Fanny Ardant è La signora della porta accanto: dal 5 febbraio arriva nelle sale italiane il classico diretto nel 1981 da François Truffaut, sull’intreccio amoroso tra la stessa Fanny Ardant e Gérard Depardieu. Restaurato da MK2, La signora della porta accanto è distribuito dalla Cineteca di Bologna con il suo progetto Il Cinema Ritrovato. Al cinema. Mathilde ritrova sette anni dopo l’uomo che aveva amato fin quasi a soccombere: entrambi vivono in belle case vicine, dentro simili vite serene, eppure l’incontro sarà fatale. “Spero che il pubblico non prenda parte, che li ami entrambi come li amo io”: ma come sempre per Truffaut, anche questa è storia di uno squilibrio passionale, e pur nella tragedia che accomuna, la disfatta (amorosa) è della donna.
Un progetto scritto febbrilmente
Film lampo, e al tempo stesso prova della maturità di un cineasta pienamente consapevole dei propri desideri e dei mezzi per tradurli in espressione artistica, La signora della porta accanto è un progetto scritto febbrilmente, in poche settimane, dall’inizio del mese di dicembre del 1980 (data alla quale Truffaut abbozza insieme a Suzanne Schiffman e Jean Aurel un primo soggetto) alla metà di febbraio (la sceneggiatura utilizzata per le riprese, con i dialoghi ancora incompleti, è datata 11 febbraio 1981, e il film è girato nei dintorni di Grenoble a partire dal 1° aprile). Il regista vi si impegna dopo l’uscita dell’Ultimo metrò (nel settembre del 1980), quando, per la prima volta da molti anni, non ha ancora definito chiaramente il programma dei film a venire. Rassicurato dal successo sempre crescente dell’ultimo film, più fiducioso di poter imboccare nuove strade, non esita a correre il rischio, e tenta la carta di un film a budget limitato, che sarà girato in appena sei settimane, e nel quale offre la ribalta accanto a Dépardieu a un’attrice che fa esordire al cinema, un film che sarà semplicemente la storia estrema di una passione.(Carole Le Berre, François Truffaut al lavoro, Rizzoli, Milano 2005)
A star is born
Prima ancora dell’uscita nelle sale, il 30 settembre 1981, le reazioni sono entusiaste; in molti salutano la nascita di una grande attrice. “Fanny Ardant arde tutta intera di una fiamma strana e romantica, è una sorta di Parca inquietante il cui sguardo cupo e l’ossessione ricordano allo stesso tempo Maria Casarès di Orfeo e l’Adjani di Adele H.”, trasmette così Michel Pascal sulla radio Europe 1, mentre “Le Film français” profetizza: “A star is born, incontestabilmente, e François Truffaut è l’artefice di questa sfavillante metamorfosi”. (Antoine de Baeque, Serge Toubiana, François Truffaut. La biografia, Lindau, Milano 2003)
Né con te, né senza di te
Dopo L’ultimo metrò, che presentava sei o sette personaggi di uguale importanza, ho inteso ritornare ad una disciplina inversa con una storia più serrata, costruita intorno a una coppia. Di proposito, ho mantenuto gli altri personaggi in secondo piano, dando la preferenza, tra questi, ad un personaggio di confidente che dà inizio alla storia e la conclude: “Né con te, né senza te”. Di cosa tratta La signora della porta accanto? Di amore e, ben inteso, di amore contrariato perché, diversamente, non vi sarebbe una storia. L’ostacolo, qui, tra i due amanti, non è rappresentato dalle costrizioni sociali, dalla presenza di altre persone o dalla diversità dei due caratteri, ma esattamente al contrario, dalla loro rassomiglianza. Si trovano ancora, l’uno e l’altra, nello stato di esaltazione — “o tutto o niente” – che già li aveva separati, otto anni prima. Quando il caso li rimette uno di fronte all’altra, in un primo tempo Mathilde, contrariamente a Bernard, si mostra ragionevole. Poi, la situazione, come il cilindro di vetro di una clessidra, si rovescia e porta alla lacerazione. (François Truffaut, dal pressbook originale del film)
Tu sai cosa sono le pene d’amore?
Fino al Diciottesimo secolo, gli amanti separati si lasciavano morire di languore, oggi si disfanno, e anche se nel film questa parola non viene mai pronunciata è ben di questo che si parla. Questo decadimento fisico e morale che porta le vittime dell’amore fino in clinica, sottoposte alla cura del sonno, alle terapie chimiche, in alcuni casi, all’elettrochoc, è molto frequente ai giorni nostri; basta guardarsi attorno, leggere le cronache dei giornali; mentre mi è parso che il cinema, a torto o a ragione, non l’avesse mai preso in esame. Negli Stati Uniti, è normale vedere, nel corso di un party, gli ex mariti della padrona di casa fraternizzare con il nuovo marito. Cosa che succede raramente in Europa dove, nonostante le mode americane e l’allentamento delle costrizioni legali, le separazioni restano spesso dolorose, anche con il trascorrere degli anni. “Tu sai cosa sono le pene d’amore?” chiede Mathilde ad un ragazzino. Quando una storia d’amore finita male ci lascia straziati, a brandelli, siamo convinti che l’infelicità si legga sul nostro volto e, ossessionati da quello che dobbiamo chiamare il nostro lutto, arriveremo al punto di portare degli occhiali neri. Ci domandiamo chi siamo e la risposta è nessuno, niente, io non esisto più. Tutto, intorno a noi, ci dà l’impressione di rapportarsi al nostro dramma. Un cuore disegnato in gesso su un muro è stato tracciato là per prenderci crudelmente in giro. Ci domandiamo: dove vanno tutte queste auto e tutte queste persone che camminano per strada? Ciascun film, ciascun romanzo, sempre che siamo ancora in grado di vedere e di leggere, sembra parafrasare la nostra pietosa avventura, ogni canzone sentita alla radio parla di noi, denuncia i nostri errori e conferma il nostro annientamento: senza amore non si è niente. (François Truffaut, dal pressbook originale del film)
Un film hitchcockiano
Truffaut è noto come uno dei più grandi ammiratori di Alfred Hitchcock, e La signora della porta accanto è un film profondamente hitchcockiano, poiché i suoi veri soggetti sono la colpa, la passione e le terribili conseguenze di un peccato che inizia in modo insignificante. (Possiamo quasi immaginare il fantasma di Sir Alfred recitare la lezione: “Vedi cosa può succederti quando non sei un bravo ragazzo o una brava ragazza”). I due amanti sono criminali, naturalmente, adulteri, traditori, bugiardi, abili nel nascondere le loro emozioni come navigati truffatori. E, come faceva Alfred, Truffaut fa un lavoro brillante nell’offrirci immagini ordinarie quasi spietatamente semplici, mentre sotto la superficie c’è un intreccio labirintico di passione. (Roger Ebert, “Chicago Sun-Times”, 1° ottobre 1981)
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