Uscito il 16 giugno 2022 sul canale della Midnight Factory, La Abuela è un horror simbolico sulla vita, sulla morte e sul desiderio di immortalità.
Trama
Susane Lazaro (Almudena Amor) è una giovane ragazza di quasi 25 anni che lavora come modella a Parigi. Quando riceve una chiamata da un ospedale di Madrid, scopre che l’anziana nonna di 85 anni ha avuto un malore e deve tornare a casa. Susane scoprirà, suo malgrado, che la nonna a cui è tanto affezionata, ha un lato oscuro di cui lei non era a conoscenza.
Recensione
C’è tanto, tantissimo da dire su questo La Abuela, non solo per l’aspetto fortemente simbolico della pellicola ma anche per i continui tributi alle più belle pellicole horror degli ultimi decenni. Non dovrete stupirvi, infatti, se tra un’inquadratura e l’altra vi troverete a individuare riferimenti a The Neon Demon, Midsommar o Suspiria (sia di Argento che di Guadagnino). Ma cerchiamo di andare con ordine.
Il simbolismo dei personaggi
Il simbolismo della pellicola parte fin dalla caratterizzazione dei personaggi. La nonna (Vera Valdez) si chiama Pilar, un nome della tradizione spagnola che fa riferimento a Nostra signora del Pilar, ed ha il significato di “pilastro”. La donna è, infatti, l’unica superstite della famiglia della protagonista. È letteralmente il pilastro della famiglia. La nipote si chiama, invece Susana Lazaro. Susana, omologo dell’italiano Susanna, ha il significato di giglio e rappresenta la purezza. Lazzaro, nella narrazione biblica, è invece, un abitante della provincia di Betania che, morto per una malattia, viene resuscitato da Gesù. Il regista ci manda così, fin da subito, alcuni segnali di come si evolverà la vicenda. La cosa veramente interessante è che l’attenzione per i dettagli non si limita ai protagonisti principali, ma insiste anche nella scelta dei nomi degli altri personaggi della vicenda. Vediamo, infatti, che la modella che prenderà il posto di Susane in una proposta di lavoro che avrebbe potuto cambiare la vita della protagonista, si chiama Zoe. Il nome Zoe significa letteralmente “vita”. Abbiamo, quindi, la contrapposizione tra Lazaro che muore e risorge e la vita. Infine, la nipote di Julieta, l’amica storica di Pilar, si chiama Eva. Impossibile non fare un rimando alla Eva, prima donna, compagna di Adamo e, secondo la visione biblica, prima tentatrice e peccatrice della storia.
I riferimenti ai successi del cinema horror
La Abuela non è, tuttavia, solo ricca di simbolismi biblici, ma anche di simbolismi cinematografici. Nell’arco dell’intera pellicola, infatti possiamo notare come il regista abbia inserito continue citazioni al cinema horror e, in particolare, al cinema horror degli ultimi anni. È, infatti, lo stesso Plaza (regista anche del famosissimo REC), in un’intervista a dichiarare che:
“Gli horror, così come i fantasy, permettono di spaziare in un campo maggiore rispetto alla realtà. Si può parlare di qualcosa che esiste nella realtà ma con un approccio più metaforico, poetico o indiretto”.
Paco Plaza
SPOILER ALLERT
In uno slancio di amore verso il genere possiamo notare alcuni riferimenti salienti. Il primo e più lampante e il riferimento a Suspiria, sia di Argento, ma soprattutto alla reinterpretazione di Guadagnino. Partendo dal nome della protagonista. Nel Suspiria di Argento la protagonista si chiamava Susy Benner, nel Suspiria di Guadagnino Susie Bannion, in entrambi i casi diminutivo di Susanne. Ma ancor di più abbiamo veri e propri riferimenti visivi. Su tutte, la scena della tortura attuata da Pilar su Susana è una rivisitazione della magnifica sequenza del Suspiria di Guadagnino in cui la danza di Susie comporta la tortura di Olga. Il corpo della donna diventa, ancora una volta veicolo del suo potere, in grado di infliggere tanto piacere quanto pena.
Un altro riferimento evidente è quello a The Neon Demon di Nicolas Winding Refn. Susana fa la modella a Parigi ed è una bellezza naturale. Tuttavia, non è, come del film di Refn la detentrice della bellezza assoluta, ma anzi, fatica ad emergere nel suo ambiente. Ha ormai 25 anni (che per una modella sono tanti se non ha ancora avuto un grande successo) e la sua ultima grande occasione si presenta quando uno stilista, che sceglie appositamente ragazze più grandi, le propone un incontro proprio il giorno in cui scoprirà che la nonna ha avuto un malore. Vediamo tanto di Refn sia nella scena del casting che, visivamente ricorda ineluttabilmente la scena del casting di The Neon Demon, sia nelle musiche alla festa che nei colori della pubblicità in cui Susane è protagonista. Anche l’uso dello specchio rimanda alla pellicola di Refn. Attraverso lo specchio Susana si riconosce (come faceva Jesse), ma ancor di più si rende manifesta la sua anima.
