Su Netflix torniamo nelle angoscianti atmosfere del Buco, alla scoperta di nuovi personaggi e nuove disperate storie
Era un Mondo ancora pre-pandemico quello che nel 2019 si lasciava scioccare da Il Buco: film spagnolo comparso nel catalogo di Netflix. L’esordiente Galder Gaztelu-Urrutia aveva impressionato vincendo il Festival di Sitges e ricevendo il premio del pubblico al Toronto Film Festival. Fu allora che Netflix si lancia ad acquisire il film per metterlo nel suo catalogo, sperando in un’eco mondiale. Così fu, grazie anche al passaparola che ne consacrò il definitivo successo. Cinque anni dopo, in un Mondo (forse) ancora peggiore, è uscito su Netflix un nuovo film de Il Buco.
Cibo e lotta sociale
La premessa de Il Buco era, al contempo, semplice ed anche molto efficace. Molti detenuti e qualche volontario si trovano rinchiusi in una prigione verticale su più livelli. Ogni livello ha due detenuti che ogni mese (se resistono) cambiano livello, al di sopra o al di sotto non dipende da loro. La fossa conta 333 livelli per un totale di 666 detenuti. Prima di entrare viene chiesto loro un oggetto da portare all’interno e il loro piatto preferito, che ogni giorno verrà servito. Il cibo, però, arriva una volta al giorno su una piattaforma che attraversa tutti i piani. I detenuti hanno pochi minuti per cibarsi, prima che scenda al piano inferiore. Quindi chi sta in alto ha più scelta e più possibilità di trovare cibo. Questa è una metafora della piramide sociale che crea disuguaglianze nella società, qui riproposta esasperandone le disparità.
Ordine e caos
Il Buco: Capitolo 2 si apre con il risveglio di Perempuan (Milena Smit), giovane artista gravata da una colpa nel suo passato, che ha per compagno di livello Zamiatin (Hovik Keuchkerian). Il gigantesco uomo, affetto da gravi turbe psichiche, ha un passato ancora più oscuro di Perempuan. Da subito notiamo che esiste più ordine e collaborazione tra i vari livelli. Ognuno cerca di mangiare solo il suo piatto preferito, perché in caso contrario interverranno gli Unti. Questi sono membri di una setta che segue gli insegnamenti di un Messia che ha sacrificato la propria carne per aiutare il prossimo. Riferimento cristologico solo accennato, perché gli Unti si dimostrano un vero braccio armato capace di punire chi non rispetta il cibo altrui. Però forse proprio dal tentativo di ordine nasceranno le rivoluzioni del caos!
Homo Homini Lupus
Come scrisse Pluto, poi ripreso da molti filosofi: l’uomo è un lupo per il suo prossimo. Qui ci troviamo esattamente in quella situazione: individui, per la maggior parte pericolosi, che devono coesistere in uno spazio ristretto sopravvivendo con il poco cibo. Alla fine del primo film il protagonista Goreng capiva realmente il messaggio della Fossa, mentre cercava un’impossibile via di fuga. Solo salvando una bambina al livello 333, facendolo uscire con la risalita della piattaforma, avrebbe dimostrato che c’è ancora speranza per tutti loro.
La panna cotta non è il messaggio. La bambina è il messaggio!
Un film interessante ma non dirompente
Urrutia ha una buona regia quando inquadra i livelli in situazioni statiche. Molto meno quando ci sono scene d’azione in spazi ristretti, rendendo le sue inquadrature strette confusionarie. L’ottima fotografia è però un punto di forza de Il Buco: Capitolo 2. Giocata tutta sui toni di grigio delle pareti, rende l’atmosfera claustrofobica anche per lo spettatore. Un punto che si riconferma ancora a favore è pure la colonna sonora. Martellante come il ticchettio di un rumoroso orologio, crea ancora più pathos man mano che il film prosegue. Nonostante dei personaggi interessanti, una buona sceneggiatura e trovate che vi sorprenderanno parecchio: reputo il film del 2019 superiore, forse anche per l’effetto novità.
Purtroppo non posso dirvi di più per non rovinarvi la visione, a parte che consiglio caldamente un rewatch del primo film. Il motivo lo capirete da voi, anche per la scena dopo i primi titoli di coda!
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