Il binomio musica-cinema ha sempre dato vita a lavori interessanti, ancor più se si prende in considerazione il nostro amato cinema horror. Rob Zombie e John Carpenter sono solo due tra i nomi che possono venire in mente con questa associazione. Ma anche in Italia abbiamo un musicista che si è misurato con il nostro genere preferito, sfornando titoli di tutto rispetto. Dopo il precedente Shadow (che vi consiglio caldamente di recuperare) esce oggi 1 agosto 2024 nelle sale italiane The Well, il nuovo feroce horror di Federico Zampaglione. Dopo averlo visto in anteprima ho avuto l’opportunità di porre a Federico qualche domanda sul suo nuovo film e non solo, cercando di esulare dalle solite formalità per dar fondo a qualche curiosità che mi è sorta dopo la visione del film. Spero di avervi regalato un’ intervista diversa dalle solite e con qualche punto di vista più personale e approfondito sul mondo cinematografico di Federico.
Quando generalmente si pensa al genere horror la musica che lo accompagna è generalmente molto dark, con tinte oscure e violente. Gli viene spesso associato il genere metal, ad esempio, sonorità diversissime invece dalle tue. Come coniughi queste due parti così differenti? C’è una sorta di dualismo come luce/ombra, bene/male, oppure per te sono strettamente correlate?
Innanzitutto va detto che la musica è una componente importantissima per un film horror, perchè ovviamente ti aiuta tantissimo a creare le giuste atmosfere, la giusta tensione. Non è detto però che debba essere per forza una musica sentita e risentita. Si può anche sperimentare molto e quindi diciamo che su The Well le musiche hanno varie tinte. Inizia con una musica quasi malinconica con un arpeggio di chitarra fatto da me che apre subito su una dimensione più introspettiva che non ti aspetteresti e che ti fa entrare in maniera diversa nel film. Poi ci sono vari ambienti sonori, magari a volte non ti sembra neanche di sentire in maniera chiara, ma in realtà agiscono molto sull’atmosfera complessiva. Ci sono le musiche di Oran Loyfer, con cui abbiamo ricercato delle sonorità vocali bassissime che hanno dato una bella sfumatura al film, quasi una eco medievale a tratti; e poi ci ha lavorato anche mio fratello Francesco e Luca Chiaravalli, quindi sono musiche fatte a più mani. E’ stato un lavoro molto lungo proprio perchè volevo allontanarmi da certi clichè e creare una tessitura sonora che ti avvolgesse piano piano. C’è voluto molto tempo per trovare questa quadra.
Hai dichiarato di amare profondamente e da sempre questo genere perchè, cito:” parla all’animo umano” qual è il film horror, o più di uno, che ti ha fatto innamorare del genere e ti ha fatto pensare di voler anche tu girarne uno?
La mia passione per il genere horror è nata un giorno che mio padre mi portò al Luna Park ero molto piccolo, avrò avuto 5 o 6 anni. Mi portò nel tunnel degli orrori, io non avevo idea che esistesse una realtà o una dimensione horror, non mi era mai capitato di trovarmela di fronte e essere sparato su quel trenino, insieme a mio padre e mio fratello, dentro questo tunnel degli orrori fu un’esperienza indimenticabile perchè sia da un punto di vista visivo che acustico era veramente terrorizzante. E quindi io uscii dal giro ero da una parte scioccato e da una parte elettrizzato perchè avevo visto per la prima volta questi mostri, queste creature spaventose in queste ambientazioni tetre e terrificanti, tra l’altro era fatto davvero molto bene quel tunnel degli orrori…
E da lì iniziai a interessarmi a tutto ciò che aveva a che fare con l’horror, dai fumetti alle grandi icone; a Natale mi facevo regalare i pupazzetti delle grandi icone horror classiche, il licantropo, il vampiro, la mummia…e poi piano piano sono approdato al cinema quando ero un po’ più grande e potevo guardare i film vietati ai minori di 14 anni. Quindi lì mi son nutrito molto dei film della nostra tradizione italiana. Mi ricordo un film che mi scioccò molto e mi diede una scossa fortissima fu L’ aldilà di Lucio Fulci . Quello lo vidi in sala e mi ricordo che mi colpì tantissimo. Non avrei però mai pensato che nella vita, soprattutto avendo preso tutta un’ altra strada, mi sarei ritrovato a fare il regista di film horror. Questo ti fa pensare che, alle volte, le grandi passioni portano a far succedere delle cose quando non ci avresti mai scommesso e mai pensato.
