Il 13 Ottobre è arrivato in sala Halloween Ends, terzo e ultimo capitolo della “trilogia sequel” diretta da David Gordon Green. Nel cast troviamo ancora una volta Jamie Lee Curtis (Laurie Strode), Andi Matichak (Allyson Strode), e James Jude Courtney (Michael Myers).
Sarà riuscito questo capitolo a chiudere degnamente il trittico di pellicole che si ricollegano direttamente al capolavoro di John Carpenter?
TRAMA
Sono passati 4 anni dal massacro della notte di Halloween 2018. Michael Myers è scomparso e viene ritenuto deceduto. Laurie Strode e la nipote Allyson cercano, nei limiti del possibile, di rifarsi una vita. L’equilibrio precario verrà spezzato dall’incontro con Corey Cunningham, giovane emarginato dalla comunità a seguito di un omicidio colposo commesso nel 2019. Parallelamente, Michael Myers (ovviamente ancora in vita) sembra pronto all’ultimo, decisivo scontro con la propria nemesi.
RECENSIONE
È molto difficile parlare di questo film senza fare spoiler.
Ecco perché a una prima disamina NO SPOILER seguirà una seconda parte di trattazione al cui interno si troveranno possibili anticipazioni sullo sviluppo.
Per cominciare, Halloween Ends non è ciò che ci si aspetterebbe.
Il piano iniziale per questo terzo capitolo era un sequel diretto di Halloween (2018) e Halloween Kills, ambientato nella medesima notte. È plausibile pensare che, se le cose fossero andate così, ci saremmo trovati di fronte a un’opera molto più tradizionale e meno rischiosa. Tuttavia, come desumibile dalla trama, Gordon Green e i co-sceneggiatori della pellicola hanno scelto una strada differente.
Halloween Ends è difatti uno dei film più atipici all’interno della saga di Halloween, paragonabile solo a Halloween III e Halloween II di Rob Zombie. È un film che parla di traumi, di una comunità e dell’impossibilità di sopprimere il Male. È un film con Michael Myers, non su Michael Myers. E, in virtù di ciò, è anche un film che incontrerà l’aperta ostilità di una buona fetta di pubblico. A ognuno starà farsi la propria opinione, ma è innegabile che questo terzo capitolo sia stato un prodotto creativamente originale e “fresco” anche all’interno di una saga così longeva.
In un’epoca in cui i trailer svelano praticamente tutto l’intreccio di un film, l’esperienza regalata da Halloween Ends è di completo sovvertimento delle aspettative create da spot televisivi e trailer. La sorpresa potrà tramutarsi in delusione o franca soddisfazione, a seconda dei gusti personali.
La regia di Gordon Green, a parte qualche strizzatina d’occhio al cinema degli anni ’70 e ’80, risulta molto standard. Le musiche di John Carpenter, invece, sono sempre una gioia per le orecchie.
Rohan Campbell, new entry nel cast, è alquanto convincente nel ruolo di Corey Cunningham.
Così come avveniva in Halloween (2018) e Halloween Kills, alcune battute hanno un sapore di scarso realismo, anche se in misura minore rispetto al precedente capitolo.
Il problema più oggettivo è quello del montaggio. Andando avanti con la visione, scandita da un ritmo serrato e mai noioso, ci si accorgerà sempre più di come le vicende abbiano poco tempo per “respirare”. Tanti passaggi risultano troppo repentini e il rischio che si corre è di ritenerli semplicemente abbozzati. La verità è molto probabilmente un’altra: il girato era troppo per rientrare nel minutaggio previsto. Nei trailer difatti compaiono scene non incluse nel prodotto finito, mentre David Gordon Green affermò ad Agosto come il montaggio della pellicola fosse ancora in divenire. Non possiamo escludere l’arrivo di un’edizione integrale in home video, che possa colmare alcune lacune e permettere uno sviluppo più organico alla vicenda. Ironicamente, un destino analogo spettò a un altro film della saga: Halloween 6.
Passiamo ora alla parte a RISCHIO SPOILER.
L’evoluzione dei personaggi principali, Laurie e Allyson, può apparire straniante. Ci si aspetterebbe di vedere due donne distrutte, ma non è così. Di primo acchito, si direbbe che le due si siano riprese troppo bene, in una maniera irrealistica. A ben vedere, tuttavia, la lettura può essere differente . Il trauma raccontato dal film non è quello più logico ed evidente, ma quello più subdolo, quello che si vede e non si vede.
Laurie sembra aver superato lo spettro di Myers, ma pare anche molto insicura su come si possa ricominciare la propria vita dopo quarant’anni di oscurità. Ci sembra di rivedere la diciassettenne del film del 1978, non una donna di oltre sessant’anni. Ed è proprio così che dovrebbe essere: le uniche esperienze di vita normale a cui la nostra final girl può attingere sono quelle antecedenti al 31 Ottobre 1978.
Per Allyson, il discorso è differente. La caratterizzazione della ragazza è più zoppicante e ambigua, ma non per questo scadente. Allyson, nel 2018, ha perso chiunque. Si sente spezzata, sola e l’unico modo che ha per rimettere insieme i pezzi di sé è quello di cercare amori effimeri ed evitare di confrontarsi col proprio vuoto. L’incontro con Corey, per lei, è visto come un segnale del destino. Due anime rotte che, forse, possono imparare a riparare le reciproche ferite. È un metodo di coping errato, come il film ci mostra, ma è l’unico che conosce.
Il personaggio di Corey è dichiaratamente ispirato al personaggio di Arnie Cunningham di Christine, con cui condivide il cognome. La sua corruzione morale è uno degli aspetti più ambigui e controversi del film.
Per finire, durante i 110 minuti di visione, Michael Myers è molto presente nello spirito, ma molto poco a livello concreto. È evidente cioè come gran parte degli avvenimenti del film siano influenzati dallo shock provocato dalla strage del 2018, ma Myers appare effettivamente per pochi minuti.
In principio, il killer è debole, alla ricerca di facili prede che possano portargli quel senso di sollievo derivante da ciò che sa fare meglio: uccidere.
L’incontro con Corey sarà determinante per entrambi. Proprio durante la scena del primo contatto tra i due personaggi, il film mostra uno dei suoi punti deboli: Michael sembra leggere nella mente di Corey. Eppure tale fattore, di chiara matrice paranormale, sarebbe in aperta contraddizione con l’approccio semi-realistico della trilogia. Alla fine di Halloween Kills, Michael sembra invincibile. Eppure qui vediamo che quegli avvenimenti lo hanno reso debole e acciaccato, come ci si aspetterebbe. Che senso avrebbe introdurre una dote telepatica a questo punto della trilogia? Il taglio del brevissimo passaggio, in una ipotetica “ultimate cut” sarebbe solo di giovamento al film.
È poi bizzarro come alcune uccisioni siano antecedenti alla sera di Halloween, in cui si consuma l’atto conclusivo della vicenda, ma nessuno sembra curarsi di tali “sparizioni”. Un altro dei tagli in sala di montaggio?
Con questo film si manifesta con chiarezza il messaggio di questa trilogia: non si può uccidere il Male. Chiunque sia venuto in contatto con Michael Myers ne ha subito l’influenza. Nel primo film era il dottor Sartain, nel secondo la popolazione di Haddonfield, nel terzo Corey. Come scrive Laurie nella conclusione di questo Halloween Ends: “il Male non muore, cambia soltanto forma“.