Siamo riusciti a vedere in anteprima House of Gucci, l’ultima impresa cinematografica di Ridley Scott. Tra intrighi e tradimenti il regista porta sul grande schermo la tragica vicenda della famiglia Gucci, facendoci immergere tanto nella sontuosità quanto nell’oscurità di quel mondo fatato.
Trama
Il film ci racconta la storia della famiglia Gucci e del matrimonio tra Maurizio Gucci, figlio di Rodolfo Gucci, erede della maison di moda e Patrizia Reggiani. Un matrimonio felice ma destinato a concludersi nel sangue.
Recensione
House of Gucci è un film attesissimo, sia per la tematica trattata che per il cast straordinario. Ma sarà riuscito ad essere all’altezza delle aspettative? Scopriamolo insieme.
La vicenda reale
“Non esiste crimine che non possa essere comprato”
Dal diario di Patrizia Reggiani
L’inizio di questa tragica vicenda è riconducibile a quando, nel 1970, l’erede di Rodolfo Gucci, Maurizio Gucci incontra una bella quanto eccentrica donna di nome Patrizia Reggiani. Solo due anni dopo i due convolarono a nozze, nonostante il padre di Maurizio non avesse una buona impressione dell’aitante Patrizia. Quest’ultima, infatti, viene vista come un’arrampicatrice sociale, desiderosa solo e unicamente di poter fare la bella vita. Nonostante ciò, la relazione tra i due è colma d’amore e di attenzioni, soprattutto da parte di Maurizio nei confronti della consorte. Da questa relazione nacquero due figlie: Allegra e Alessandra. Alla morte del padre Rodolfo, Maurizio ereditò il 50% dell’azienda e questo fece scattare qualcosa in lui. Se per Rodolfo, infatti, l’azienda era un affare di famiglia in cui tutti dovevano poter entrare, per Maurizio divenne necessario acquisire maggior potere e lo fece estromettendo lo zio Aldo che deteneva il restante 50% della proprietà. Questo scatenò una vera e propria faida famigliare che porterà Maurizio a doversi nascondere in Svizzera per sfuggire dalle autorità italiane. È in questo periodo che Maurizio matura anche la decisione di lasciare Patrizia, la quale non prenderà per niente bene questa scelta dell’ex marito. L’odio di Patrizia cresce quando scopre che Maurizio ha una nuova relazione con Paola Franchi. Patrizia quindi si appoggiò moralmente all’amica Pina, chiamata dai giornali “la maga”. Nel 1991 a Patrizia venne diagnosticato un tumore benigno al cervello. Nel corso della degenza in ospedale Maurizio sparì completamente. Questa azione non fece altro che aumentare l’astio e il risentimento di Patrizia la quale inviò diversi (audio) messaggi minacciosi all’ex marito. Ma la donna non si fermò alle minacce. Iniziò, infatti a chiedere a diverse persone se fossero disposte ad uccidere Maurizio. Il 27 marzo del 1995 questo desiderio di Patrizia venne esaudito. Alle 08.35 di un lunedì mattina di Via Palestro 20 a Milano un uomo entra all’interno dell’ufficio di Maurizio Gucci uccidendolo con quattro colpi di pistola. Vengono incolpati tre uomini, assunti da Pina su ordine di Patrizia Reggiani. Il processo iniziò nel marzo del 1998 e portò alla condanna a 29 anni per Patrizia Reggiani, a 25 anni per Pina Auriemma e rispettivamente a 29, 26 e l’ergastolo per i membri della “banda Bassotti” . La pena verrà poi ridotta a 27 e infine a 17 anni. Ad oggi Patrizia Reggiani è libera e vive con la madre.
Il film
Il film ricopre l’arco temporale che va dal 1970 alla mattina del 27 marzo del 1995 seguendo pedissequamente le vicende dei protagonisti della vicenda. Nonostante la famiglia Gucci abbia dichiarato che il film abbia un taglio ben diverso da quella che era la realtà Gucci, il susseguirsi temporale degli avvenimenti è strettamente legato a quella che è la ricostruzione ufficiale dell’accaduto. Tuttavia, mancano all’appello le figure di Allegra Gucci, secondogenita nata dal matrimonio tra Patrizia Reggiani e Maurizio Gucci e il terzo membro della cosiddetta “banda Bassotti”, la mano armata ingaggiata da Lady Gucci. Ciò comunque non toglie senso e scorrevolezza alla vicenda.
“Nel nome del padre, del figlio e della famiglia Gucci”
Lady Gaga nei panni di Patrizia Reggiani
Il ritmo del film è volutamente lento, dando alla pellicola un aspetto più divulgativo/narrativo. Il regista non ha la pretesa di sconvolgere gli spettatori, che probabilmente già conoscono l’epilogo, ma piuttosto di raccontare una storia, cercando di darne un taglio personale senza distaccarsi e romanzare eccessivamente la realtà. La fotografia è fredda, rimandando la nostra mente al concetto del flashback e della narrazione. Il regista si pone al di fuori della vicenda, cercando di essere il più oggettivo possibile.
