Prodotto da Ascent Film e Nightswim, è disponibile sulla piattaforma Amazon Prime Video a partire dal 29 gennaio l’opera prima di Alberto Mascia Ipersonnia. Il regista vicentino esordisce con il suo primo lungometraggio dirigendo Stefano Accorsi all’interno di una storia che unisce al genere thriller elementi fantascientifici in un’ambientazione distopica tutta italiana.
La storia
Siamo in Italia, in un futuro prossimo ma non ancora giunto alla contemporaneità dello spettatore. Italia, futuro prossimo. David Damiani (Stefano Accorsi) è uno psicologo carcerario che prende la sua posizione – per la quale sembra essere sovra qualificato – con molta decisione e distacco. Forse un po’ troppo, perché è evidente che il passato di David e i suoi pensieri lo tormentano. Ma le carceri come le conosciamo noi oggi in Ipersonnia sono soltanto un ricordo: adesso i detenuti scontano la loro pena incapsulati in dei tecnologici sarcofagi e addormentati in un sonno profondo. L’ipersonno, appunto. Lo scopo di quest’ultimo è duplice: da una parte rende il sistema di detenzione efficiente ed economico risolvendo il problema del sovraffollamento e tenendo sotto controllo gli spazi interni alle prigioni. Dall’altra riduce anche di gran lunga il rischio che gli ex detenuti commettono nuovamente dei crimini. Ma a quale prezzo?
I detenuti usciti dall’Ipersonno vivono infatti un una condizione precaria di confusione, apatia, mancanza di volontà e – a quanto sembra – di ricordi veri e propri. Per questo le proteste tra i cittadini imperversano: non tutti si schierano a favore della pratica che sembra studiata per l’arricchimento del sistema e l’annientamento dell’individuo.
Il lavoro del misterioso ed enigmatico David però, sta per essere compromesso da un incidente di percorso che innescherà una catena di eventi che lo catapulteranno in un tunnel in cui sarà difficile distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è.
Un thriller distopico
Opera prima del regista vicentino esordiente Alberto Mascia e prodotto dalle italianissime Ascent Film e Nightswim, Ipersonnia è uno dei nuovi titoli di genere che il panorama delle produzioni cinematografiche italiane ci offrono in questo appena nato 2023.
Grazie al set up dell’universo narrativo che il film va ad esplorare posto in maniera chiara e diretta, l’elemento distopico inserito nella narrazione (il meccanismo dell’ipersonno applicato ai detenuti delle carceri italiane) viene compreso e apprezzato fin dall’inizio della pellicola. È chiaro fin da subito come il regista si muova all’interno di un territorio ben conosciuto, e lo faccia attraverso passi studiati grazie alla potente eredità che la storia del genere si porta con se nella timeline della storia del cinema di fantascienza, regalando efficacemente momenti di tensione e rivelazioni che portano avanti la seconda metà del film a ritmo – sebbene a volte un po’ confuso a causa del fitto intreccio noir che si alterna tra la realtà e il mondo onirico – sostenuto e coinvolgente.
Il grande ostacolo in potenza che si poteva intravedere per un film sci-fi completamente prodotto in Italia, erano chiaramente le sfide per la realizzazione produttiva degli elementi puramente fantascientifici e distopici. È chiaro come oltreoceano il meccanismo-industria cinematografica disponga di mezzi pratici che permettono di realizzare l’impossibile. Ciò che quindi per la grande industria rappresenta una forza, per un film così rappresentava un grande rischio: il rischio di non risultare credibile. Ma questo in Ipersonnia non accade, e il risultato estetico e concettuale degli elementi sci-fi funziona perfettamente. Il film intelligentemente relega l’elemento fantascientifico all’interno di un ambiente circoscritto e preciso: in questo caso l’ambito carcerario. Dando quindi la possibilità di approfondire una tematica ampia, attuale e sensibile, arricchendola dell’elemento di genere ma mantenendola a livello di luogo e di sviluppo in una location precisa, che permette di sfruttare a pieno le possibilità produttive concentrandole su un unico ambiente.
Il tema della distorsione del ricordo mistificato dall’utilizzo di nuove tecnologie che partono dal presupposto di facilitare l’esistenza dell’uomo è un topos molto utilizzato all’interno delle pellicole di genere thriller fantascientifico fin dagli albori. Per questo c’è da dire che Ipersonnia raccoglie efficacemente l’eredità dei suoi fratelli made in Hollywood per quanto riguarda lo stile, il fitto intreccio noir, e le contaminazioni fantascientifiche e distopiche. Il tutto unito alla convincente interpretazione del protagonista Stefano Accorsi e della sua controparte Caterina Shulha.
Ciò che sfugge alla visione generale del film è forse la mancanza di un elemento che lo distingua rispetto ai precedenti esperimenti internazionali ai quali abbiamo – ampiamente – assistito durante gli ultimi decenni di esperimenti cinematografici analoghi. Forse, in questa pellicola, sarebbe stato interessante approfondire in maniera più determinante l’inserimento dell’ambientazione (e degli elementi della narrazione) italiana. Non solo a livello di forma e di estetica, ma inteso anche come l’individuazione di quegli elementi che lo distinguono dagli altri prodotti internazionali simili rendendola una storia significativa da raccontare esclusivamente in una realtà come quella italiana. La trama e lo stile di Ipersonnia risultano adattabili a qualsiasi contesto storico e geografico e questa – dal momento in cui le premesse erano quelle di un film di genere costruito in the house – sembra un po’ un’occasione sprecata per il racconto.