Storie vere, leggende urbane o fatti di cronaca che porteranno un po’ di brivido al vostro sabato sera.
Può una semplice escursione in montagna trasformarsi in una tragedia senza nessuna spiegazione?
Questo è quello che è accaduto la notte del 2 febbraio 1959, sui Monti Urali in Russia, sul versante orientale del Cholatčachl’ (che significa “montagna dei morti”), soprannominato dopo questa tragedia “Passo di Djatlov” . Vi ricorda qualcosa? Esattamente: Il Passo del Diavolo, film del 2013, distribuito in Italia da Midnight Factory, parla proprio di questo episodio.
Nove ragazzi avevano formato un gruppo per fare dello sci di fondo attraverso la parte settentrionale dei Monti Urali, guidati da Igor Djatlov. La spedizione doveva arrivare sul monte Otorten, 10 km più a nord di dove avvenne l’incidente. Il percorso era uno dei più difficili possibili ma tutti i membri erano ben equipaggiati e con esperienze abbondanti alle spalle. Il 27 gennaio i giovani si misero in marcia ma il giorno seguente uno di loro, Jurij Judin, fu costretto a tornare indietro per un’indisposizione. Questo fu il loro ultimo avvistamento.
Il 26 febbraio venne ritrovata la loro tenda, abbandonata sul Cholatčachl’ e altamente danneggiata, da cui partivano delle impronte che si dirigevano nei boschi vicini, che però scomparivano nella neve dopo 500 metri. Vennero anche trovati dei resti di un fuoco sul limite della foresta, sotto un grande cedro, assieme ai primi due corpi, entrambi con addosso solamente la propria biancheria intima. Tra il cedro e il campo vennero ritrovati anche altri tre corpi, morti in una posizione che sembrava suggerire che stessero tentando di tornare alla tenda. Gli ultimi quattro corpi vennero ritrovati solo dopo due mesi, il 4 maggio, a mezzo km di distanza dall’albero, in una gola scavata da un torrente all’interno del bosco.
L’inchiesta partì al primo ritrovamento dei cadaveri e stabilì che i primi cinque ragazzi erano morti per ipotermia. Gli altri quattro corpi ritrovati a maggio avevano però qualcosa di strano: uno aveva una grave frattura cranica, due la cassa toracica gravemente fratturata mentre l’ultimo era privo della lingua, di parte della mascella e degli occhi. Tutto questo poteva essere riconducibile all’impatto da caduta nella gola, ma la cosa che faceva storcere il naso agli investigatori era il fatto che i corpi non avessero ferite esterne. Altri dati emersi dalla lettura del fascicolo precisavano che non esistevano tracce di altre persone nella zona, che la tenda era stata lacerata dall’interno e che i vestiti di alcune delle vittime presentavano alti livelli di contaminazione radioattiva.
Verdetto finale dell’inchiesta?
”I membri del gruppo sono morti a causa di una irresistibile forza sconosciuta”
Caso chiuso. Ovviamente non mancarono le polemiche: dei ricercatori sostengono che alcuni fatti furono trascurati, o volutamente ignorati, dalle autorità; non fu trovata nessuna fonte di contaminazione per giustificare i livelli di radioattività; un altro gruppo di escursionisti che si trovavano a circa 50 km dal luogo dell’incidente asserì di aver visto strane sfere arancioni nel cielo notturno, dirette verso Cholatčachl’.
Quando realtà e fantasia si incontrano nascono storie che possono turbare l’animo di qualsiasi persona: sta a voi decidere quali parti del racconto considerare leggenda e quali realtà.