“La più antica e potente emozione umana è la paura, e la paura più antica e potente è la paura dell’ignoto”.
Ed è la paura, in effetti, che sembra governare la vita di Howard Phillips Lovecraft: una paura per la diversità, l’insignificanza dell’uomo nei confronti di un universo indifferente e, come lui stesso scrisse, l’ignoto. Lovecraft creò un pantheon di divinità extra dimensionali, la cui sola vista avrebbe portato l’essere umano alla pazzia. Cthuluh, Yog Sothoth, Tsathoggua: tutte mostruosità partorite dalla sua mente, nel tentativo di esorcizzare l’unico, vero demone, che lo tormentò per l’intera esistenza: quello della realtà.
Lovecraft era un esperto nel creare atmosfere tenebrose e tormentanti, nel coniugare diversi generi letterari ma, soprattutto, era un maestro del terrore e dell’orrore. Egli ha ispirato numerosi artisti in campo cinematografico, musicale e letterario. Nel film La casa (1981) di Sam Raimi, ad esempio, compare il famigerato Necronomicon: il libro maledetto inventato da Howard. O ancora: nel celebre La cosa (1982) di John Carpenter, l’antagonista è un essere malevolo venuto da un altro pianeta, che si rifà alle mostruosità lovecraftiane sprovviste di una vera e propria forma. Anche Stephen King guarda Lovecraft come un genio e l’ha studiato a fondo per creare la figura di Pennywise.
Lovecraft nacque a Providence, una cittadina americana nella regione del New England, il 20 agosto del 1890.
Si potrebbe dire che la sua infanzia terminò a otto anni, quando il padre morì di sifilide. Lo scrittore di Providence, dunque, venne cresciuto dalla madre, alcune zie e il nonno. Fu proprio quest’ultimo ad indirizzarlo per primo verso la letteratura fantasy e gotica. Inoltre, nella cantina dell’anziano, Howard costruì una laboratorio chimico. Al ritrovamento dei dati dei suoi esperimenti, alcuni interpretarono le formule chimiche che utilizzava come segni magici.
Nel corso della sua vita, Lovecraft fu costretto a cambiare dimora numerose volte, spesso a causa di motivi economici. Non di rado, infatti, la sua famiglia si trovava in uno stato di povertà e miseria. Probabilmente, l’unico cambio di residenza programmato fu quello verso New York, quando lo scrittore si trasferì per raggiungere la sua sposa. Il matrimonio, comunque, terminò molto presto e Lovecraft ritornò nella sua città natale. Trascorse lì gli ultimi anni, che furono anche il periodo di tempo più prolifico per la sua scrittura. Howard morì quindi a Providence, nel 1937. Aveva solo 47 anni, ma un tumore all’intestino ebbe la meglio sull’età. Nel 1977, un gruppo di fan fece costruire una lapide commemorativa in suo onore, con la scritta: ‘I am Providence’.
“Lingue ardenti di fiamma invisibile imprimono il marchio dell’inferno sulla mia anima esausta.”
Howard Phillips Lovecraft iniziò a scrivere i primi racconti e poesie a sette anni.
La morte della nonna paterna gli provocò alcuni incubi, che gli fornirono ispirazione e idee per le sue opere. Quella che si potrebbe definire la sua prima pubblicazione avvenne nel 1906: su un giornale di Providence venne pubblicata una lettera di Lovecraft ridicolizzante l’astrologia. Poi ottenne la pubblicazione di un’altra lettera su Scientific American. In quest’ultima, Howard ipotizzava l’esistenza di un pianeta oltre l’orbita di Nettuno. Solo nel 1930 gli scienziati confermarono che si trattava di Plutone.
Lovecraft continuò a ottenere pubblicazioni sui giornali locali, specialmente di saggi e poesie. Nel frattempo, cominciò a fare quello che sarebbe stato il suo unico impiego stabile fino alla morte: revisionare testi. Ci fu una svolta solo quando venne notato dal direttore della Home Brew, una rivista quasi professionale, che gli commissionò alcuni racconti. A quel punto, Lovecraft iniziò ad avere una vita più attiva, ma solo per leggere i suoi testi in pubblico o partecipare a qualche conferenza.
