Il fantasma del palcoscenico (Phantom of the Paradise) è un musical del 1974 che mescola diversi generi. Realizzato da uno dei registi più importanti della New Hollywood: Brian De Palma. Fu inizialmente un flop ma in seguito è diventato un cult, un’opera imprescindibile per qualsiasi appassionato di cinema.
Trama (Il fantasma del palcoscenico): Il compositore Winslow Leach viene arrestato per aver tentato di recuperare gli spartiti che un magnate della musica gli aveva rubato. Dopo un incidente che gli ha sfigurato il volto va in cerca di vendetta.
Una reinterpretazione geniale di classici come Il Fantasma dell’opera, Faust e Il Ritratto di Dorian Gray.
Brian De Palma è stato uno dei registi più influenti della New Hollywood, se pensiamo che già nel 1974 realizzava Phantom of the Paradise, un film avanti con i tempi, precedendo di un anno anche l’originalissimo musical The Rocky Horror Picture Show. Lo stile di De Palma è inconfondibile, virtuosismi ed estetica che hanno influenzato moltissimi autori contemporanei. L’uso dei movimenti di macchina, dei colori, l’attenzione al montaggio e a tecniche ancora poco sfruttate come lo split-screen. Fra i suoi film più importanti, oltre a questo, Carrie (1976), Vestito per uccidere (1980), Blow out (1981), Scarface (1983), Omicidio a luci rosse (1984), Gli intoccabili (1987) e Carlito’s Way (1993).
Un cinico produttore musicale, Swan (interpretato dal genio della musica Paul Williams che ha anche composto la colonna sonora del film), ruba la musica dell’artista Winslow (interpretato da William Finley), per poi incastrarlo e disfarsi di lui. Quando il malcapitato riesce a fuggire dalla prigione viene ferito e diventa quindi quel fantasma sfigurato e mascherato. Determinato a distruggere Swan ed il suo teatro, ma soprattutto proteggere l’ingenua e talentuosa cantante Phoenix (interpretata da una splendida Jessica Harper). Nella sceneggiatura originale, il perfido Swan si chiamava Spectre, ispirato dal produttore musicale Phil Spector.
«Non cantare più la mia musica, né qui né in nessun posto, hai capito?! La mia musica è per Phoenix, solo lei può cantarla, chiunque altro la canti, muore!»
Winslow Leach interpretato da William Finley
Una pietra miliare nel suo genere, non etichettabile soltanto con il musical perché diventa anche un horror grottesco e sopra le righe. Il regista attinge un po’ da tutti i generi cinematografici, mettendo da parte il realismo. Non sappiamo più cosa sia reale o parte di uno spettacolo. Ritroviamo anche le ossessioni di De Palma per il voyeurismo, quasi sempre presente nei suoi film. Oltre al Fantasma – quando segue ed osserva Swan e Phoenix – qui anche i filmati di sorveglianza entrano in questo meccanismo voyeuristico. Fra i brani più memorabili c’è sicuramente Old Souls, cantata dalla bravissima Jessica Harper:
Un film innovativo e unico nel suo genere
Alcuni elementi della storia del Faust, Il Fantasma dell’Opera e Il ritratto di Dorian Gray si mescolano per creare un racconto all’apparenza classico e ambientato in tempi moderni (dell’epoca in cui è stato girato). Il titolo originale Phantom of the Paradise si riferisce al nome del teatro, il Paradise. Il film funziona sia come esplorazione della forma (in questo caso quella del musical, contrapponendosi alla frenesia del rock n’ roll degli anni 60/70) che come satira beffarda dell’industria musicale. La colonna sonora scritta da Paul Williams (interprete di Swan) è basata sulla storia di Faust. Williams e De Palma si spingono oltre creando una varietà di generi musicali e stili, l’unica costante nei diversi atti di Swan è l’enfasi dei testi sulla morte ed il male trionfante.
De Palma usa la musica del film soprattutto per approfondire indirettamente i suoi personaggi. Le performance musicali diventano l’esposizione più libera dei due protagonisti, Winslow e Phoenix. L’azione passa da una scena all’altra deliberatamente come i fotogrammi di un fumetto, la recitazione è intenzionalmente sopra le righe ed i colori sono spesso accesi, con una prevalenza del rosso. Il personaggio di Phoenix, interpretato da Jessica Harper (prima del Suspiria di Dario Argento) è la protagonista perfetta che sopporta ogni umiliazione per poter cantare, a costo di diventare anche lei un personaggio corrotto. Infatti si ritrova a cedere davanti a Swan ed il suo abuso di potere. Phoenix, rassegnata, finisce per diventare quasi colpevole del suo stesso sfruttamento, come lo sono i fan che idolatrano Swan e quindi lo fanno diventare ancora più potente.
Virtuosismi tecnici
Pochi registi usano lo split-screen in modo così creativo come Brian De Palma, abile nel dividere lo schermo non soltanto tracciando una linea retta. Nel corso della sua carriera, il regista ha sperimentato molto con le inquadrature, aiutandosi anche con specchi, finestre ed altri elementi di scenografia. Fra le scene più memorabili, quella con i Juicy Fruits, la band scelta da Swan per cantare la canzone di Winslow. Ma Winslow aveva già deciso, soltanto Phoenix può cantare il suo Faust, e cerca in tutti i modi di sabotare la scena.
Un’altra sequenza a schermo diviso arriva poco prima del climax, quando Winslow entra negli archivi della Death Records e trova videocassette e filmati di sorveglianza. I video rivelano un patto che Swan aveva fatto in passato con il diavolo, bramando l’eterna giovinezza. Il video prosegue con un suo piano per uccidere Phoenix durante il matrimonio/concerto in diretta televisiva.
La scena del patto con il diavolo è molto interessante proprio perché si tratta di un flashback rivelatore mostrato attraverso una videocassetta di sorveglianza. Per il dialogo con il diavolo, De Palma usa gli specchi per dividere lo schermo, mentre vediamo il giovane Swan sdoppiato, un alter ego che ha preso forma. Con i riflessi di Winslow sui monitor, a riflettere è anche la sua frammentazione psichica, adesso che ha più di un obiettivo: proteggere il suo Faust, salvare Phoenix, uccidere Swan, rompere il contratto che lo lega a Swan.
Per concludere
Il Fantasma del palcoscenico è un’opera anticonvenzionale plasmata da tutte le ossessioni del suo regista, che tinge il suo film di una crudele ironia. Ogni scena è realizzata con una ricerca stilistica maniacale e con un linguaggio filmico davvero originale per quegli anni. L’anno successivo usciva un altro grande musical diventato cult: The Rocky Horror Picture Show, forse meno ambizioso ma più provocatorio del film di De Palma.
Phantom of the Paradise è forse la rappresentazione più personale dello stile di Brian De Palma, audacemente sfrenato ed esteticamente affascinante. Non basta una sola visione per soffermarsi su tutti i dettagli ed apprezzare veramente questo film fuori dal comune, fra i più innovativi degli anni ’70.
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