Tra le polemiche sollevate dalla famiglia Gucci c’è la rappresentazione, a loro avviso troppo giustificante e vittimistica, della figura di Patrizia Reggiani. Nonostante, per certi versi ciò sia vero, non mi trovo completamente d’accordo con questa visione. La pellicola cerca, infatti, di puntare principalmente sull’aspetto della “donna ferita sentimentalmente” tralasciando gran parte della sfacciataggine e del materialismo di Patrizia rendendo, di fatto, il personaggio più piatto. Il film cerca di rappresentare la donna nella sua completezza, riuscendoci solo fino a un certo punto. Il che però non ha, a mio avviso, valenza giustificatoria. La Patrizia dello schermo non è comunque in grado di suscitare pietismo nello spettatore, il quale non riesce ad immedesimarsi al punto di giustificarla.
La nota dolente è, inoltre, proprio Lady Gaga. Premettendo una mia totale ammirazione verso questa artista, non posso non notare come la sua interpretazione sia inferiore a quella dei suoi colleghi. Facilitata dall’estrema vicinanza fisiognomica con la vera Patrizia, purtroppo l’attrice non riesce a distaccarsi da una sua plasticità che le impedisce di racchiudere tutte le sfaccettature della vera protagonista. L’ex signora Gucci è una donna passionale, spietata e disperata. Con il divorzio ha perso tutto quello che per lei ha valore, al di là dell’amore di suo marito. Ha perso prestigio, posizione sociale e ricchezza. Una ricchezza a cui lei stessa ha contribuito e che sente esserle stata strappata via. Lady Gaga risulta piuttosto “statica” lungo tutta la pellicola, il che, messo a paragone con l’interpretazione di attori come Al Pacino, Jeremy Irons e lo stesso Adam Driver non fa che essere evidenziato.
Ma non è la sola ad aver suscitato in me qualche perplessità. Adam Driver è come sempre bravissimo nelle sue interpretazioni, una vera star in ascesa ma, credo, che anche lui non sia riuscito ad interpretare Maurizio Gucci nella sua complessità. Il Maurizio Gucci di Driver sembra essere quasi una vittima degli eventi, il classico bravo ragazzo traviato dalla manipolatrice Patrizia. La realtà dei fatti pare essere ben diversa. Maurizio Gucci falsificò la firma di suo padre per evadere il fisco e scappo in Svizzera al fine di evitare l’arresto. Insomma, non esattamente un’anima pia. Eppure, Driver non riesce a distaccarsi completamente da questa interpretazione della vittima sacrificale.
Un’ultima scelta che trovo discutibile è stata quella di rappresentare la figura di Pina Auriemma come una semplice cartomante. La verità è che Pina fosse, sì, amica e confidente della Reggiani, ma che facesse parte dell’alta borghesia napoletana. Che è poi il motivo che ha spinto la Reggiani a chiederle aiuto nel reclutamento. La signora Gucci era, infatti, convinta di un vecchio stereotipo per cui le persone di Napoli conoscano, per forza di cose, molti delinquenti. Questo dettaglio apparentemente insignificante genera un piccolo buco di trama. Per quanto tempo è stato pianificato questo piano malvagio? Ma soprattutto come hanno fatto i due della “banda Bassotti” ad entrare in contatto con le due donne? Nella pellicola tutto questo viene risolto in pochi minuti di schermo, riducendo il tutto a una scelta quasi impulsiva e non un piano studiato e premeditato per anni.
Le mie considerazioni
Il film, nel suo complesso è buono. Al di là di quelli che possono essere dei giudizi prettamente personali è una pellicola in grado di immergerci nell’ambiente dell’epoca, sfruttando anche veri filmati di repertorio (vedi la sfilata del 1995 di Tom Ford per Gucci). La regia è ben studiata e coerente con le intenzioni e la vicenda narrata. L’appunto principale è proprio sulla piattezza dei personaggi. Avrei preferito venisse conferita loro una certa tridimensionalità. Come in ogni storia non esiste mai una persona completamente buona e un’altra completamente cattiva, ma ognuno di noi ha luci ed ombre. Inoltre, il rancore e la rabbia di Patrizia vengono completamente eliminati, rendendola una semplice vittima del sentimento non corrisposto. In una pellicola della durata di quasi tre ore mi sarei aspettata maggiore enfasi nella caratterizzazione dei personaggi. Il mio consiglio è, comunque, quello di recuperarlo in sala. La bellezza e la maestosità del paesaggio in cui è ambientata la vicenda si presta a una visione su grande schermo.
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