La maggior parte dei cinecomics si sviluppa nella stessa maniera: c’è l’apripista, il film fondamentale che inventa qualcosa e ha qualcosa di nuovo da dire e poi i seguiti, spesso contornati da un’aria di vorrei-ma-non-posso. L’eccellenza è rappresentata da quelle pellicole che magari non hanno niente da dire ma lo dicono benissimo.
Il problema di Joker – o meglio di Todd Philips– è che è convinto di essere l’apripista e invece è l’eccellenza. Lo dico subito, a scanso di equivoci: Joker mi è piaciuto. È una bella esperienza viscerale che, nei fumetti, sarebbe una graphic novel d’autore esterna alla continuity, libera di raccontare quel cazzo che le pare e, per questo, memorabile. Penso che l’intenzione fosse proprio questa: realizzare uno one-shot, un Elseworlds libero dalle restrizioni degli universi condivisi.
In questo senso la missione è perfettamente compiuta. Joker è un bel noir sporco e cattivo, che pesca a piene mani, sia nell’estetica che nei temi, dal cinema della New Hollywood. Lo si è detto allo sfinimento, ma ovviamente i due riferimenti principali sono Re per una notte (con Robert De Niro che stavolta prende il posto di Jerry Lewis) e Taxi Driver. Non a caso, Phillips ha girato il film a New York: la sua Gotham City è la Grande Mela lercia e fuori controllo di fine anni ’70/primi ’80, con la criminalità che dilaga, i vicoli sudici e malfamati e gli edifici vecchi che stanno su per miracolo.
In quanto puro spettacolo, al netto di un finale frettoloso e un po’ deludente, Joker è un film di prim’ordine: dalla fotografia alle scenografie, dalle scene di violenza (quella in metropolitana è già un classico) all’interpretazione di Joaquin Phoenix, su cui chiaramente lui ha lavorato con la stessa serietà che si riserva oggi alla preparazione di un biopic, o comunque di un ruolo importante, da Oscar: tutto si somma alla perfezione. È exploitation di serie A. Non dice un cazzo ma lo dice benissimo.
Il guaio è che Todd Phillips qualcosa invece lo vorrebbe anche dire. Ma appena apre bocca, tutto quello che esce è di una banalità micidiale. Il suo Joker è l’ennesimo matto che sbrocca perché la madre lo trattava male e la società lo tratta male e la gente fa schifo e una volta qua erano tutti campi e ci si conosceva per nome adesso invece sono tutti maleducati. Con tutte le sue buone intenzioni di creare un nuovo villain scorsesiano memorabile, il film finisce solamente per confermare ancora una volta la dura legge del prequel: che se racconti troppo di un’icona, la svilisci.
Nei fumetti il Joker non ha una origin story ufficiale. Quella che ci va più vicino è The killing joke, ma la versione dei fatti di Alan Moore e Brian Bolland non è mai stata considerata canonica. Il passato del Joker è sempre stato mantenuto vago, perché lui stesso è un narratore inaffidabile. Questa cosa Christopher Nolan l’aveva capita, e infatti il Joker di Heath Ledger era un’entità senza passato, una forza anarchica che agiva per amore del caos, senza motivazioni concrete. Un po’ come Michael Myers.
Molto, ma molto più interessante il discorso che Todd Phillips fa sul populismo e su come esso sfrutti la rabbia sociale, incanalandola e fornendole simboli malsani, snaturandone infine anche le spinte positive. Qui Phillips ribalta uno dei concetti di Nolan, quello dell’uomo che deve farsi simbolo per fare del bene. Batman sceglie di diventare un simbolo, Joker lo diventa per caso, di una cosa che oltretutto non lo rappresenta e di cui non gli frega nulla. E usa quel potere per fare del male.
Se Phillips avesse puntato un pochino più su questo, invece di impantanarsi in un ritratto psicologico stravisto e totalmente prevedibile, forse quel capolavoro che sperava di fare lo avrebbe realizzato davvero.
Joker alla fine si presenta come un film con stile, divertente e allo stesso tempo drammatico, che prova ad infrangere l’alone di mistero che fino ad oggi era intorno al personaggio: un alone che ci aveva impedito di capire la vera identità del clown più perverso di Gotham. L’introspezione è molto evidente, e si provano a determinare le cause della follia che accompagnerà per sempre questo criminale, che non sarà super, ma sicuramente maledettamente geniale. Tanto anche da far tremare gli Avengers. Il resto saranno gli appassionati a decretarlo.