Sarà presentato in anteprima alla 14^ edizione del Bif&st–Bari International Film Festival all’interno della sezione “ItaliaFilmFest / Nuovo Cinema Italiano”, La Terra delle Donne, diretto da Marisa Vallone e scritto da Paola Sini con la collaborazione di Marisa Vallone.
La Terra delle Donne, interpretato da Paola Sini, Valentina Lodovini, Syama Rayner, Alessandro Haber, Hal Yamanouchi, Han Bijvoet e Fredie Fox è un inno alla femminilità vissuta in ogni sua sfaccettatura, un forte richiamo al diritto di ogni persona di seguire la propria natura, una rivendicazione di libertà. Il film declinato interamente al femminile tenta di individuare una via di fuga alla gabbia delle convenzioni in una società in cui il destino delle donne è segnato fin dalla nascita.
Sinossi
In una Sardegna rurale a cavallo della Seconda Guerra Mondiale, Fidela è, suo malgrado, la strega del villaggio: cura i malefici e fa nascere i figli di tutti, ma mai i suoi, perché è bene che nessun uomo la tocchi. In una famiglia bramosa di un figlio maschio, lei che è settima di una prole di sole donne, impara ad accettare quel ruolo sociale come unica fonte di rispetto, castrando nella sua solitaria intimità i suoi istinti più sinceri e la sua fragilità. Ma quando il destino farà in modo che proprio a lei venga affidata Bastiana, un’altra settima figlia illegittima nata dalla relazione clandestina tra il soldato americano Thomas e una donna sarda, Fidela non solo scoprirà la potenza di sentirsi madre, ma inizierà a vacillare e a mettere in discussione tutte le certezze che fino a quel momento le erano sembrate una condizione senza scampo.
E sarà l’incontro con James e Mamoto, l’empatia che si crea con Thomas e la vita stessa, accidentale per lei come per chiunque, a costringerla a una definitiva e necessaria rivoluzione interiore di cui Bastiana si farà poi consapevole portatrice. Così due vite scelte dagli altri e modellate dalla tradizione, si trasformano invece nella straordinaria occasione di essere semplicemente vissute, in una piena e libera scelta identitaria. In un luogo senza tempo, dove i 1000 occhi appuntiti della gente sembrano contare più del semplice valore di essere, avverrà una tale e potente rivoluzione, da mettere a nudo ogni vizio dell’animo umano per poi riconoscere la forza ancestrale e il coraggio che caratterizza l’universo femminile.
Marisa Vallone
Marisa Vallone è nata a Bari nel 1986, inizia il suo percorso come video artista e multimedia designer partecipando a Festival internazionali e collettivi artistici. Dopo la laurea in Arte Multimediale (con tesi in Sociologia dei New Media) presso l’Accademia di Belle Arti di Frosinone, si diploma in Regia al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma con il cortometraggio “La Carna Trist”.
A partire dal 2013 esplora molteplici esperienze professionali lavorando come assistente regia e casting ma soprattutto come regista, autrice e filmaker nei settori cinema, commercial e web. Finalista del Premio Solinas 2017 con il soggetto “Paramagic” e per alcuni anni tutor di regia all’interno di un workshop presso l’ABA di Foggia, è attualmente impegnata nella promozione del suo primo lungometraggio “La Terra delle donne” (No Potho Reposare).
Note della regista
Il “non detto” di questo film affonda parte delle proprie radici nel sentimento malinconico e inquietante espresso dalla pittura Preraffaelita e dai suoi affascinanti soggetti femminili.
La Natura però, ammirata e temuta nello Sturm und Drang, si fa qui personaggio capace di interagire intimamente con la protagonista, Fidela, lasciandole segni da decifrare, reagendo empaticamente alle sue emozioni e, addirittura, facendosi amante attraverso una fusione Panica col tutto. Vera magia o mera suggestione? Coincidenze o sincronicità Junghiane? Acqua, aria, terra e fuoco sono stati per molti reparti i migliori compagni di questo viaggio alla ricerca di un’immersione sinestetica, di un racconto materico, viscerale e naturalmente magico, sostenuto dalla potenza visiva di una Sardegna tutta da scoprire, con le sue grotte, i suoi boschi, acque, pozzi sacri, e simbolici pertugi.
Il titolo “La Terra delle Donne” è proprio un omaggio al potere ancestrale legato al mondo del femminino; da qui però scaturiscono altre riflessioni di tipo socio-culturale sulla definizione del ruolo della donna, tutt’oggi martoriato dalle aspettative degli altri, dalla misoginia e dalla violenza più o meno esplicita. Il tema più delicato e mai troppo esplorato rimane ancora quello della maternità e della sua ambivalenza: da un lato, quando accettata e desiderata, sia essa naturale oppure adottiva, diventa veicolo di un amore incondizionato e inedita felicità; dall’altro ci sono le maternità cercate e non trovate, quelle indesiderate, quelle pretese dagli altri, giudicate, criticate: quelle che a volte si trasformano in ossessione perché sembrano l’unico modo per trovare un posto nel mondo.
Ma la terra non è solo delle donne, certo: in realtà sono tanti gli uomini a muovere la storia e ad apportare cambiamenti, nel bene e nel male. Il tema identitario è ampio e prescinde dal sesso: si tratta anche di essere vittime o carnefici, oppure entrambe le cose.
Il conflitto più interessante è infatti quello interiore, nella ricerca della propria identità quando non si accetta la repressione e si lotta per emanciparsi o, semplicemente, quando di fronte alle urgenze si adottano scelte impulsive e rivelatrici della propria essenza. Le misteriose maschere dei Mamuthones avvolte nel fumo nell’intro del film hanno un po’ il compito di traghettarci verso questo interrogativo universale: chi c’è davvero lì dietro?
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