Il 13 aprile è uscito nelle sale italiane L’esorcista del Papa, diretto da Julius Avery (Overlord) e sceneggiato a cura di Michael Petroni (Il Rito, Possession) e Evan Spiliotopoulos (Il sacro male). Padrone della scena è Russel Crowe nei panni del temerario e anticonformista Padre Gabriele Amorth, il quale ha dedicato la sua vita alla battaglia contro il demonio.
La trama
Liberamente ispirato alle opere di Padre Amorth, Un esorcista racconta e Nuovi racconti di un esorcista, il film narra la storia di un agghiacciante caso di possessione demoniaca, che coinvolge un giovane ragazzo, Henry, trasferitosi da poco con la madre Julia e la sorella Amy nell’abbazia di San Sebastiano in Castiglia. Una volta giunto a destinazione, Padre Amorth inizia le sue indagini, che si protraggono ben oltre le sue aspettative facendo affiorare degli oscuri segreti tenuti nell’ombra dal Vaticano.
La recensione contiene SPOILER. Consiglio fortemente di recuperare la visione del film prima di procedere con la lettura.
Un possibile lontano parente de Il Rito?
Premettendo che avevo aspettative piuttosto alte trattandosi di un film a tema possessione/esorcismi, un sottogenere del cinema horror a me caro, mi sento di dire che sono rimasta in parte delusa. A livello tecnico, la pecca maggiore, a mio avviso, riguarda il montaggio, che influisce comunque sulla costruzione della trama. Come spesso accade quando si lavora a un film che richiede, come in questo caso, un’ampia e approfondita documentazione e raccolta di materiale, il prodotto finito difficilmente riesce ad essere esaustivo ed equilibrato.
Il montaggio accelera eccessivamente il ritmo della narrazione nella prima parte del film e le scene sembrano quasi troncate: lo spettatore si trova quindi di fronte a una sorta di elencazione delle sequenze che si susseguono. Parte degli eventi narrati rimane quindi in superficie e non ha quell’approfondimento che avrebbe meritato.
La trama si presenta comunque interessante e per diversi aspetti ricorda quella de Il Rito: l’ambientazione a Roma, un esorcista esperto che insegna il mestiere a un collega, possessioni violente, il leitmotiv del bene contro il male. Come padre Lucas Trevant, Padre Amorth si mostra in tutta la sua tenacia e il suo anticonformismo in una delle sue battaglie più dure contro il Male. La componente introspettiva (più presente ne L’esorcista del Papa) che coinvolge il protagonista, rappresenta secondo me uno dei maggiori punti di forza della pellicola. Per affrontare i demoni del presente, padre Amorth si trova costretto ad affrontare quelli del suo passato: i sensi di colpa legati a un caso che si era concluso con il suicidio di una ragazza fungono da arma per Asmodeo, il demone distruttore, che cerca di sabotare l’esorcismo del giovane Henry.
CGI piuttosto forzata in un finale esagerato
La seconda parte del film intrattiene sicuramente di più rispetto alla prima per la crescente quantità di azione e scene cruente. Emergono diversi dettagli interessanti come la rivelazione di Asmodeo, scoprire che il terreno dell’abbazia è sconsacrato perché contaminato dal Male, fino ad arrivare alla possessione di Padre Amorth. Ed è proprio a riguardo che esprimo il mio disappunto; diversamente da film come Il Rito o The Conjuring, dove non mancano gli elementi sovrannaturali ma viene mantenuta una certa credibilità, in questo caso non accade. La scelta di aver voluto far apparire un portale per l’Inferno l’ho trovata eccessivamente forzata e marginale, coronata da una CGI poco curata.
L’esorcista del Papa è complessivamente un buon film, che intrattiene e soddisfa il pubblico alternando dialoghi satirici a scene d’impatto visivo. Il personaggio di padre Amorth è sicuramente il più influente ed è quello che colpisce maggiormente rispetto agli altri. Peccato per effetti speciali minimi e montaggio in parte precario.
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