Il 23 Dicembre è arrivato su Netflix “Glass Onion: a Knives Out Mistery”. Come suggerito dal titolo, la pellicola è sequel di Knives Out (2019), con cui condivide il protagonista Benoit Blanc, interpretato da Daniel Craig, e la presenza di un cast corale. Al timone di regia e sceneggiatura troviamo ancora Rian Johnson.


Sarà riuscito questo seguito a rendere onore all’ottima fama del primo capitolo?


TRAMA

Benoit Blanc riceve un invito per una “cena con delitto” organizzata dal magnate Miles Bron nella sua lussuosa villa in un’isola della Grecia. Col detective sono stati invitati anche tutti gli amici storici di Bron, nonché la sua ex collega Helen Brand.
Blanc, arrivato sul posto, scoprirà presto che l’invito ricevuto non era stato in realtà inviato dal miliardario. Per il detective non sarà inoltre necessario usare il proprio acume per rendersi conto che il gruppo convocato da Bron contenga molti meno amici di quelli che l’uomo potrebbe pensare….

RECENSIONE

Così come per il predecessore, è molto difficile parlare di Glass Onion senza incorrere nel rischio di fare spoiler…ma faremo un tentativo.

Senza dubbio, possiamo affermare che questo secondo capitolo sia un film “più grande” del precedente. Conclusa la visione, apparirà evidente ai più come la pellicola abbia potuto godere di un budget più sostanzioso di Knives Out, budget che Johnson e soci hanno deciso di utilizzare fino all’ultimo centesimo.
È stata una scelta azzeccata? Sì e no.


Partendo dai punti di forza, Glass Onion è un film tremendamente coinvolgente. Il minutaggio di 130 minuti non risulta in alcun modo eccessivo e, una volta iniziata la visione, sarà impossibile staccare gli occhi dagli avvenimenti che si alternano su schermo.

La pellicola ha sostanzialmente una struttura bipartita: nella prima parte veniamo introdotti ai personaggi e arriviamo al turning point della vicenda, nella seconda assistiamo al districamento del mistero. In Knives Out, invece, sapevamo fin da principio quanto era accaduto, con il suicidio dello scrittore Walter Thrombey. Questo fattore fa sì che la mente dello spettatore, nella prima ora, non riesca a fermarsi un solo istante nel formulare ipotesi su quanto stia per accadere. Come ogni giallo insegna, troviamo poi una serie di elementi apparentemente insignificanti che si riveleranno poi essenziali nell’arrivare alla soluzione del caso. Molto azzeccata in tal senso è la metafora della cipolla utilizzata a più riprese da Benoit Blanc: gli strati sono sotto gli occhi di tutti, ma dovranno essere scostati uno per uno per arrivare al centro. 

Altro punto di forza sono le performance attoriali. Daniel Craig, ancora più che nel precedente capitolo, è estremamente a suo agio nell’interpretare l’eccentrico Benoit Blanc, mentre le new entry risultano tutte estremamente convincenti. Fra di esse, senza dubbio spiccano Kate Hudson e Janelle Monáe, quest’ultima impegnata in una parte decisamente difficile da rendere al meglio. Anche l’intreccio imbastito in sala di scrittura da Johnson è coerente e riuscito, portando avanti il gusto decostruzionista per il giallo classico che era stato il fulcro di Knives Out. Eppure, per passare ai difetti della pellicola, tale mistero non riesce ad avere lo stesso impatto del film del 2019. Complice una seconda parte che non ha paura di risultare uno spiegone, si arriva alla conclusione della pellicola con un senso di stupore mitigato.


Ciò non significa ovviamente che non siano presenti colpi di scena (ce ne sono in verità moltissimi), ma che tali plot twist colpiscono con un impatto minore rispetto a quello che si proporrebbero di avere.
Le scenografie lussuose sono, per la maggior parte delle scene, una gioia per gli occhi. Ecco perché l’utilizzo della CGI nelle complessive sulla villa di Bron stona ancora di più. Avrebbe dato un senso di coesione maggiore sfruttare unicamente i set fisici, anche a costo di penalizzare il fattore “spettacolarità”.
Peculiarità di Glass Onion sono poi i camei. Essi sono tanti e davvero inaspettati ma, a parte uno (che scalderà il cuore di molti), finiscono per risultare superficiali e stucchevoli.


Insomma, tallone d’Achille della pellicola è una volontà di alzare l’asticella del fattore spettacolarità a cui probabilmente non corrispondeva una reale esigenza. Senza fare spoiler, esemplificativa di tale caratteristica è l’ultimissima scena del film. È un passaggio più spettacolare, chiassoso e, in un certo senso, grande rispetto a quello con cui si chiudeva Knives Out, ma non riesce in alcun modo ad arrivare alla stessa sensazione di pay-off narrativo.

Più dipendente dalla sfera soggettiva è invece l’apprezzamento legato a un’ulteriore particolarità di questo sequel: il fattore “attualità”. Dalla pandemia da Covid 19, al videogioco “Among Us”, allo streaming su Twitch, il film sfrutta a pieno diversi degli argomenti caldi e dei tormentoni degli ultimi anni.

In definitiva, comunque, Glass Onion rimane un film molto valido. Va senza dubbio dato atto a Rian Johnson di aver voluto tentare qualcosa di diverso e aver confezionato un film con una propria identità. I confronti col precedente capitolo fanno sì che questo sequel scopra un po’ il fianco ai difetti, ma le ottime interpretazioni, il ritmo eccellente e la trama solida riescono ampiamente a controbilanciare.

Classificazione: 3 su 5.