Prima di iniziare: l’analisi sviluppata in questo articolo vuole cercare di essere uno spunto originale alle molte sintesi presenti, nate e sviluppatesi negli oltre 60 anni di vita di Godzilla (nome originale: Gojira). Per farlo viene in considerazione solo la saga originale prodotta dalla casa cinematografica Toho, che ne detiene i diritti, e la trilogia anime da poco disponibile su Netflix. Ho ignorato le produzioni e i reboot americani, che considero sotto prodotti dimenticabili.
Dal 1954, anno in cui vede la luce l’esordio del Kaiju più famoso del mondo, sono state realizzate 28 pellicole, a cui va aggiunto il reboot del 2016, intitolato Shin Godzilla, e tre anime di circa 1 ora e 20 l’uno, intitolati, rispettivamente, Godzilla: Il pianeta dei mostri, Godzilla: Minaccia sulla città e Godzilla: Mangiapianeti, usciti in sequenza tra il 2017 e 2018.
È difficile dare conto dell’importanza che l’universo Godzilla si è conquistato nell’immaginario collettivo; la sua influenza sulla cultura giapponese è talmente invasiva da averlo trasformato in oggetto di culto. Nel resto del mondo il suo aspetto e il suo ruggito sono caratteristiche immediatamente riconoscibili da chiunque abbia almeno una TV in casa. Per celebrare il cinquantesimo anniversario, evento eccezionale per un personaggio di fantasia, l’industria mondiale del cinema lo ha insignito della massima onorificenza esistente, la stella sulla Hollywood Walk of Fame.
L’imminente uscita dell’ennesimo remake, intitolato Godzilla: the King of the monsters, che promette sfide epiche tra i Kaiju più famosi della serie, può stimolare il nostro interesse su ciò che Godzilla significa a livello di analisi antropologica; conoscere i significati che gli donano senso e forma può aiutare a comprendere il perché sia entrato a far parte di un immaginario che trova sfogo anche nella sfera del sacro.
La sua lunga vita lo ha visto testimone di cambiamenti storici fondamentali, e i significati che gli sono stati riconosciuti sono variati con il variare delle visioni sul futuro e dell’esistenza stessa dell’essere umano come specie distaccata dai normali circuiti naturali.
Dal terrore delle armi nucleari a quello per una nuova guerra mondiale che negli anni ’60 si immaginava a tinte apocalittiche, al mutato rapporto con la natura, Godzilla ha mutato la sua anima in funzione di tutto questo, finendo per apparire, almeno nella cultura giapponese, un vero e proprio catalizzatore morale e misuratore delle tensioni politiche del momento.
Il personaggio nasce come metafora dell’orrore nucleare, della sua feroce potenza distruttrice che non si ferma davanti a nulla. Nel film del ’54 i contorni della sua figura mastodontica appaiono a largo della baia di Tokyo, esattamente come fece il bombardiere americano Enola Gay, che giunse dall’isola di Tinian il 6 agosto del 1945, pronto a sganciare la prima bomba atomica sulla città di Hiroshima. Risvegliato dagli esperimenti nucleari che in quegli anni le super potenze mondiali portavano avanti in una folle corsa agli armamenti, e potenziato dall’assorbimento delle radiazioni, Godzilla porta avanti un irrazionale piano di distruzione totale, accecato da una furia incontrollabile e da una forza quasi impossibile da contrastare. In una pellicola cupa e girata senza alcuna traccia di umorismo, il finale è emblematico da un punto di vista simbolico; il creatore di un’arma terrificante, lo scienziato Daisuke Serizawa-hakase, dopo aver ucciso il Kaiju decide di togliersi la vita per impedire che altri possano venire a conoscenza dei segreti che custodisce e usarli contro i propri simili.
Se nell’immaginario giapponese il terrore dell’atomica è radicato a un livello molto profondo della coscienza collettiva, altrettanto si può dire del concetto di natura distruttiva e incontrollabile. Godzilla nasce anche come metafora di ciò che rappresenta la forza scatenante della natura, in un paese in cui terremoti, eruzioni vulcaniche e fenomeni estremi possono manifestarsi in qualsiasi momento e mietere vittime innocenti.
Con la fine della guerra fredda e il declino del rischio nucleare, ma anche con un cambio radicale dei costumi e delle sensibilità verso le questioni fondamentali della vita e del rapporto tra l’uomo e il suo destino, l’apparato simbolico che donava senso a Godzilla ha subito una modifica radicale, arricchendolo di sfumature più spirituali e ineluttabili. All’interno di questa rivisitazione deve aver certamente pesato un’accresciuta sensibilità verso temi etici di natura neo ecologista. Forse si deve anche a questo se la Taho ha deciso di produrre, negli ultimi 2 anni, una trilogia anime, da cui è possibile estrapolare elementi utili a definire l’evoluzione del suo significato.
