“Ciao, sono Chucky, e fino alla fine tuo amico sarò!”
Chi di noi, da bambino, non ha avuto paura di Chucky? Una bambola dall’animo perverso, con un ghigno inquietante sul viso di plastica e con un arsenale di battute sempre pronte all’uso. La bambola assassina ha dato vita a una lunga saga che ci ha presentato personaggi iconici tanto quanto Chucky stesso, prima con Tiffany ne La sposa di Chucky (1998) e poi con il piccolo bambolotto alla ricerca della sua identità ne Il figlio di Chucky (2004). Ma, prima del divertimento di questi capitoli più irriverenti e scorretti, prima del ritorno di Chucky nei capitoli conclusivi e della rilettura in chiave tecnologica del reboot, c’era un bambino di nome Andy che riceveva per il suo compleanno un bambolotto Tipo Bello…
Attenzione agli acquisti!
Karen (Catherine Hicks), mamma single, riceve continuamente dal figlio Andy (Alex Vincent) la richiesta di regalargli un bambolotto Tipo Bello. Dato che non ha i soldi per permettersene uno nuovo, decide di comprargliene uno di seconda mano. Ma Karen non sa che dentro quel particolare giocattolo con cui sperava di far contento il figlioletto si nasconde l’anima di Charles Lee Ray (Brad Dourif), criminale che, braccato dalla polizia in un negozio di giocattoli, prima di morire ha trasferito la sua anima, attraverso un rito voodoo, proprio nella bambola che finirà tra le mani di Andy.
Pubblicità, pubblicità e ancora pubblicità
Dopo la proliferazione degli slasher negli anni ’70 e primi anni ‘80, dopo la creazione di personaggi del calibro di Michael Myers, Jason Voorhees e Freddy Krueger, che hanno incarnato i timori di una generazione, nel 1988 Don Mancini e Tom Holland decidono di portare sullo schermo quella che sarebbe diventata una nuova icona horror e che avrebbe terrorizzato ogni bambino. Il protagonista de La bambola assassina, infatti, non è un teenager da punire, mettere in guardia o a cui permettere di sconfiggere le proprie paure; il protagonista è un bambino, per la maggior parte del tempo solo o con una babysitter, che trova conforto solo in Chucky. Le pubblicità, sempre più aggressive e contemporaneamente affascinanti, iniziavano ad essere indirizzate ad un nuovo giovane pubblico che con continue richieste e capricci avrebbe facilmente convinto i propri genitori ad acquistare qualsiasi cosa. La scelta del giovanissimo protagonista è funzionale alla critica messa in scena dalla pellicola, sia contro il “nuovo” consumismo smisurato, sia contro coloro che vedevano negli acquisti la soluzione ad ogni problema, compresa l’illusione di poter dimostrare in questo modo la propria presenza nella vita dei figli.
Capitalismo e alienazione.
Mentre altri personaggi sono diventati prodotti (action figures, maschere, costumi…), Chucky nasce come prodotto, un giocattolo costruito in una fabbrica tramite catena di montaggio, simbolo per eccellenza dell’alienazione del mondo capitalista. Il messaggio sembra chiarissimo: ciò che il capitalismo rende oggetto dei nostri desideri sarà ciò che ci distruggerà. Non solo il consumismo, ma Chucky è contro ogni tipo di convenzione e dogma che ci viene inculcato e che ci rende schiavi come la famiglia tradizionale (La sposa di Chucky) e la questione dell’identità sessuale (Il figlio di Chucky). La forza de La bambola assassina sta proprio in questo ritratto dell’infanzia abbandonata e della solitudine esistenziale dell’uomo, uomo che si illude di poter riempire il vuoto spendendo sempre più, fino ad arrivare ad essere posseduto dai prodotti dei propri sogni…
La paura delle bambole.
Dicevamo all’inizio che prima del Chucky scanzonato e volgare dei capitoli successivi, il primo film de La bambola assassina faceva davvero pausa… sarà per la voce di Brad Dourif, sarà perché all’inizio di chi sia la colpa degli omicidi non è ben chiaro: gli efferati delitti vengono mostrati attraverso l’uso della soggettiva, con il punto di vista del killer, la cui statura non porta a escludere che possa trattarsi di Andy. Solo quando Chucky finalmente si animerà potremo tirare un sospiro di sollievo. Be’, non proprio. Tra tutti gli elementi che contribuiscono a rendere La bambola assassina così spaventoso (i riti voodoo, le ansie legate al presente incerto), non dobbiamo dimenticare la bambola stessa. Un giocattolo che dovrebbe riportarci con la mente ai giorni spensierati della nostra infanzia ma che in realtà nasconde una minaccia, scatenando quella sensazione che Freud definiva perturbante. Insomma, quella sensazione di spaesamento provata nel vedere qualcosa di così familiare (la bambola, simile agli esseri umani nelle fattezze) che è contemporaneamente estranea (gli occhi sono vitrei, la pelle di plastica). Inutile dire quanto questa sensazione venga portata all’estremo quando poi Chucky inizia a parlare, muoversi e uccidere.
Nel 2019 La bambola assassina ha avuto un reboot ed è stata confermata anche la serie tv.