L’apice della sua breve carriera, si può identificare con l’interessamento suscitato dalle sue opere nel direttore di Weird Tales.
La rivista in questione, dunque, pubblicò qualche racconto di Lovecraft. E rappresentava, senza dubbio, la migliore opportunità di mettersi in mostra che gli fosse capitata fino a quel momento. Inoltre, dopo poco tempo gli venne offerto il posto di direttore per la rivista, ma lui rifiutò. Al suo ritorno a Providence (quando il suo matrimonio era ormai terminato), Lovecraft scrisse moltissimo. Weird Tales, tuttavia, non si mostrò più tanto interessata ai suoi racconti e lo spinse a dedicarsi esclusivamente a revisioni o collaborazioni.
L’ispirazione di Lovecraft proveniva dai suoi incubi e da autori quali Edgar Allan Poe, Lord Dunsany, Arthur Machen, Algernon Blackwood e M. R. James.
Lo scrittore di Providence, inoltre, intrattenne rapporti con Forrest J. Ackerman, Robert Bloch (Psycho) e Robert E. Howard (Conan il barbaro). Nei racconti e romanzi di Howard i protagonisti sono spesso uomini che si trovano in balia di forze che neanche possono immaginare. Alle volte, essi, sono guidati dalla ricerca di una conoscenza proibita: una ricerca che non conduce mai ad un lieto fine. I personaggi hanno a che fare con un male antico in un tempo moderno, e sono destinati ad un fato terribile, a cui non possono sottrarsi in alcun modo.
Non a caso, Lovecraft fu il creatore del cosmicismo: una concezione in cui gli esseri umani sono visti come pedine insignificanti, sovrastate da potenze sconosciute e terribili, nell’enorme scacchiera dell’universo.
Tale pensiero scaturiva anche dai progressi scientifici che avvenivano nel 1900, mettendo l’uomo di fronte all’immensità e complessità dell’universo. Dalle opere dello scrittore di Providence, inoltre, traspare una vena razzista e una visione negativa della sessualità.
Noi ci illudiamo pensando di conoscere ogni cosa inerente il nostro mondo, ma non è così, e ci stupiremmo se sapessimo realmente ogni cosa o se potesse veramente esserci pace e sicurezza per tutti in questo vasto universo.
Lovecraft è famoso specialmente per aver scritto Il ciclo di Cthuluh: racconti a metà tra l’horror, il fantasy e la fantascienza, in cui l’uomo viene a contatto con segreti impronunciabili, culti blafemi e creature aliene che abitavano la Terra molto prima dell’essere umano.
Alcuni tra i racconti più conosciuti sono Dagon (1917), Il richiamo di Cthhuluh (1926), Il caso Charles Dexter Ward (1927), L’orrore di Dunwich (1929), Le montagne della follia (1931) e Il colore venuto dallo spazio (1927).
Dagon, ad esempio, narra di un uomo che ha terminato i mezzi per vivere e, prima di suicidarsi, scrive un’avventura che gli è capitata durante la prima guerra mondiale.
Il protagonista riuscì ad andare via dalla nave tedesca che lo teneva prigioniero. Una tempesta, tuttavia, lo scaraventò sulle coste di un’isola misteriosa. L’individuo cominciò ad esplorarla e capì di trovarsi in un luogo che, molto tempo prima, aveva ospitato forme di vita intelligenti. Mentre era concentrato nell’osservazione di un monolito, in ogni caso, spuntò Dagon: un mostro enorme dalle sembianze prevalentemente di pesce. L’uomo, dunque, quasi impazzì e recuperò immediatamente la bagnarola per scappare dal luogo. Dopodiché si svegliò in ospedale. La vicenda, a questo punto, ritorna al tempo presente. Il protagonista dice di sentire qualcosa che gratta alla sua porta (forse lo stesso Dagon) e, in preda al terrore, si lancia giù da una finestra.