In The Well ci sono vari elementi. C’è la fiaba gotica, il sovrannaturale, l’onirico ed allo stesso tempo una violenza molto fisica e reale. Come ti è venuta l’ispirazione per questa storia e come sei riuscito ad amalgamare assieme tutti questi ingredienti in modo che funzionassero?
Si è vero, The Well è un film che si muove in maniera inusuale, perchè appunto ha una struttura iniziale legata molto al cinema gotico. L’ antico palazzo nobiliare, la duchessa, la restauratrice che viene da lontano, l’antico quadro medievale, ha tutte queste atmosfere legate alla tradizione del gotico, ma poi viene innestata una parte molto più moderna che invece va a parare su un cinema molto più contemporaneo, più scioccante più legato ad una certa violenza grafica. Per cui io ho voluto con questo film rompere gli argini, rompere gli schemi, mettere il gore assieme al sovrannaturale, il gotico assieme a tutto un cinema più di oggi, proprio perchè l’horror deve anche essere qualcosa di imprevedibile, qualcosa che ti spiazza, perchè se no, se si seguono i filoni in maniera troppo purista e tradizionale, si rischia che i film siano poi tutti un po’ simili. Cioè guardi il film con la casa infestata e non c’è mai una goccia di sangue, mai una scena gore e viceversa. Con The Well ho voluto dare una mia personale visione che unisse un po’ il classico con il moderno ed andasse ad aggredire lo spettatore più a 360 gradi, colpendo un po’ da vari angoli. L’idea mi è venuta tanti anni fa perchè chiesi a mia moglie qual è una cosa che ti terrorizza? E lei mi rispose: il pozzo.
Il pozzo del titolo mi fa pensare alla profondità dell’animo umano, quello in cui sono nascoste le nostre più profonde paure. Nel caso di The Well c’è un mostro che è strettamente legato al passare del tempo. C’è qualcosa di biografico? La paura del tempo che passa è forse in fondo al tuo animo ed è la tua paura più grande?
Il pozzo ti fa pensare alla profondità dell’animo umano… Sì, il pozzo è un luogo di cui non conosciamo il fondo. quindi c’è anche un grande mistero legato al pozzo ed è un luogo che in effetti anche a me ha sempre messo abbastanza i brividi. Sin da ragazzino, quando andavo in una casa che aveva un giardino con un pozzo, mi veniva istintivo tenermi un po’ alla larga, avevo paura magari di caderci dentro, è sempre stato un qualcosa che mi inquietava. Il passare del tempo è invece uno dei grandi temi, una delle grandi paure e delle grandi realtà che un essere umano deve affrontare. Io credo che in ognuno di noi ci sia la paura del passare del tempo perchè, soprattutto mano a mano che si va avanti, il tempo diminuisce e questa è una sensazione che poi incide molto. Allo stesso tempo però, ora il mio tempo cerco di impiegarlo nel migliore dei modi. Sempre più facendo cose che mi piace fare, sempre più frequentando persone che mi piace frequentare ed eliminando invece tutto quello che capisco che non è cosi importante per me.
Quini capisco che il passare del tempo spaventa ma ti dà anche la possibilità di conoscerti meglio e di impiegarlo nel modo migliore possibile. E un grande dilemma comunque e non credo che qualcuno non ci pensi.
Linda ha un personaggio importante all’interno del film, un personaggio chiave, si può dire. Com’è stato lavorare con tua figlia e dirigerla nel suo primo ruolo?
Sì, Linda ha fatto un personaggio molto importante per questa storia ed è riuscita secondo me a interpretarlo molto bene. Devo dire che sul set abbiamo avuto un rapporto molto simile a quello avuto con gli altri attori. Lei è molto professionale e ci teneva che il nostro rapporto sul set fosse, appunto, professionale ed io concordavo. E’ stata molto creativa e molto sensibile sul set e credo che abbia ereditato dalla madre (Claudia Gerini, ndr) un grande istinto per la recitazione, una grande naturalezza… quel recitare senza pensarci. In più il film è girato in inglese e per fortuna lei è bilingue e quindi andava alla grande con l’inglese. Sono stati momenti molto belli di cui non mi dimenticherò mai. E’ bello trovarsi a fare arte con la propria figlia, è una cosa meravigliosa!
Come ho dichiarato nella recensione (che trovate cliccando qui) il mio personaggio preferito del film è il guardiano del pozzo, interpretato da Lorenzo Renzi. Mi è piaciuto cosi tanto come l’ha caratterizzato che è entrato di diritto nella mia top dei cattivi del 2024. E’ un personaggio muto e si esprime tramite versi, tic, alternando movimenti lenti e cadenzati a scatti di una violenza incredibile. E’ proprio cosi che lo avevi immaginato, con quello sguardo un po’ fuori dal mondo, o Renzi ci ha messo del suo nell’interpretazione? Sono curiosa…
Concordo che il personaggio di Arruda, interpretato da Lorenzo Renzi, sia veramente un personaggio che colpisce. Anche andando in giro per i festival, in giro per il mondo, quando arriva lui in scena si percepisce una certa tensione nell’ aria, il pubblico viene proprio colpito dalla sua presenza e dalla sua fisicità. Va detto innanzitutto che per interpretare quel ruolo in The Well è ingrassato trenta chili, quindi ha compiuto uno sforzo fisico veramente notevole e con una volontà ed un coraggio non da tutti. Renzi è un attore veramente ispirato, che ti propone tante idee, per cui io ad un certo punto ho visto che lui aveva molto ben chiaro dentro di sé questo personaggio. Io gli mandai dei bozzetti, dei disegni di come me lo ero immaginato ed era abbastanza simile nel look.
Lui dopo ha iniziato a lavorare su tutta una sua caratterizzazione fatta appunto di tutti questi respiri, singhiozzi, tic, e penso che abbia fatto un lavoro immenso perchè appunto, senza avere una battuta, è riuscito sicuramente a diventare una delle colonne portanti di questo film. E’ un attore veramente con una grande grande anima e un attaccamento pazzesco al personaggio che sta interpretando, per cui era veramente difficile vedere Lorenzo Renzi quando era sul set, io continuavo a vedere soltanto Arruda.
Per quanto riguarda la tua personale classifica dei cattivi del 2024 mi fa veramente piacere questo e mi impegnerò per farti avere una maglietta con Arruda. (Federico ci conto eh! n.d.r.)
C’è una domanda che non ti mai stata fatta di un aspetto legato al film ma del quale invece vuoi parlare?
