Voglio parlarvi di un libro che mi ha fatto tornare bambino. Avevo 14 anni quando nel 1997 lessi Il Tunnel dell’Orrore di D.R. Koontz. All’epoca compravo tutto ciò avesse in copertina schizzi di sangue e atrocità e il tempo ha dimostrato che i miei gusti non sono cambiati.
Una notte – era estate e potevo restare sveglio quanto volevo – aspettai che finisse Festivalbar per gustarmi Notte Horror su Italia1, e m’imbattei in The Funhouse, film di Tobe Hooper del 1981. Sin dalle prime battute, credetti che il regista di Non aprite quella porta avesse trasposto per il cinema il romanzo di Koontz.
Quattro adolescenti decidono di trascorrere una notte al luna park e si accampano nel tunnel dell’orrore dove vengono assaliti dal figlio deforme del proprietario dell’attrazione.
Solo che quando il film finì, ricordo che ne rimasi deluso. Non era bello come il libro che mi aveva terrorizzato e incollato alla pagina. Era un tascabile edito da Fanucci, lo stesso che ho ritrovato qualche giorno fa su un vecchio scaffale. Ho soffiato via la polvere e l’ho riletto d’un fiato.
Più andavo avanti con la lettura, più mi rendevo conto che il film di Tobe Hooper sviluppa solo le ultime cento pagine del romanzo di Koontz. Le prime duecento raccontano una storia molto più spaventosa, ricca di fascino e mistero, e sono di preparazione alla notte che i protagonisti trascorrono nel luna park.
Perché Hooper non ha rispettato la storia de Il Tunnel dell’Orrore di Koontz?
Perché ha tralasciato le parti più succulente?
Semplice: il film di Hooper non è tratto dal libro, ma viceversa. Ci troviamo di fronte a un caso di romanzo tratto da film. Nel 1980, la Jove Books chiese a Koontz di scrivere una versione romanzata di una sceneggiatura che sarebbe stata realizzata da Tobe Hooper.
“Il copione era buono ma offriva materiale sufficiente a non più del 20% di un romanzo”
Parola di Koontz. È vero: le sceneggiature sono superficiali se paragonate ai romanzi e Koontz dovette creare un passato per tutti i personaggi e una trama che li conducesse al luna park solo negli ultimi capitoli.
“Non cominciai a usare la sceneggiatura finché non ebbi scritto quattro quinti del libro”
Quando la Jove pubblicò Il Tunnel dell’Orrore, decise di farlo uscire nelle librerie insieme al film, solo che il film fu trattenuto per questioni di montaggio e il libro arrivò sul mercato tre mesi prima di Funhouse di Hooper.
“Sorprendentemente” – dice Koontz – “il libro vendette in poco tempo un milione di copie e continuò a vendere finché non uscì il film.”
Come mai le vendite del romanzo crollarono dopo l’uscita del film?
Risponde l’autore stesso affermando che secondo lui Hooper realizzò uno dei suoi film minori. E sono d’accordo. Il pubblico si aspettava qualcosa di scioccante come Non aprite quella porta, dove sangue e violenza erano filmati senza pudore, e non un horror per teenager di cui Funhouse è un modello classico. Chi usciva dal cinema deluso dal film di Hooper, sconsigliava l’acquisto del libro di Koontz e in poco tempo il passaparola danneggiò le vendite del romanzo, che tornò alla ribalta dopo qualche anno grazie alla MCA Publishing e alla Barkley Books, che lo ripubblicarono col vero nome di Dean Ray Koontz.
L’autore, infatti, nel 1980, l’aveva scritto nascondendosi dietro lo pseudonimo di Owen West in quanto la Jove Books aveva sperato di lanciare un nuovo nome commerciale nel campo della letteratura dell’orrore. Non immaginava che di lì a poco Koontz sarebbe diventato, alla stregua di Stephen King, uno degli autori più prolifici e pagati per le sue storie da brivido.
Se amate libri dell’orrore genuini, raccapriccianti, figli degli anni ottanta quando l’horror era in piena salute, fate di tutto per rimediare Il Tunnel dell’Orrore.
Purtroppo è fuori catalogo da un pezzo, se non lo trovate su Ebay… potreste provare ad allungare una mano sull’ultimo scaffale della vostra libreria.
a cura di Filippo Santaniello
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