblicato nel 1818 mentre una rivisitazione completa uscì quasi 15 anni dopo, nel 1831.
A sorprendere non è solo il fatto che fu una donna a scriverlo ma una donna che, all’epoca, aveva appena compiuto 21 anni; parliamo di Mary Shelley, saggista, autrice e filosofa britannica.
Il libro si rivelò un successo straordinario e la sua fama crebbe nel tempo fino a tramutarlo in uno dei capisaldi della letteratura gotica e, più in generale, della letteratura mondiale.
Sarebbe però riduttivo operare una classificazione di genere; al suo interno, infatti, è possibile rintracciare considerazioni di natura etico morali, filosofiche, scientifiche e socio politiche.
La genesi del racconto è di per sé avvolta da un alone di fascino storico; nel 1816, Mary Shelley e il marito, il famoso poeta Percy Shelley, furono ospiti a Ginevra presso la dimora di Lord Byron, di cui la sorellastra era da poco divenuta amante. Essendo giorni piovosi, quell’anno viene ricordato come molto freddo a causa dell’eruzione del vulcano Tombora avvenuta nel 1815, le coppie si trovarono spesso relegate in casa, dove trascorsero le serate leggendo e raccontando storie di fantasmi. Fu durante una di quelle che Lord Byron propose un gioco che consisteva nella stesura di una storia quanto più tenebrosa possibile. Mary Shelley, riprendendo tematiche del galvinismo, delle lezioni di Rousseau e sfoggiando una cultura classica appresa durante gli anni di studio, diede forma alla prima bozza di un racconto in cui uno scienziato tenta di creare la vita in laboratorio; dopo 2 anni, però, quel racconto era stato trasformato in un romanzo, che l’autrice fu costretta a pubblicare con uno pseudonimo maschile, per svelarsi solo con l’uscita dell’edizione del 1831.
La storia è talmente famosa che non andrebbe nemmeno accennata, se non fosse per il particolare riguardante l’evoluzione che ebbe negli anni, a causa, soprattutto, della sua rivisitazione teatrale e quella cinematografica che ne seguì.
Fu la prima, in particolare, a far deviare la trama da quella originaria, essendo stata, poi, la base su cui nacquero le sceneggiature per il grande schermo.
Il romanzo, scritto in forma epistolare, narra la vita e le gesta del filosofo naturalista Victor Frankenstein, nato a Napoli da genitori svizzeri e residente a Ginevra. Dopo la morte della madre, il giovane decide di trasferirsi in Germania per frequentare i migliori pensatori dell’epoca, coltivando, in segreto, il sogno di creare una nuova forma di essere umano: più forte, intelligente e molto più longevo.
Divenuto il miglior studente della prestigiosa università di Ingolstadt nel giro di due anni, Frankenstein si dedica ai suoi folli esperimenti trafugando cadaveri nei cimiteri e studiandone il processo di decomposizione.
Il suo sogno diventa realtà e presto prende vita una creatura che è però lontana dal rappresentare i nuovi canoni di bellezza e gusto immaginati dallo scienziato. Deforme e selvaggia, riesce a fuggire portando con sé il diario degli appunti del suo creatore; in preda a una crisi di coscienza, però, Frankenstein decide di non inseguirla, confidando in una sua rapida morte.
La creatura sopravvive e, come un bambino, attinge dal mondo circostante per accumulare esperienze di vita e formarsi un carattere. Inizia a parlare, impara a leggere e scrivere, sviluppa senso critico, discernendo la differenza tra il bene e il male. Di indole buona, cerca di aiutare e farsi benvolere ma viene scacciato a causa del suo aspetto aberrante, sviluppando nel tempo una rabbia che lo trasforma in uno spietato assassino.
Braccato e rifiutato, si mette in cerca di quello che considera il padre, con il quale stipula un patto terribile: se Frankenstein gli creerà una compagna, lui smetterà di uccidere e, insieme, fuggiranno per sempre in Sud America. Se rifiuterà, invece, colpirà i suoi affetti più cari.
Sorpreso dagli argomenti profondi e dai sentimenti nobili della creatura, lo scienziato inizialmente accetta l’incarico, viaggiando sino alle isole Orcadi per ripetere l’esperimento, fermo poi cambiare idea e distruggere la nuova creatura su cui stava lavorando, terrorizzato dall’idea che da questi possa aver inizio una nuova specie. La decisione scatena l’ira feroce del mostro, che giura vendetta per il resto della sua esistenza.