Una domanda che per il momento non mi è stata fatta probabilmente è:” Quanto è stato facile o difficile realizzare The Well?” Ed io ti rispondo che è stato un film che mi ha proprio consumato, perchè niente è stato facile. Abbiamo dovuto costruire tutto, con questa piccola società che si chiama Iperuranio insieme a Stefano Masi, passo dopo passo, mattoncino dopo mattoncino ed è stato tutto veramente molto impegnativo. Anche bellissimo, da un punto di vista creativo, perchè mi sono potuto permettere la massima libertà, proprio perchè non c’era una produzione ingombrante che mi voleva cambiare le carte in tavola, però dall’altra parte ci è voluto davvero tanto impegno sia da parte mia che di Stefano per riuscire a gestire la quantità di variabili che ci siamo trovati ad affrontare. E poi cominciare a far girare il film, instradarlo ed affidarlo al giusto venditore…E’ stata proprio un’ odissea! Se riguardo indietro dico: “mamma mia ragazzi! quanto lavoro, quanta fatica e quanto impegno!” Però poi penso a The Well e se tornassi indietro lo rifarei.
Ci sono stati anni in cui noi italiani eravamo i maestri assoluti dell’horror, abbiamo fatto scuola nel mondo ed ancora oggi i titoli storici, ormai diventati cult, sono citati ed omaggiati nei film moderni. Oggi invece fare horror in italia è difficile, abbiamo giovani registi di talento e con molte idee ma scarseggiano le produzioni, ci sono molti prodotti indipendenti ma che, per ovvi motivi, non raggiungono la sala cinematografica. Ti senti di dare un consiglio a tutti i registi che vorrebbero fare (o continuare a fare) questo genere?
E’ cosi, è inutile negarlo! Mi ricollego alla domanda di prima: fare horror in Italia è molto difficile perchè è un genere piuttosto bistrattato. Ci sono vari motivi per cui l’ horror italiano fa fatica. E’ vero, prima se ne facevano molti di più ma erano altri tempi ed era tutto diverso. Oggi il distributore di turno preferisce comprarlo l’ horror, già finito, americano, fatto con due soldi e distribuirlo direttamente e basta, senza stare a fasciarsi la testa con la produzione. Questo dipende un po’ anche da un atteggiamento di fondo, presente in Italia, di ghettizzazione di questo genere. Perchè, ad esempio, se tu vai a chiedere dei soldi pubblici per sostenere un horror, non te li danno. Semplicemente perchè è un genere che viene discriminato e quindi questo, ovviamente, capisci che rende tutto più difficile perchè molto altro cinema si regge un po’ sugli aiuti pubblici. Poi c’è una parte della stampa e della critica con la puzza sotto al naso che vede il film horror a priori come qualcosa di serie B. A me non me ne frega niente di questi qui, possono scrivere e dire quello che vogliono, però magari un giovane regista che comincia una carriera si sente un po’ sottovalutato da questa critica ed ha paura poi di essere considerato come un regista che fa cose di serie B. Quindi c’è questa idea, non solo di non dare mai un vero e proprio spazio all’ horror, ma anche di relegarlo nella nicchia delle cose “un po’ così”.
Ci sono vari fattori… Anche un pubblico che molto spesso i film li guarda in rete… le difficolta ci sono insomma. Io nel mio piccolo sto cercando di impegnarmi per ridare una visibilità anche internazionale all’ horror italiano nella speranza che, piano piano, non si parli sempre e solo nel passato. Perchè anche questo atteggiamento nostalgico non porta da nessuna parte. Insomma bisogna anche valorizzare e spingere le cose che ci sono oggi e cercare un po’ tutti di costruire un presente di questo genere, non solo di essere narratori di questo glorioso passato, perchè ormai lo abbiamo narrato in tutti i modi. Cerchiamo di raccontare un po’ quello che può essere oggi l’horror italiano. Ma ci vuole impegno da parte di tutti.
Termino con una domanda che mi piace sempre porre ai registi italiani. C’è qualche leggenda popolare, che sia metropolitana o legata al folklore del nostro paese, che ti piacerebbe trasporre in un film?
Sicuramente una cosa che mi ispirerebbe molto, al di là delle leggende metropolitane o popolari, sarebbe ambientare qualcosa di veramente spaventoso nel medioevo. In un lontano medioevo italiano! Quella potrebbe venire una cosa piuttosto cupa, dark e veramente sanguinaria!