Il morso del coniglio (Run Rabbit Run) di Daina Reid è sbarcato su Netflix il 28 giugno, attirando subito l’attenzione degli utenti.
Trama del film
Sarah, una dottoressa della fertilità, sta affrontando un momento difficile dopo la morte del padre. Mia, sua figlia, inizia improvvisamente a comportarsi in modo strano, rievocando un passato che Sarah aveva tentato invano di dimenticare.
Recensione (no spoiler)
Il morso del coniglio è un thriller psicologico che inizia con ottime premesse, per poi perdersi pian piano con il passare dei minuti. L’incipit è interessante: ci troviamo di fronte a una situazione familiare complessa, satura di dolore e dilaniata dai conflitti.
C’è Sarah, la protagonista (interpretata da un’ottima Sarah Snook), che sta cercando di elaborare la morte del padre e che, fin dal primo momento, ci viene mostrata come una donna sola per la quale la figlia, Mia, è l’unico conforto. C’è Mia che, allo stesso modo, soffre per la morte del nonno e che vorrebbe conoscere la nonna, con cui però Sarah ha un pessimo rapporto. Il recente lutto, le divisioni familiari, la giovane età di Mia, l’incomunicabilità tra la madre e la figlia sono tutti ottimi ingredienti per un thriller psicologico che cattura subito l’attenzione dello spettatore, per poi perdersi inevitabilmente nei meandri del “già visto” e di uno sviluppo non all’altezza dell’idea iniziale.
Certo, Il morso del coniglio a livello tecnico è pressoché impeccabile, soprattutto per quanto riguarda una fotografia che può avvalersi dei maestosi paesaggi australiani per creare delle inquadrature mozzafiato. Anche la recitazione è ottima, soprattutto per quanto riguarda l’interpretazione di Snook, perfetta nei panni di una madre sull’orlo della distruzione psicologica. A ben vedere, Il morso del coniglio, sconta quel difetto congenito che caratterizza molti dei lungometraggi prodotti o distribuiti da Netflix: la confezione è ottima, ciò che c’è dentro meno, molto meno. Anche la regia è buona ma, nonostante qualche ottima trovata nell’incipit, resta sempre piuttosto piatta, anonima.
Uno sviluppo problematico
Il problema principale del film è il suo sviluppo: l’idea c’è, l’incipit è perfetto, la conclusione non troppo banale, ma tutto ciò che c’è in mezzo non funziona e finisce per risultare ripetitivo e prevedibile. Il film cade nel già visto, nel cliché, nello stereotipo, trasformandosi in un “guscio vuoto”, proprio perché propone allo spettatore una serie di sequenze ben confezionate, ma prive di qualsiasi spessore narrativo, talvolta addirittura svuotate di significato. E’ proprio la sceneggiatura a risultare fallace, presentando nello sviluppo anche tratti che risultano incoerenti alla luce del plot twist finale.
Insomma, una buona idea di base, un’ottima fotografia e l’interpretazione di Sarah Snook rendono questo film guardabile, a tratti anche godibile, ma assolutamente non memorabile né pienamente sufficiente.
Analisi (spoiler)
Il morso del coniglio è un film costruito sul lutto, sull’elaborazione di questo e sul rimosso che, come ci ricorda Freud, è sempre destinato a tornare. Uno dei pregi della pellicola è quello di non ricorrere a spiegoni finali, col tentativo di razionalizzare tutto ciò che si è visto fino a quel momento: Il morso del coniglio è un film che chiede di essere interpretato anche se diversi elementi sembrano guidare lo spettatore verso un’interpretazione ben precisa.
Il film, in un movimentato finale, ci mostra come sia stata proprio Sarah, in giovanissima età, a uccidere la sorella Alicia, gettandola da un dirupo. Comprendiamo, inoltre, che gran parte di ciò che abbiamo visto (in particolare per quanto riguarda gli strani comportamenti di Mia) è stata tutta una grande allucinazione di Sarah: lo capiamo nel momento in cui vediamo che gli strani e inquietanti disegni che abbiamo attribuito a Mia sono stati fatti in realtà proprio da Sarah. Anche il finale, in cui la madre vede Mia e Alicia camminare insieme verso l’orizzonte, è simbolo di un’allucinazione di cui Sarah non può più liberarsi.
Il ruolo del coniglio
Il coniglio, che troviamo anche nel titolo del film, ha un ruolo simbolico cruciale: rappresenta un vero e proprio ritorno del passato, un’incursione improvvisa. Sarah e Mia lo trovano di fronte a casa, proprio nel giorno del settimo compleanno della bambina; sette anni, la stessa età che aveva Alicia quando Sarah l’aveva spinta nel vuoto, condannandola a morte certa. L’età, la somiglianza fisica e altri piccoli dettagli portano Sarah a rivedere inconsciamente Alicia nel corpo di Mia: è per questo che il rimosso, accompagnato dal senso di colpa, riemerge con grande prepotenza causando continue allucinazioni alla donna. La ferita si riapre e comincia a sanguinare, infettandosi sempre di più. Simbolicamente, ma non solo: il morso del coniglio incarna il passato che attacca il soggetto, aprendo una ferita da cui il rimosso (sottoforma di allucinazione) comincia a sgorgare senza alcun freno.
E’ il coniglio, quindi, l’oggetto perturbante dal quale scaturisce la narrazione. Il coniglio è il passato. E dal passato non si può fuggire…
VOTO
Il film è disponibile su Netflix.
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