Presentato in selezione ufficiale all’ultimo Festival di Cannes, LA NOTTE DEL 12 è stato la sorpresa dell’estate al botteghino francese, con quattro settimane nella top ten degli incassi e oltre 450.000 spettatori. Il film, che è ispirato a fatti realmente accaduti, ha raccolto anche critiche eccellenti (“Il film francese più potente dell’anno” secondo Le Figaro), soprattutto per il modo in cui rilegge la tradizione del noir in chiave femminista.
Da poco arrivato a capo della polizia giudiziaria di Grenoble, Yohan deve confrontarsi con un terribile omicidio. C’è chi dice che ogni investigatore abbia un crimine che lo ossessiona e per Yohan quel caso diventa l’uccisione della giovane Clara. Insieme al collega Marceau porterà avanti le indagini su tutti i conoscenti della ragazza, svelando i molti segreti di una provincia all’apparenza tranquilla ma realizzando infine che ogni uomo è un potenziale colpevole…
Il film si ispira a uno dei casi raccolti da Pauline Guéna in18.3—Une année à la PJ, libro inchiesta per cui ha passato un anno a stretto contatto con la polizia giudiziaria. Il caso che raccontava e che mi ha colpito di più era quello di una giovane donna bruciata viva mentre rincasava. Ammetto che la natura sordida del crimine mi ha fatto esitare, perché spesso sono turbato dal modo in cui certi film sembrano affascinati dalla violenza. Ma quelle poche pagine hanno cominciato a perseguitarmi allo stesso modo in cui la morte di quella donna ha perseguitato Yohan, il protagonista. Il libro dice che ogni investigatore incontra un crimine che fa più male degli altri, che per un motivo misterioso si deposita dentro di lui come una scheggia e che la ferita non può rimarginarsi.
Il libro di Pauline Guéna è già estremamente ben documentato, ma per me era importante vedere un gruppo di investigatori al lavoro con i miei occhi, così ho passato un periodo in un commissariato di Grenoble. Ho potuto osservare da vicino la macchinosità delle procedure e delle relazioni, i rapporti all’interno di un gruppo, il contrasto tra la tensione degli interrogatori e la banalità dei momenti di relax che permettono ai poliziotti di sfogarsi. Passare del tempo con loro mi ha aiutato a essere più accurato nel tono del film e a evitare spettacolarizzazioni, facendomi invece avvicinare al lato umano, al disagio e alla passione che guidano queste persone.
Il rapporto tra uomini e donne è centrale nel film. Sappiamo che molte notizie di cronaca sono direttamente legate a casi di violenza perpetrati dagli uomini contro le donne. È una cosa folle se ci pensi e non la si può vedere solo come una fatalità. Gli ufficiali che devono combattere questa violenza sono di fatto quasi esclusivamente uomini. A cosa pensano questi uomini quando indagano sui crimini commessi contro donne che potrebbero essere le loro figlie, le loro partner, le loro amiche, le loro sorelle? Come vedono i sospetti? E le vittime? Quali sentimenti provoca in loro tutto questo? Volevamo che il film portasse il pubblico a porsi tali domande.
Le parole “femminicidio” o “mascolinità tossica” non vengono mai pronunciate nel film. I poliziotti non parlano come sociologi o psicologi. In questo mondo, sono gli uomini che combattono contro la violenza degli altri uomini. E sono le donne ad aprire gli occhi di Yohan, splendidi personaggi femminili serviti da magnifiche attrici, da Nadia (Mouna Soualem), la giovane recluta, alla giudice istruttrice, interpretata superbamente da Anouk Grinberg. È nel suo ufficio che Yohan si mostra finalmente vulnerabile: “Quello che mi ha fatto impazzire è che tutti i ragazzi che abbiamo interrogato avrebbero potuto farlo. C’è qualcosa che non va tra gli uomini e le donne”. Questo qualcosa che non va, La Notte del 12lo mette in scena in modo implacabile, anche se senza mai calcare la mano. Il film avrebbe potuto chiamarsi Élégie pour Clara. Ma qualunque sia il titolo, Dominik Moll firma il film francese più potente dell’anno. Etienne Sorin, Le Figaro.
Nulla di mostruoso o anormale si manifesta nella maggior parte dei giovani uomini che, dopo l’omicidio di Clara, si succedono negli interrogatori della polizia. Prevale l’ordinaria mediocrità e l’incoerenza di un gruppo di rozzi bambinoni, le cui reazioni volgari dimostrano che sono incapaci di comprendere la gravità del delitto. La banalità del male, o del maschio… La storia inizia così con l’uccisione di una giovane donna, ma diventa quella degli uomini all’inseguimento di un mistero. Poveri poliziotti perseguitati dalle loro ossessioni? E Clara, allora? Questo paradosso, questa indecenza tipica della narrativa poliziesca ormai data per scontata, Dominik Mollriesce invece a problematizzarli per tutto il film. Nessuno qui si attacca all’immaginario dello sbirro tenebroso che popola i thriller “hardboiled”. Grazie alla descrizione anti spettacolare della vita quotidiana della polizia–le osservazioni prosaiche sulle restrizioni di bilancio, sulle ore di straordinario o sui guasti alla fotocopiatrice-La Notte del 12contestala virilità programmatica del genere e fa brillare la sobrietà dei due protagonisti. Un’indagine irrisolta è un viaggio verso la verità che di fatto non arriva mai a destinazione. Non resta che un punto privilegiato da cui osservare, al buio, ciò che si schianta contro il muro dell’incomprensione, osservare lo spreco rappresentato dalla distruzione della vita di una donna: con il risultato di inquietarci perché non ne sappiamo abbastanza o forse perché ne sappiamo già troppo. Sandra Onana, Libération.
Senza ostentazioni, Moll analizza la misoginia della nostra società e La Notte del 12 diventa un potente atto d’accusa che ne esplora tutte le sfaccettature (sia dalla parte dei poliziotti che dei sospetti),finché il caso di Clara diventa un’ossessione per il giovane investigatore protagonista, bloccato in un vicolo cieco come il giornalista interpretato da Jake Gyllenhaal in Zodiac. Guardando al cinema di Fincher e di Lynch, Moll costruisce la stessa discreta vertigine esistenziale, stemperandola però con un’ironia molto “chabroliana”. Il regista osserva con aria sorniona il suo eroe mentre si perde in questa ricerca ossessiva che gira in tondo-come la pista circolare che percorre febbrilmente in bicicletta. E il film finisce per offrire una bella lezione di caparbietà, che forse si potrebbe anche leggere come metafora dell’arte di un cineasta tormentato dalla questione del male e dalla sua devastante irruzione sulla superficie del quotidiano. Emily Barnett, Les Inrockuptibles.
Nato a Bühl, in Germania Overst, da padre tedesco e madre francese, studia cinema a New Yorke a Parigi, presso la prestigiosa Fémis. Lavora come assistente alla regia e montatore per registi come Marcel Ophuls and Laurent Cantete nel 1994 firma quindi il suo primo lungometraggio, Intimité. Il successo arriva però nel 2000 con la commedia nera Harry, un amico vero, che viene presentato in concorso a Cannes, così come il suo film successivo, Due volte lei-Lemming, con Charlotte Ramplinge Charlotte Gainsbourg, chenel 2005 inaugura il festival. Tra gli altri film seguono Il monaco(2011), con Vincent Cassel, Des nouvelles de la planète Mars(2016), Only the Animals-Storie di spiriti amanti(2019).La notte del 12è il suo ultimo film, presentato in selezione ufficiale all’ultimo Festival di Cannes.
La notte del 12, dal 29 settembre con Teodora Film
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