Halloween 2018: un’operazione commerciale per avere soldi sicuri, non può che utilizzare un brand noto e arcinoto, ripetere gli stessi schemi e magari anche qualche scena dei cosiddetti sequel apocrifi, che vengono sì tagliati completamente e rinnegati però riusati, perché… non si sa mai.

Questo film piacerà a chi non ha visto niente della saga perché non viene aggiunto nulla, solo un pavido prosecutore del dott. Loomis che ne infanga il nome. L’evoluzione di Laurie è l’unica cosa che salvo e che regge nel film, il resto in fondo nasce dall’ammirazione per un personaggio come Michael che però non può sfuggire alla sua natura e quindi, all’undicesimo film, non può che essere quasi un cliché che fa diventare la pellicola più thriller che un horror da quanto siamo abituati a vederlo uccidere.

Halloween

Una Jamie Lee Curtis impareggiabile, come sempre.

I suoi omicidi prima così insensibili e asettici, si privano di coerenza mostrando la disperazione e la sofferenza delle vittime che però non arriva allo spettatore, dato che la maggior parte di esse sono macchiette prive di spessore.

Il titolo Carpenter uccide Carpenter non è allora che realtà, perché il secondo film era stato sceneggiato da lui e Debra Hill e nonostante qualche sbandamento riusciva a essere discreto e godibile, con l’ottima idea di identificare Myers con Samhain, dio delle tenebre; questo nuovo capitolo invece ne riprende alcune scene significative e la mia domanda allora è questa: che senso ha fare un sequel che riprende il vecchio sequel? Ma in fondo questo film non è fatto per le domande, è fatto solo per essere dimenticato.

Jamie Lee Curtis non delude mai. Carpenter si insozza con operazioni commerciali che trovano il tempo che trovano, perdendo un po’ di vista l’arte del suo passato glorioso. Se si aggiunge che anche qui c’è stato l’annuncio di possibili sequel, il tutto si riduce a una barzelletta che non fa ridere.

Regia, Sceneggiatura e Interpreti

David Gordon Green, esperto soprattutto di film drammatici, in passato ha diretto “George Washington” grande successo di critica, “All the real girls”, “Undertow” e “Snow Angels”, si è perso un po’ dirigendo la commedia trash “Lo Spaventapasseri”, in questo film non riesce, naturalmente, a eguagliare Carpenter nella scelta delle inquadrature, punto di forza del primo film.halloween David Gordon Green, Danny McBride più attore che sceneggiatore che ha già collaborato con il primo, Jeff Fradley collaboratore di McBride in film che non possono ritenersi all’altezza della saga di Halloween.

Gli attori offrono una buona interpretazione, anche se tranne Laure e sua nipote Allyson, non si può certo dire che siano personaggi di spessore. Jamie Lee Curtis, famosa oltre per la recitazione in Halloween anche per “Anything but love”(1990), “True Lies” (1996) , “Quel Pazzo Venerdì”(2004) e “Una Poltrona per Due”(1983), fa veramente il suo dovere, in una parte difficile che la vede aspettare in modo paranoico e guerriero Michael – come una novella Sarah Connor – insieme ad una fragilità visibile di una vita dissestata. Judy Greer, non nuova al mondo dell’horror vista l’interpretazione in “Cursed – Il maleficio”, interpreta la figlia di Laure, Karen. Andy Matichak al suo primo film, dopo la serie “Underground”, riceve una parte importante, quasi l’eredità di Laure, riuscendo a drammatizzare alcune scene. Da notare il ritorno di Nick Castle nei panni di Michael Myers.

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Considerazioni finali

Se l’interpretazione degli attori è ottima, la sceneggiatura e la regia falliscono clamorosamente. In fondo non era facile costruire una storia innovativa su un personaggio che ha all’attivo dieci film e l’idea di cancellare i sequel è sia ingiusta che incoerente, visto che il secondo film era stato scritto dallo stesso Carpenter. Per chi è abituato a Micheal Myers la paura latita per l’usura del personaggio stesso che non riesce ad essere ripreso in modo innovativo e originale.

Le inquadrature iconiche del primo capitolo, riprese anche nel vecchio sequel che ha nella parte iniziale con la caccia all’uomo a parer mio un punto di forza, mancano e non vengono sostituite da altrettanta genialità. Guardandolo come stand alone, cosa che in effetti non si potrebbe fare essendo questo un sequel, il film riesce anche a strappare la sufficienza, ma certo non basta alla pellicola per riuscire ad influenzare il cinema moderno, quantomeno per essere il miglior horror dell’anno.

L’incasso ci sarà di sicuro: quando si richiama sulle scene un brand come questo, riuscendo addirittura a convincere Carpenter a prenderne parte, il risultato è scontato. Bisogna però vedere quanto meriti portare avanti questo sistema criticabile: alla fine ci sono pochi, come Cronenberg, che preferiscono non fare reboot, sequel, remake o qualsiasi altra trovata commerciale. In fondo è di questo che stiamo parlando, la distruzione di un’arte chiamata cinema, in nome del vile denaro.

Un film perdibile e cancellabile se lo consideriamo nel contesto della saga, riesce a intrattenere se lo consideriamo come film unico.