In questo mese che vede David Cronenberg tornare sugli schermi del festival di Cannes con il suo nuovo lavoro The Shrouds, riscopriamo una sua opera che compie cinquant’anni, ma che per tematiche e intuizioni è di un’attualità sconcertante: Il demone sotto la pelle.
LA TRAMA
All’interno di un complesso residenziale esclusivo ed ultramoderno uno scienziato compie oscuri esperimenti e causa un’epidemia che scatena gli istinti primordiali dei contagiati. La situazione degenererà in fretta…
IL PATTO CON LO SPETTATORE
Con Il demone sotto la pelle (dopo due corti che già ne ponevano le basi) Cronenberg inizia a mettere in chiaro che la tematica del suo cinema non sarà convenzionale e non si nasconderà nei canoni del genere. Il demone sotto la pelle è da subito un film che porta in se il seme stesso della cinematografia del grande regista canadese e non esita a trascinare chi guarda, fin dal primo minuto, al centro di una storia malata, infetta, contagiosa. Una storia di scienza che cerca le origini degli istinti e di tecnologia che isola invece di integrare. Gli ingredienti ci sono tutti insomma, e anche se i dosaggi forse non sono ancora perfetti, lo Chef è già in cucina.
INNOVARE PER REGREDIRE
Fin dagli inizi quindi, la ricerca e la scienza sono, nell’opera di Cronenberg, il perno attorno al quale costruire una vicenda che metta a nudo l’umana fragilità in tutte le sue forme. Lo scienziato che usa umani come cavie e dà il via al contagio lo fa per mezzo di una veicolo di carne, una parassita che introducendosi nei corpi dei soggetti li riduce ad uno stato di puro istinto, inibendo la loro razionalità a vantaggio di un primordiale appetito sessuale. La scienza quindi si interroga sul suo ruolo nel corso dell’umano sviluppo e cerca di porre rimedio all’eccessivo sopirsi di quegli impulsi che rendono un umano ancora parte della categoria animale.
Senza addentrarci in questioni filosofiche potremmo pensare che con Il demone sotto la pelle Cronenberg abbia voluto posizionare uno dei primi grandi tasselli di quel suo personalissimo puzzle che ritrae la metamorfosi in tutte le sue forme. Il sesso come atto liberatorio che riporta l’uomo alla sua natura senza compromessi e finisce per diventare un elemento di distruzione.
LA TECNOLOGIA CHE DIVIDE
Altra grande questione che Il demone sotto la pelle pone sotto i riflettori è la tendenza (soprattutto tra gli anni ’70 e ’80 ma ancora oggi) delle classi più abbienti di isolarsi dal resto del mondo per un senso di auto-conservazione e di paura di perdere i propri privilegi. L’idea di un complesso residenziale chiuso al mondo esterno ed elitario proprio in quegli anni prendeva piede anche in Europa, dove iniziarono a nascere quartieri “isola” molto esclusivi e sorvegliati che cercavano di dare un senso di protezione ai propri ricchi abitanti.
Il lussuoso complesso delle Starliner Towers dove si consuma la vicenda assume quindi anche la valenza di un campo di battaglia sociale. Un luogo dove la sicurezza degli abitanti dovrebbe essere tutelata dalla pericolosità del mondo comune e che diventa invece incubatrice di un male irrazionale, istintivo e animalesco. In male che proprio da questa culla tecnologica partirà per infettare il mondo, in una sequenza finale inquietante che richiama le atmosfere zombesche di George Romero.