Ottobre può essere considerato il mese che più di tutti incarna lo spirito dei Piccoli Brividi e, quest’anno, ancora di più. R.L. Stine, autore dell’iconica collana, sarà infatti ospite in Italia in quel di Lucca Comics 2024.
Dal punto di vista editoriale, Mondadori ha portato ben quattro opere inedite dell’autore, fra cui i primi due capitoli della nuova sotto-collana di Piccoli Brividi: “La Casa del Terrore”.
In questo articolo prendiamo in esame il primo: “Il libro più spaventoso di sempre”.
COPERTINA
Le copertine de “La casa del Terrore” sono realizzate dall’inglese Robert Ball.
Lo stile di disegno riprende il sapore cartoonesco del predecessore, Brandon Dorman, associandovi però una colorazione marcatamente pop che, di volta in volta, pone l’accento sull’entità che si trova al centro della vicenda. Il risultato è un artwork d’impatto che porta perfettamente avanti il sapore spooky della collana.
TRAMA
Billy e sua sorella Betty si trovano costretti a passare un periodo dallo zio, Wendell, mentre i genitori sono occupati in un viaggio di lavoro. L’uomo, famoso collezionista di libri rari, abita in una casa isolata nei pressi della Foresta Imprevedibile, che si dice essere popolata da strane creature.
I due fratelli non avranno nemmeno i tempo di acclimatarsi, infatti lo zio li trascinerà alla ricerca del ladro che ha rubato il libro più prezioso della sua collezione, che si dice essere “il libro più spaventoso di sempre”. Inutile a dirsi, la ricerca porterà Billy, Betty e Wendell proprio attraverso la Foresta Imprevedibile.
Eppure, non tutto è quello che sembra…
RECENSIONE
“Il libro più spaventoso di sempre” si discosta per alcuni punti dai topoi della classica storia di Piccoli Brividi, mentre per altre scelte ricalca a pieno altri romanzi della collana.
Innanzitutto, il rapporto fra Billy e Betty. Se Stine ci ha abituato a rapporti conflittuali e di competizione fra fratelli, i due sono invece una coppia affiatata e, dall’inizio alla fine della storia, coesa nell’affrontare il mistero in cui si ritrovano coinvolti.
I capitoli, a differenza di tutti i Piccoli Brividi precedenti , non hanno un semplice numero a dividerli ma un’espressione che più ne racchiude il senso. Questa scelta, per quanto possa sembrare scontata, rende la lettura molto più avvincente, con la costante curiosità di capire la ragione dietro ai vari titoli. Stine, probabilmente, ha optato per questa nuova via in modo da calcare meno la mano sull’espediente che ha sempre utilizzato per tenere incollati alle pagine: i (finti) colpi di scena di fine capitolo. Per quanto, specialmente nella seconda metà, ci siano diversi piccoli cliffhanger, non assistiamo alla costante (e fastidiosa) presenza di colpi di scena che vengono smentiti all’inizio del capitolo successivo.
L’utilizzo dei plot twist veri e propri è in verità uno dei punti di forza della storia. Anzi, in questo caso si tratta di un unico twist che viene ripetuto più volte. Sebbene i lettori storici potrebbero trovare similitudini con il famoso colpo di scena de “Il mistero dello scienziato pazzo”, esso è incredibilmente funzionante nel creare spaesamento nel lettore, mettendo in dubbio quanto avvenuto fino a quel momento. Degli aspetti che all’inizio sembrano inspiegabili o frutto di una scrittura pigra verranno pienamente motivati proprio in virtù delle verità che emergeranno nel corso dell’intreccio.
Il principale punto di forza, se verrà sfruttato, è tuttavia il potenziale di questa storia come primo capitolo di una saga. Il tema di un misterioso libro e di coloro che vogliono impadronirsene sono nuovi per una storia di Piccoli Brividi. Sarebbero pertanto perfetti da sviluppare su una saga in più capitoli in cui possa essere approfondita la mitologia dietro al libro e coloro che lo cercano. In questo modo si potrebbe dare espiro a situazioni avventurose, oltreché spooky. Al momento, nessun sequel sembra essere in cantiere ma, data la prolificità di Stine, possiamo solo incrociare le dita.
Passando ai lati negativi, essi sono principalmente relativi all’ambientazione. La Foresta Imprevedibile e le creature che la popolano, inizialmente, sembrano essere il focus principale della storia. A lettura ultimata, tuttavia, ci si rende conto che non c’è alcun legame fra essi e il tema principale del romanzo (il famigerato “libro più spaventoso di sempre”). Le scene relative ai fantasiosi esseri che si annidano nella foresta, peraltro, non brillano per nulla quanto a inventiva. Certo, se Stine volesse approfondire meglio anche l’aspetto della Foresta Imprevedibile in un capitolo successivo il problema si risolverebbe. Dovendo tuttavia valutare l’opera in sé, sembra quasi che l’autore abbia inserito tali creature per fornire un tocco “familiare” a una storia che sennò sarebbe risultata troppo atipica per i Piccoli Brividi. Che sia stato così o meno, il risultato lascia comunque desiderare.
Per quanto riguarda lo stile di scrittura, è difficile esprimere un giudizio obiettivo. Leggendo l’edizione italiana, esso risulta molto lineare, con un lessico basilare. Sappiamo tuttavia che Stine abbia sempre utilizzato un linguaggio abbastanza articolato, pur scrivendo libri per ragazzi, fattore che si è spesso perso nelle traduzioni. Sarebbe pertanto necessaria una lettura anche dell’edizione originale per poter esprimere un giudizio obiettivo.
Il ritmo è serratissimo, merito anche degli espedienti precedentemente elencati, per cui non sarebbe affatto assurdo se vi trovaste a divorare l’opera in un’unica sessione.
In definitiva, “Il libro più spaventoso di sempre” non è uno dei migliori libri di Piccoli Brividi ma riesce comunque a fornire spunti interessanti in un contesto che rimanda alle atmosfere classiche delle opere di Stine. Ne consigliamo la lettura sia a chi vuole fare un tuffo nella nostalgia, sia a chi ricerca una trama che (parzialmente) si discosta dall’impianto classico della collana.
(n.d.r.: i due disegni in bianco e nero che trovate nell’articolo sono stati realizzati da me)