Honolulu, 20 giugno 1967. Nasce una bellissima bambina di nome Nicole. Lei ancora non può saperlo ma è destinata a diventare una delle stelle più brillanti del firmamento hollywoodiano.
Per omaggiarla, nel giorno del suo 54esimo compleanno abbiamo deciso di portare la recensione dell’iconico The Others, un capolavoro assoluto del genere horror e non solo.
Trama
Grace (interpretata da Nicole Kidman) è una donna rimasta sola con i due figli all’interno della sua tenuta a seguito della partenza del marito per il fronte. I bambini soffrono di una rara fotosensibilità, tale da renderli completamente incapaci di essere esposti alla luce diretta del sole. La lontananza dal marito, l’ampiezza della tenuta e la malattia dei figli la porteranno ad accettare l’aiuto della Signora Mills, del Signor Tuttle e della giovane Lydia. In una casa in cui la luce non ha alcuna possibilità di entrare, le si rivelerà difficile distinguere i contorni di ciò che reale e ciò che non lo è.
Recensione
The Others è uno di quei film diventati iconici per chiunque sia nato prima del 1995, ma soprattutto uno di quelli invecchiati meglio. Nonostante siano passati infatti ormai 20 anni dalla sua uscita, è un film in grado di costruire la tensione passo passo, andando a sgretolare ogni singola certezza, sia essa relativa alla percezione del mondo o alle proprie idee. Ma andiamo con ordine.
La casa come luogo sicuro
Una delle protagoniste principali del film di Amenàbar è proprio la casa. La casa è il luogo in cui non solo si svolgono tutte le vicende del film, ma l’unico dove è possibile la vita per i due figli di Grace: Anne e Nicholas. La loro malattia è infatti gestibile solamente tenendo chiuse le finestre e chiudendo le porte di volta in volta, in modo tale che la luce di una stanza adiacente non possa entrare all’interno di quella in cui si trovano i due bambini.
“Nessuna porta può essere aperta fino a che l’ultima non è stata chiusa”
Mrs. Grace
Comunica Grace agli inservienti. Tenete a mente questa frase perché ci tornerà utile in seguito.
Questo senso di sicurezza che ci fornisce un luogo come casa nostra viene devastato quando viene invaso da persone che noi non desideriamo al suo interno. In un primo momento questo gesto viene compiuto dai domestici. Il disappunto di Grace è evidente quando questi ultimi si presentano alla porta di casa. Nonostante ciò, la necessità di un aiuto porta Grace al compromesso, come spesso facciamo nella nostra vita. Casa e vita, si fondono nel concetto unico di spazio vitale. Anche noi spesso accettiamo la presenza nelle nostre vite di persone che non desideriamo veramente, sol perché ne abbiamo bisogno in quel preciso istante. Questo genera tensione, ci sentiamo “invasi” nel nostro spazio e diventiamo scontrosi come la Grace dei primi fotogrammi. Tuttavia, l’intrusione dei governanti, seppur non desiderata, non è l’aspetto più disturbante. È l’arrivo degli “altri” ad esserlo. L’incapacità di vedere questi altri da parte di Grace, così come l’incapacità di poterli cacciare generano quel climax ascendente di fastidio misto a terrore che è tipico tanto dell’home invasion quanto della prevaricazione altrui. L’entrata in casa genera scompiglio, allarma, fa impazzire, soprattutto quando non lo si può capire. L’altro, invadendo la nostra casa, invade anche la nostra vita e ci porta a dover accettare verità che mai avremmo pensato.
L’altro, un’analisi sociologica del rapporto con il diverso
The Others è un film che va ben oltre l’intento manifesto della pellicola. Attraverso una storia di fantasmi, infatti, il regista ci permette di metterci in discussione su ciò che noi identifichiamo come altro da noi. In una realtà che sempre più spesso ci mette a contatto con “l’altro”, The Others diventa un film estremamente attuale. Possiamo identificare due diversi approcci a ciò che non si comprende: quello di Grace e quello dei bambini. Se da un lato i bambini hanno un atteggiamento spaventato ma contemporaneamente curioso verso questa situazione, mettendosi anche a giocare con Viktor, Grace ha invece un atteggiamento ostile, addirittura violento. Come sempre più spesso accade di osservare, i bambini avendo una mente curiosa e aperta al nuovo non hanno il timore di mettersi in gioco e cercare di capire ciò che per gli adulti è incomprensibile. The Others, con un linguaggio sottile, ci suggerisce quanto la paura del diverso possa essere semplicemente lo specchio dell’incapacità di accettare un cambiamento.
