Con un budget di circa dodici milioni di euro, è arrivato al cinema “Freaks Out”: secondo film di Gabriele Mainetti, posticipato a lungo, sia per lavori sugli effetti visivi in post produzione, che per la pandemia ed approdato in sala il 28 novembre grazie a 01 Distribution, che ci ha concesso di vederlo in anteprima stampa.
Dopo “Lo chiamavano Jeeg Robot” la curiosità era molto alta, specialmente dopo aver scoperto quanto questo progetto fosse ambizioso..
Non è certo da tutti i giorni raccontare la storia di quattro “freaks”, con dei poteri particolari, che cercano di salvarsi nel bel mezzo della “Seconda Guerra Mondiale”. Si prende il “Neorealismo” di “Roma Città Aperta”, e lo si mescola con “X Men”, fondendo insieme qualcosa di anomalo per il cinema italiano, non abituato a certe pellicole. Mainetti si dimostra ancora una volta talentuoso, dirigendo una pellicola con cuore, cercando di dare spazio ad un cinema che verta al super eroistico e al fantasy, come se ci trovassimo in un grande blockbuster americano.
L’idea è senz’altro da premiare, seppur il film, mi dispiace ammetterlo, soffra di alcuni difetti, che lo portano ad essere un netto passo indietro rispetto a quel piccolo ma splendido film dove un delinquente romano, Enzo Ceccotti, si trasformava in un super eroe, in una Roma che faceva da sfondo alle sue imprese.
Fare il cinema di genere, oggi come oggi, in Italia, è molto difficile, visti i tempi cambiati, i giovani che nemmeno sono più abituati, e alla continua concorrenza oltreoceano. “Jeeg” poteva essere il capostipite di una saga, inedita nel nostro Paese (se non contassimo il tentativo fallimentare di Salvatores), di super eroi : il nostro “Mainetti Cinematic Universe”.
Si sceglie invece di distanziarsi da quella strada possibilmente sicura, di non raccontarci quale potesse essere la prossima avventura del protagonista, per concentrarsi su qualcosa di estremamente difficile da realizzare, e soprattutto dispendioso.
Non voglio star qua a dire quanto, per me, sarebbe stato più sensato battere ferro fin che caldo, abituare lo spettatore ad una continuazione di un film che (specialmente dopo la spinta dei David) avesse trainato incassi al botteghino, piuttosto che lanciarsi verso altri lidi, e quindi mi baserò unicamente sul film in questione.
“Freaks Out” ha due atti molto validi, realmente affascinanti, coinvolgenti, e ben scritti, a differenza di un terzo dove la troppa carne al fuoco rischia di bruciarsi, e di deludere le aspettative di un finale che sarebbe potuto essere molto più incisivo, inclusivo, e editorialmente efficace. Senza rivelare alcuna indiscrezione o colpo di scena, la forza del quartetto unito (I fantastici 4) non la si nota, ma anzi, tutti sembrano agire per conto proprio, in mezzo ad una battaglia anticlimatica, inutilmente lunga, e priva di mordente rispetto a ciò che ci aspettavamo.
L’interessante villain nazista, capace di vedere il futuro, e con un enorme potenziale, si riduce a macchietta non esplorata, poco descritta, e sciupata nelle intenzioni, dal momento in cui la si lascia brancolare in una sceneggiatura che non riesce a estrapolare dal cilindro una conclusione pungente e sbalorditiva.
Se poi volessimo un maggiore approfondimento dei personaggi, se volessimo ritrovare la cara vecchia e sempre più rara “Commedia all’Italiana”, magari con la tragedia improvvisa capace di cambiare la psicologia e l’arco narrativo dei protagonisti, resteremmo ancora più delusi, vista la velocità con cui si sceglie di mostrare le loro ultime scene, come se fosse bastato un momento drammatico altamente prevedibile a rendere il tutto perfetto.
Da estimatore di Mainetti, da quando con il compianto Carlo Vanzina recitava ne “Il cielo in una stanza”, posso dire di essere felice che un certo tipo di cinema si provi a fare, ma deluso da un film che, vista la sua buona metà molto riuscita, potesse essere realmente qualcosa di unico e originale nel suo continuo esser derivativo. Il passo risulta più lungo della gamba, ma almeno si tenta, e questo non nuoce.
Ora però mi domando : quando vedremo dove sia atterrato Enzo Ceccotti?
a cura di Paolo Innocenti
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