Gli uomini di più vasto intelletto ben sanno che non esiste una netta distinzione tra il reale e l’irreale, e che tutte le cose devono la loro apparenza soltanto ai fallaci mezzi mentali e psichici di cui l’individuo è dotato, attraverso i quali prende coscienza del mondo.
Il pantheon delle creature inventate da Lovecraft si può dividere principalmente in due categorie.
La prima, quella dei Grandi Anthichi (Cthulhu, Hastur, Tsathoggua…ecc.), contiene semi dei giunti sulla terra molto prima dell’essere umano. Essi crearono grandi città, ma soccombetterro quando mutò la configurazione delle stelle nello spazio (il loro potere, infatti, era connesso ai corpi celesti). Ora aspettano d’essere resuscitati dai culti che li venerano, nel momento in cui le stelle torneranno in una posizione favorevole.
L’altra categoria, invece, riguarda gli Dei Esterni (Azatoth, Shub-Niggurath, Yog-Sothoth… ecc.) . Questi ultimi sono molto potenti e, per raggiungere i loro brutali scopi, si servono di un messaggero: Nyarlathothep. Gli Dei Esterni, cioè i governanti supremi dell’universo, hanno un modo di fare che si concilia perfettamente col cosmicismo di Lovecraft. Tali creature, infatti, sono disinteressate verso tutto ciò che riguarda l’uomo e si divertono a creare caos e distruzione.
Quella creata da Lovecraft sembrerebbe una vera e propria mitologia, che lui definiva col nome di Yog Sothothery.
In conclusione, si potrebbe confermare che Howard Phillips Lovecraft sia stato un maestro dell’orrore.
I suoi racconti hanno ispirato innumerevoli artisti in ogni campo, e non hanno ancora smesso di farlo. Il regista Stuart Gordon, negli anni ottanta del novecento, ha prodotto una carrellata considerevole di pellicole tratte dalle opere di Lovecraft. Nel panorama musicale, invece, esistono numerose band che trattano temi lovecraftiani (come gli H.P. Lovecraft). Alcuni esempi cinematografici più attuali in cui, senza dubbio, è presente lo zampino dello scrittore americano sono: The Void (Jeremy Gillespie e Steven Kostanski, 2016); Herbest West: Re-Animator (Ivan Zuccon, 2017); Ash vs Evil Dead (Sam Raimi, 2015) e Carnival Row (René Echevarria, 2019).
Il mondo dei giochi di ruolo e dei videogiochi straripa di contenuti a sfondo lovecraftiano. I recentissimi Call of Cthulhu e Sinking City, ad esempio, sono videogame horror ben riusciti per computer e consolle di ultima generazione. Di seguito, è presente un audiolibro del racconto I gatti di Ulthar (1920). Il canale Youtube da cui è tratto, Librinpillole, è un ottimo punto di riferimento per gli appassionati dello scrittore di Providence.
E ricordate il Necronomicon, il misteriosissimo pseudo libro di magia nera che, secondo alcuni, esisterebbe per davvero? Per chi non l’avesse notato, nell’ intervista speciale a Lorraine Warren per l’uscita di The Conjuring, la cinepresa inquadra per qualche istante qualcosa con la scritta ‘Necronomicon’, nel museo degli orrori…
A quanto pare, Lovecraft non vuole proprio smettere di sorprendere. L’unico peccato è che lui stesso non possa assistere al suo periodo di successo e apprezzamente più significativo. O forse, lo scrittore ha imparato ad utilizzare le arti oscure nell’aldilà e tutto ciò è frutto di incantesimo?
In ogni caso, i Grandi Antichi attendono ancora d’essere risvegliati. Cthulhu è uno di quelli che proprio non sta più nelle pelle. Non è un caso, infatti, che sia così facile trovarlo sotto forma di pupazzo, peluche, o persino in una versione rivisitata del Monopoly: pare che il grande semi dio, pian piano, stia entrando nelle nostre vite. Evidentemente, proprio come scrisse lo stesso Lovecraft: