Dall’ombra espressionista di Nosferatu (1922), alla ribellione punk di Ragazzi Perduti (1987) fino alla rivalsa femminile di A Girl Walks Home Alone at Night (2014), la figura del vampiro è sicuramente tra le più sfruttate nella cinematografia mondiale, nonché oggetto di rielaborazioni e differenti declinazioni. Lasciami entrare costituisce un caso interessante: si tratta di una piccola perla svedese diretta da Tomas Alfredson, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo scritto da John Ajvide Lindqvist, autore anche della sceneggiatura, che utilizza il vampirismo come pretesto per raccontare di solitudine e diversità.
Trama
Oskar è un ragazzino di 12 anni, minuto, timido e tormentato dai bulli; Eli è una sua coetanea, pallida e solitaria. Oskar sogna di vendicarsi di coloro che lo umiliano, nascondendo dietro il suo aspetto angelico una natura alquanto sadica; Eli invece è costretta, per sua natura, a fare del male, perché in realtà non è una bambina. Nonostante le apparenti differenze e la paura che Oskar prova, inizialmente, nei confronti di Eli, i due diventeranno inseparabili, scoprendosi più simili di quanto pensassero.
Il tormento dell’emarginazione
Oskar ed Eli rappresentano, in maniera complementare, la solitudine e l’abbandono. Oskar è figlio di genitori divorziati (e che si fanno la guerra) e vive con sua madre, tanto apprensiva quanto assente, mentre la vampira Eli vive con un uomo (non suo padre) che provvede a soddisfare le sue necessità, finendo per immolarsi in nome di un amore-venerazione. Oskar ed Eli sono, in altre parole, due facce dell’alterità: Oskar è il bambino debole, “effemminato”, che soffre di un’estrema solitudine, mentre Eli è ancora più estranea perché perturbante, così simile ad una normale dodicenne all’apparenza ma che in realtà cela una natura non umana. Il disgusto e il timore che Oskar prova nei confronti di Eli non appena viene a conoscenza della verità dura in realtà molto poco, perché il ragazzino sa che in lei ha trovato qualcuno in grado di comprendere la sua marginalità. Sarà proprio lui infatti a “lasciarla entrare”, trasformando così lo straniamento iniziale in una potente accettazione della propria e dell’altrui alterità.
I due protagonisti non solo sono incompresi dal mondo esterno, ma si potrebbe dire anche che non lo comprendono. Da un lato, Oskar è poco più che un bambino, un preadolescente che ancora non è entrato nella fitta rete di convenzionalismi e relazioni sociali che formano e condizionano l’uomo; dall’altro lato, Eli non fa neppure parte dell’umano e, nonostante esista e si muova nel nostro mondo da secoli e secoli, è sempre rimasta fuori dalla realtà sociale. È la loro genuinità, in ultima istanza, o la loro appartenenza ad uno “stato di natura”, ciò di cui il film si serve per criticare i metri di giudizio umani, che escludono alcune categorie rispetto ad altre e che scelgono cosa è giusto e cosa è sbagliato. Lasciami entrare dunque rifugge qualsiasi tipo di moralismo e di predica nei confronti dei suoi due protagonisti, limitandosi a mostrare le loro pulsioni, desideri e dolori.
I personaggi secondari vengono invece lasciati sullo sfondo e spetta loro il compito di vittime sacrificali nel bagno di sangue finale, il momento di terrore più alto che la pellicola raggiunge. La strage è funzionale al trionfo di Oskar ed Eli, i quali manifestano in tal modo la loro capacità di scelta che, nonostante possa sembrare crudele e/o egoista, si inscrive nella piena accettazione e assecondamento di ciò che si è davvero, in barba alle leggi del contratto sociale.
Se non l’avete ancora visto, il mio consiglio è di rimediare subito: Lasciami entrare è una delicata e realistica storia di formazione dalle tinte horror, che vi conquisterà per la sua estetica e la sua tematica, oltre che per la magnetica e androgina Eli, che entra di diritto tra i vampiri più riusciti della cinematografia contemporanea.