Vi è, infine, un piccolo, ma non così insignificante riferimento a Midsommar di Ari Aster. Ad un certo punto, infatti, scopriamo che le due bambine (Susane e Eva) sono state drogate dalle due nonne con un punch dal colore sospetto che rimanda all’elisir d’amore del film di Aster. Ma non solo. Per pochi secondi vediamo inquadrata una carta da parati su cui sono ritratte delle figure umane che danzano intorno ad un albero di agrumi. La tela ricorda incredibilmente l’arazzo presente in Midsommar.
La riflessione sulla vita e sulla morte
Arriviamo, infine, all’analisi del significato dell’intera pellicola. Il tema dell’eterna giovinezza è un classico. Possiamo pensare, ad esempio, ad Oscar Wilde e al suo “Il ritratto di Dorian Gray”, richiamato dal quadro sopra il camino. Tuttavia, nell’opera di Plaza, il concetto viene ampliato e analizzato nella sua connotazione forse più psicoanalitica. In un’intervista rilasciata dal regista al Festival de Gérardmer 2022, egli si dichiara:
“Affascinato da come le persone si disinteressino alle altre quando queste ultime invecchiano. È come se esse diventassero inutili alla comunità. Ed invece è tutto il contrario. Nelle altre culture la vecchiaia non è vista allo stesso modo. In Messico, ad esempio, il modo di trattare le persone anziane è completamente differente. Nel mondo occidentale è come se diventare vecchi fosse una sorta di maledizione”.
Paco Plaza al Festival de Gérardmer 2022
Il film si basa proprio sul concetto della giovinezza e della vecchiaia e su come, una sia lo specchio dell’altra. Il regista mette in mostra in modo esplicito questo concetto. Vediamo, spesso, giochi di specchi in cui il viso di Susana si sovrappone a quello di Pilar. Giovinezza e vecchiaia sono due facce della stessa medaglia: quello che oggi sono io è quello che un giorno sarai tu, e quello che sei tu è quello che sono stata io.
Ma, ancor di più, il concetto espresso nel film è la ricerca di un rimedio alla mortalità attraverso la prole. Era proprio Sigmund Freud ad asserire che:
«Il bambino deve appagare i sogni e i desideri irrealizzati dei suoi genitori: il maschio deve diventare un grand’uomo e un eroe invece del padre e la femmina deve andare sposa ad un principe in segno di riparazione tardiva per la madre. Nel punto più vulnerabile del sistema narcisistico – l’immortalità dell’io che la realtà mette radicalmente in forse – si ottiene sicurezza rifugiandosi nel bambino»
(Freud, 1914, p. 461).
Pilar e Julieta cercano un rimedio alla vecchiaia e alla morte reincarnandosi nel corpo delle nipoti, le quali diventano la loro garanzia di immortalità. Attraverso la rappresentazione soprannaturale di questo concetto, il regista altro non fa che sfruttare il mondo diegetico dell’horror per raccontarci una dinamica che mettiamo in atto nella vita reale. Depauperando i nostri figli della loro libertà di autodeterminazione, riversiamo su di loro i nostri desideri e le nostre frustrazioni, cercando in essi un rimedio ai nostri errori e la possibilità di ricominciare la nostra vita da capo, in un loop infinito di morte e resurrezione.
In questo caso, il legame e filo conduttore tra le due donne è reso ancor più forte dalla condivisione del giorno del compleanno. Entrambe sono nate il 22 marzo. Nel momento in cui la morte di Pilar avviene nel giorno della sua nascita (e della nascita di Susana) è possibile ultimare il rituale e far si che due diventino una. Nella morte di Pilar vi è la sua resurrezione tramite Susana che diventa, appunto, un Lazaro.
Conclusioni
La Abuela è una pellicola che mi ha decisamente sorpresa. Nonostante le ottime recensioni ho iniziato la visione con quel pizzico di scetticismo che mi contraddistingue. Eppure, man mano che avanzavo nella visione, ho dovuto ricredermi completamente. Le citazioni alle più acclamate pellicole horror degli ultimi anni è una vera chicca per qualsiasi cinefilo degno di tale nome. In particolare, ho apprezzato il rimando e conseguente proseguo di questo filone dedicato alle donne. Donne potenti, donne streghe, donne capaci di incanalare potere. Sono queste le grandi protagoniste degli ultimi horror e de “La abuela”. In questa ondata di nuovo femminismo è il cinema, e soprattutto il genere horror, il veicolo di uno dei grandi messaggi del nostro tempo. Ed è splendido vedere come registi (maschi) come Aster, Refn, Guadagnino e ora Plaza abbiano voluto abbracciare, omaggiare ed esaltare la figura femminile. È, inoltre, innegabile come la riflessione sulla vecchiaia sia più attuale che mai. In un mondo che non accetta l’invecchiamento come un processo naturale, ma che anzi, lo combatte come se fosse una maledizione, la vecchiaia rappresentata ne “La Abuela” diventa letteralmente una maledizione di stampo demoniaco. Il linguaggio del corpo della fenomenale Vera Valdez è magnetico. Senza proferire parola riesce a essere spaventosa solo con la sua presenza. Ricordando i movimenti di un serpente (esattamente come desiderato dallo stesso Plaza), riesce a tenere alta la tensione lungo tutti i 100 minuti di pellicola. Piccola chicca è l’utilizzo di vere foto di Vera da giovane. La donna è stata una delle modelle di Chanel negli anni ’50-’60 e le foto che vediamo sul comò, sono le foto di quando lei faceva, proprio, la modella a Parigi.
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