La realtà come agente disturbante
The Others supera il desiderio sadico di terrorizzare lo spettatore. I jumpscare sono ridotti al minimo, così come le visioni orrorifiche. Il film infatti gioca diversamente, attaccando lo spettatore su più fronti. Se da un lato infatti, mina la sua necessità di protezione nei confronti della sua casa e quindi dei suoi spazi, dall’altro mette in dubbio tutte le certezze che riteniamo oggettivamente valide. Grace, invero, dovrà fare i conti con una realtà fortemente diversa da ciò che pensava fosse la sua vita. Di fotogramma in fotogramma il regista smonta tutti i punti di riferimento della donna al solo fine di poterle mostrare la realtà della sua condizione. Il potere di The Others è quello di una terapia psicologica. In questa continua distruzione degli schemi mentali i protagonisti e lo spettatore mettono in dubbio tutto ciò che credono di conoscere per poter apprendere un’altra verità. E se da un lato la rigidità mentale di Grace è tipica dell’età adulta, l’elasticità mentale dei bambini è l’unica via per poter apprendere nuove certezze. Il terrore in The Others non è tanto nell’identità degli “altri” o nella possibilità che possano far del male, e non è nemmeno nella malattia dei bambini. Il terrore rappresentato nella pellicola è quello di dover abbandonare le proprie convinzioni. La mente, come la casa, viene invasa e profanata della sua sacralità e della sua accezione di luogo sicuro.
La fede come carattere identificativo dell’uomo
Uno dei concetti cardine su cui si basa l’intera pellicola è proprio quello di fede. Grace è una donna profondamente cattolica che legge e interpreta la Bibbia in modo quasi letterale. Il concetto di vita dopo la morte è portante all’interno della dottrina cattolica. Esso, infatti, rappresenta il momento in cui i credenti possono congiungersi con il Padre in Paradiso o precipitare all’Inferno per scontare i propri peccati. Ed è proprio attorno al concetto di peccato e di pentimento, più caratteristico della chiesa occidentale di quando non lo sia in quella orientale, che Grace incentra l’intera educazione dei suoi figli. La sentiamo più volte ripetere che i bambini che si comportano male siano destinati al Limbo. Conscia della sua bugia (il Limbo è destinato unicamente ai bambini non battezzati), Grace manifesta un meccanismo più volte adottato dalla stessa chiesa cattolica per indirizzare il comportamento dei fedeli. L’idea di un luogo terrificante a cui l’anima sia destinata in caso di comportamento non rispettoso dei precetti della dottrina, è alla base del meccanismo legato al senso di colpa e alla ricerca della redenzione. In questo meccanismo Amenàbar si inserisce mettendo in discussione sia le credenze di Grace che dello stesso spettatore. Il luogo in cui si trovano Grace e i bambini è più simile all’aldilà descritto dalle teorie dello studioso e padre dello spiritismo Swedenborg che non della dottrina cattolica. Questa messa in discussione diventa ancor più evidente quando capiamo di quale crimine si è macchiata Grace. Nel momento in cui la donna prende coscienza di ciò che ha fatto, ma soprattutto che la sua anima non si trova nel luogo che le sarebbe destinato, crollano completamente le sue certezze. È in questo preciso istante che Grace riesce ad accettare la sua condizione, proprio perché è riuscita ad abbandonare le convinzioni precedenti, di fatto chiudendo una porta per poterne aprire un’altra.
Le mie considerazioni
Molto spesso capita di rivedere film che si sono amati in età infantile/adolescenziale e di rimanerne delusi. Gli effetti speciali sono troppo evidenti, la recitazione non è poi così convincente e quelle scene che ci hanno tanto spaventati non fanno poi così paura. The Others, invece, è uno di quei film invecchiati bene. Capace di creare ancora la suspence della prima visione, è in grado di ispirare sempre nuove interpretazioni. Se da piccola mi aveva colpita per la “storia di fantasmi”, in età adulta ne ho colto appieno le diverse sfaccettature ed interpretazioni. Un film che a distanza di 20 anni dalla sua uscita è ancora abile nel dire la sua. Consigliatissimo per chiunque non avesse ancora avuto occasione di vederlo e anche per chi l’ha visto più e più volte come la sottoscritta.
Buon Compleanno Nicole Kidman!
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