La trama dei 3 episodi racconta di un’umanità costretta a fuggire a bordo di navi spaziali, scacciata dall’arrivo dei Titani, creature primordiali e portatrici di distruzione, alla cui sommità della piramide emerge il Re supremo, Godzilla. Nemmeno una strana alleanza con ben due specie aliene, gli Efix, dediti alla ricerca della perfezione spirituale, e i Bilosaludo, pragmatici e fautori di una logica guerriera, riesce a far mutare il corso degli eventi. Dopo un vagare infruttuoso alla ricerca di un nuovo pianeta da colonizzare, la decisione di far ritorno sul pianeta madre li costringerà a uno scontro epico con il più potente dei Kaiju, la cui forza è cresciuta al punto da renderlo praticamente immortale.
Se il giudizio sull’intera produzione non può che essere negativo, con una trama incentrata su complicate mistiche filosofiche di ispirazione new age e scontri dialettici tra le varie specie a discapito del vero protagonista, relegato a figura marginale e non funzionale allo sviluppo della storia, questa trilogia riesce, però, a esaltare il cambiamento concettuale operato intorno alla sua figura. Tra le interminabili disquisizioni dialettiche delle controparti, ricche di orpelli retorici ma mai finalizzate a una vera e propria sintesi, spunta l’idea di un Kaiju che si evolve verso una figura mistica dai contorni divini, il Kami, che ha origine nelle sfumature animistiche di cui è pervasa la religione shintoista.
Il capitano Haruo, a capo dell’esercito federato che tenterà di distruggere Godzilla, per l’intera durata dei tre episodi è animato da una rabbia feroce che ne detta ogni scelta, una rabbia che ha origine in una sete di vendetta nata da bambino quando, sul punto di lasciare la Terra, rimane traumatizzato dalla visione del mostro intento a distruggere una nave in procinto di decollare. Più volte Haruo urla il suo proposito di riconquistare ciò che appartiene di diritto al genere umano, defraudato con la forza di uno spazio vitale di cui si sentiva padrone. Nella sua ferocia a tratti irrazionale, che nessun esponente delle due specie aliene riuscirà a placare, Haruo sintetizza l’incapacità dell’uomo di osservare la realtà senza l’uso di filtri creati per nascondere le conseguenze di azioni che sul finire del ventesimo secolo avevano portato la Terra sull’orlo della distruzione, il cui unico responsabile era proprio il genere umano. Un pensiero impermeabile all’esperienza sensibile, nato dalla percezione di un pianeta a esclusivo uso e consumo di bisogni soddisfatti ignorando ogni forma di rispetto verso il suo delicato equilibrio.
Ferita e stuprata da una specie famelica ed egoista, la natura si difende creando Godzilla, il cui fine amorale è semplice quanto estremo: ristabilire l’equilibrio originale. Per farlo dovrà distruggere e scacciare la specie umana, proliferata come un cancro nel momento in cui ha deciso di elevarsi al di sopra delle regole che permettevano al tutto di vivere in prosperità.
Al pari di uno spirito sacro protettore, in questo caso dell’intero pianeta Terra, elemento primordiale da cui tutto è scaturito, Godzilla agisce senza un’etica, perseguendo l’unico scopo per cui è stato creato. Il genere umano non è nemico, ma solo un problema da risolvere. Per farlo utilizzerà i poteri di cui dispone e il suo compito avrà termine una volta che la malattia sarà stata debellata. Emblematica la sua apparizione dalle viscere nel momento in cui le navi spaziali rientrano nell’orbita terrestre, dopo che per oltre 20 mila anni il suo dominio incontrastato aveva prodotto il ritorno a uno stadio originario, selvaggio e pericoloso, ma pur sempre legato alle sole leggi della natura e al suo equilibrio circolare.
Come ogni altro Kami, Godzilla è sintesi degli opposti; né cattivo né buono, può distruggere e creare, è interconnessione con l’energia che pervade l’universo, ed è parte della natura piuttosto che esserne separato. È interessante notare come al ritorno, trascorsi 20 anni per l’uomo ma 20 mila per la Terra, la natura si sia rigenerata sul modello cellulare del Kaiju, facendo di lui anche un essere primordiale, dal cui corpo ha inizio la vita e le varie modalità di funzionamento.
La scena finale del terzo episodio tende quasi a una riunione mistica tra l’uomo e l’universo, una visione che possiamo immaginare come un ritorno alle origini, in un momento collocato fuori dal tempo in cui tutto è nato e si è formato.