Hypnos Magazine n.12, la rivista di letteratura weird e fantastica
Siete pronti a entrare nella quarta sala del Museo più “strano” del mondo, dedicata a Magia, Esoterismo e Stregoneria? Cosa si cela dietro la misteriosa scrittrice Lilith Blake? Siete curiosi di entrare nei meandri dl weird russo? Questo e molto altro nel dodicesimo numero della rivista Hypnos!
Illustrazione di copertina: Ivo Torello
Collana: Hypnos Magazine n.12 Rivista di letteratura weird e fantastica
Edizioni Hypnos
ISBN:9791280110015
Prezzo: 9,90 €
Pagg. 118
Disponibilità: 16/03/2021
Indice completo:
- Racconti di uno sconosciuto, editoriale di Andrea Vaccaro
- Le mani bianche, racconto di Mark Samuels
- Strana storia dell’arte IV: Magia, Stregoneria, Occultismo, di Ivo Torello
- Il Tango è uno stregone, racconto di Livio Cazzulani
- Nel mio garage il soldato brucia, racconto di Jacopo De Ponti
- Malcom Skey. Tra fantasmi… e no, di Francesco Ceccamea
- Il ritorno, racconto di R. Murray Gilchrist
- Il gothic weird di R. Murray Gilchrist, di Andrea Vaccaro
- Weird Library
- Intervista a Nathan Ballingrud, di Laura Sestri
- Sull’orlo della catastrofe. Il weird russo di Alexandr Ivanov e Leonid Andreev, di Laura Sestri
- Lui. Racconto di uno sconosciuto, racconto di Leonid Andreev
Da Le mani bianche, racconto di Mark Samuels
Muswell fece scattare l’interruttore e una singola lampadina appesa al soffitto e penzolante a metà strada dal pavimento nudo rivelò la misera stanza. Su ciascuna delle pareti sfilavano lunghe librerie zeppe di volumi. In un angolo c’era una poltrona con un poggiapiedi e un tavolinetto rotondo su cui traballava precariamente una pila di libri. All’angolo opposto una stufa a gas Calor dall’aspetto pericoloso. Muswell portò un’altra sedia (con la seduta e lo schienale di tela) da una stanza comunicante e mi invitò a sedermi. Poco dopo dalla stessa stanza trascinò dentro un grosso baule. Era estremamente vecchio e recava il monogramma “L.B.” sul fianco. Aprì il baule con aria solenne e poi si sedette a sua volta, accendendo un’altra sigaretta, lo sguardo fisso sul mio viso.
Tirai fuori da una tasca un taccuino e, estraendo dal baule fasci di manoscritti, cominciai a scorrerli. I testi erano intensamente morbosi, e più che strani, proprio quello che mi serviva per l’articolo. E ce n’era una montagna da esaminare. Nel frattempo Muswell fece un’osservazione malinconica, di punto in bianco, il cui significato mi fu chiaro soltanto molto tempo dopo.
“La solitudine” disse “può condurre un uomo in regioni mentali di una stranezza estrema.”
Annuii distrattamente. Avevo trovato una piccola scatola e, aprendola, la mia eccitazione era cresciuta. Conteneva un ritratto fotografico color seppia di Lilith Blake, datato 1896. Era il primo che vedevo, e doveva essere stato scattato proprio nell’anno della sua morte. La sua bellezza era assolutamente straordinaria.
Muswell si sporse in avanti. Sembrava che osservasse la mia reazione con interesse raddoppiato.
I capelli corvini e lussureggianti di Lilith Blake scendevano in riccioli fino alle spalle. Il volto era ovale, e terminava in un piccolo mento appuntito. Gli occhi, molto distanti e penetranti, sembravano scrutare attraverso la vastità dell’abisso che ci separava. Il collo era lungo e pallido, la fronte bombata, con le tempie incorniciate da ricci ribelli. Le labbra carnose erano leggermente dischiuse e i piccoli denti affilati luccicavano candidi. Attorno al collo portava un filo di perle e indossava un abito di velluto nerissimo. Le mani più delicate e graziose che avessi mai visto erano ripiegate sul petto. Sebbene la pelle di alabastro del volto e del collo fosse estremamente pallida, le mani lo erano ancora di più. Erano più bianche della neve più pura. Era come se la luce del giorno non le avesse mai toccate. Ero meravigliato dalla lunghezza delle dita aggraziate.
Devo essere rimasto seduto lì per un po’, in silenziosa contemplazione di quell’immagine inebriante. Muswell, che si stava spazientendo, alla fine interruppe la mia fantasticheria in maniera estremamente violenta e gratuita. Mi strappò di mano la fotografia e la tenne in alto mentre parlava alzando la voce in un acuto febbrile:
“Ecco la disperazione irreparabile di una perseguitata dalla notte. Una che è scesa volontariamente nella tomba con nel cuore una nera estasi anziché la paura!”
Potei solo restare lì seduto in un silenzio esterrefatto. Muswell mi sembrava prossimo a un totale collasso nervoso.
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