Da quel momento ha inizio un’interminabile caccia tra i due che li porterà fino al limitare del Polo Nord. Sarà durante un inseguimento su slitta che il comandante di una spedizione geografica, Robert Walton, troverà lo scienziato su una banchina di ghiaccio, salvandolo dal freddo e dagli stenti.
Una volta ripresosi, Victor inizierà a narrare la sua incredibile storia, fino a quando, poco prima della fine del libro, egli morirà e il mostro, colto da rimorsi esistenziali, deciderà di uccidersi dandosi fuoco, per impedire che altri possano ripercorrere la strada del suo creatore.
Nel romanzo vengono affrontati diversi temi che andavano sviluppandosi nel periodo in cui fu scritto.
Innanzitutto il nascente capitalismo e le conseguenze sociali che ne derivavano; Mary Shelley rimane molto influenzata dagli insegnamenti della madre, la famosa filosofa Mary Wollstonecraft, pioniera del nascente movimento femminista, e da quelli economico sociali del padre, il famoso politico e filosofo William Godwin, designatore di dottrine socialiste a favore dei diritti dell’uomo e di sistemi di governo democratici.
L’apparato teorico su cui viene incentrata la discussione riguardante la creazione risente delle teorie riprese dal galvanismo, riguardanti la convinzione scientifica che l’uomo possedesse una carica elettrica in grado di stimolare i muscoli se debitamente attivata. E’ questo il punto in cui si crea una prima discrepanza tra il protagonista del romanzo e quello cinematografico; nel film del 1931, lo scienziato anima la creatura proprio attraverso un esperimento condotto con l’aiuto dell’energia dei fulmini canalizzata in due elettrodi posti sul collo del cadavere attraverso un macchinario di sua invenzione. Nell’originale, invece, l’autrice non spiega la procedura con cui il dottor Frankenstein riesce a infondere vita a materia inerme, limitandosi a problematizzare gli elementi etico morali della creazione. Sul questo tema poggia un altro tema fondamentale, al punto da essere riportato come sottotitolo del romanzo. Contrariamente a quanto si pensi, il libro non è intitolato ‘Frankenstein’, nome che, tra l’altro, il cinema iniziò presto a usare erroneamente per indicare il mostro; alla sua pubblicazione, il titolo originario era “Frankenstein, o il moderno Prometeo”, a ricordare la figura mitologica di Prometeo che, nella ridefinizione mitologica di Ovidio, diviene l’essere primordiale che crea la vita forgiando l’argilla.
Il mostro rappresenta simbolicamente il diverso e, come tale, la paura ancestrale dell’essere umano per ciò che è estraneo alla sua visione del mondo. Ma è anche una critica radicale alla società, e qui sono evidenti le influenze del pensiero di Rousseau, in grado di corrompere ogni vita che nasce naturalmente buona e pura. Intriso di simbolismo, il capolavoro di Mary Shelley riflette la profonda fiducia che si aveva nello sviluppo della scienza ma anche la paura delle sue conseguenze in mancanza di un codice etico di controllo.
Purtroppo, l’industria del cinema ha progressivamente eliminato molti di questi significati sottesi, limitandosi a ricreare un personaggio che appare sin da subito privo di ragione e malvagio di natura, svincolato dagli aspetti filosofici che sono alla base della struttura narrativa del romanzo.
Lo stesso aspetto fisico del mostro, entrato di diritto nell’immaginario collettivo, non è altro che la creazione a posteriori della Universal studios, divenuto talmente iconico da costringere la major a brevettarlo per renderlo soggetto al pagamento dei diritti d’autore in caso di uso. Nel libro, invece, viene descritto come insopportabile alla vista e deforme, anche se non vengono mai tratteggiati i caratteri somatici.
A ideare le fattezze del mostro fu il famoso truccatore cinematografico Jack Pierce, noto a Hollywood negli anni ’30 e ’40 per aver dato vita a personaggi del calibro di Dracula, la mummia e diversi altri.
Considerando la lettura del romanzo come imprescindibile, nel caso ci si volesse avvicinare al personaggio limitandosi alla versione cinematografica, è ancora oggi consigliabile la pellicola del 1931 diretta da James Whale, con protagonista Boris Karloff nella parte del mostro e Colin Clive in quella di Victor Frankenstein, un grande classico pur nelle sue innegabili discrepanze con il capolavoro di Mary Shelley.
a cura di Lucio Schina
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