Raramente abbiamo atteso un film con un hype così alto. Ma si sa, spesso questa può essere un’arma a doppio taglio. Ma come biasimare chi chiedeva dopo tanto tempo una nuova trasposizione di quell’opera maxima che è It, calderone di paure ed inquietudini, che dal 1986 ha sconvolto e fatto breccia nell’animo di migliaia di lettori.
Ne stiamo leggendo e sentendo di cotte e di crude in questi giorni. Il grande squilibrio fra i pareri di recensori, utenti, giornalisti e appassionati si basa sul fatto che ciascuno predilige una sua particolare ottica di valutazione: chi chiedeva aderenza al libro, chi si aspettava una pellicola che finalmente spaventasse, chi voleva un Pennywise convincente, chi sognava un nuovo grande cult dell’horror, chi era pronto a fare paragoni con la produzione del ’90 e chi più semplicemente voleva godersi un buon film. Quelli forse hanno avuto ragione in partenza sono quelli che pronosticavano un film destinato principalmente ad un pubblico molto giovane.
Alla regia Andy Muschietti, che dopo ‘La Madre’ dirige una pellicola tecnicamente di alto livello, con inquadrature e movimenti di camera convincenti e varie trovate sceniche dal forte impatto visivo! L’ambientazione è una macabra delizia e ci regala scorci indimenticabili di Derry sia oscuri che coloratissimi.
La scena iniziale di Georgie e della barchetta regala una bella sorpresa e rimarrà impressa nella mente dei più giovani e di chi non conosce la versione del 1990.
i 7 perdenti ricordano davvero troppo i protagonisti di Stranger Things, una trovata dal sapore commerciale che finisce per far risultare i giovani più intraprendenti di quel che forse sarebbero dovuti essere e che proietta l’avventura nel periodo degli anni 80, tradendo lo spirito originario dell’opera, ambientata nel ’58. Il gruppo, ad una prima occhiata, risulta essere poco omogeneo, con alcuni che sembrano decisamente più grandi di altri (particolare squilibrio tra Ben e Bev).
La sceneggiatura del film è il lato più debole. Se da una parte l’opera di selezione delle parti più salienti da trasporre tra le 1200 pagine scritte da King presentava indubbie difficoltà e se allo stesso tempo il grande pubblico sarà soddisfatto del notevole spazio concesso alla figura di Pennywise sullo schermo, dall’altra le varie scene risultano poco e mal collegate fra loro. Le manifestazioni di It, nelle sue varie forme, si susseguono una dietro l’altra, freneticamente, in una galleria di tensione che ha l’indubbio pregio di non allentare il ritmo e mantenere alta l’adrenalina nello spettatore, ma che svilisce anche lo sviluppo psicologico e la vera evoluzione delle vicende.
Bill Skarsgard interpreta un Pennywise che stupisce per look e movenze, da vero clown ballerino, come si presenta a inizio film. La sua presenza in scena, con questa veste vittoriana alquanto insolita per un clown, è quasi costante è molto vivace: corre, si trasforma, si nasconde dietro ai palloncini, spalanca terribili fauci. Parla poco, sicuramente meno del vecchio Pennywise interpretato da Tim Curry, un clown dalla notevole fisicità e dal look più tradizionale. La computer grafica aiuta Skarsgard nei movimenti più istrionici, ma ciò non sminuisce la sua ottima prova. Questo Pennywise diventerà probabilmente un’icona. Sul film restano dei dubbi.
Non un capolavoro. Un film ottimamente girato ma assemblato solo in parte bene.