Per il suo 25° anniversario Cat People e Minerva Pictures ripropongono nelle sale l’incendiario punto di riferimento del crime italiano di fine millennio: L’Odore della Notte
Presentata alla Festa del Cinema di Roma nel nuovo restauro 4K, L’Odore della Notte, opera seconda di Claudio Caligari – regista di Amore tossico (1983) e Non essere cattivo (2015) – è pronta per tornare nelle sale a partire dal 20 novembre, distribuita da Minerva Pictures in collaborazione con Cat People.
Trampolino definitivo per la carriera di Valerio Mastandrea, qui protagonista e narratore senza filtri, Marco Giallini e Giorgio Tirabassi, L’odore della notte è una vorticosa epopea proletaria e criminale che cuce insieme stile, personaggi e ritmo senza compromessi, trasformando ogni momento in uno schiaffo, uno sfottò, un dolore sincero. Nel cast, anche Little Tony nei panni di se stesso.
Figlio della grande tradizione italiana “di genere” quanto del neorealismo più corrosivo è il silenzioso apripista e punto di riferimento del crime/noir nostrano di oggi, dai Romanzo criminale ai Gomorra ed epigoni vari. Ma la vera forza de L’odore della notte risiede nella sua natura di strada, randagia e affamata, urgente perché sopravvissuta, tanto vera quanto violenta, capace di riappropriarsi di un determinato tipo di cinema e rivitalizzarlo fino renderlo nuovo e autentico.
Il Remo interpretato da Mastandrea è prima poliziotto e poi rapinatore, a capo di una sconclusionata banda di figli della strada. Caligari tiene il suo protagonista sempre in bilico tra ferocia e umanità, senza giudizi di sorta: è la visione soggettiva quanto lucida di una società che con i suoi meccanismi brutali tiene, allora come oggi, i suoi frutti indesiderati ai margini, in cui ogni velleità materiale è solo lo scintillante scudo di un tormento senza via di scampo. Violenza che affascina e che insieme soffoca, che ammalia e sconforta: talvolta urlato e altre bisbigliato, è sempre il disperato (bi)sogno distorto di trovare una vita.
A cavallo tra lo Scorsese più tormentato di Taxi driver e quello più vorticoso di Quei bravi ragazzi, L’odore della notte non ne segue semplicemente le scie, ma ne rielabora la forza in modo unico e personale: è il ventre molle della Roma tra gli anni 70 e 80 e, al contempo, pura cinema senza sosta dal retrogusto spietato. È delirio di potenza e fatalismo, lì dove (pochi) soldi e scelte sbagliate dominano una mascolinità sbandata, tanto seducente quanto destinata al fallimento.
Liberamente tratto da Le notti di «Arancia Meccanica» di Dido Sacchettoni (Einaudi, 1986), L’odore della notte venne presentato per la prima volta durante la Settimana della Critica alla Mostra del Cinema di Venezia del 1998 e ora torna nei cinema nella sua nuova versione restaurata in 4K per il suo 25° anniversario. Realizzato nel 2023, il restauro è stato curato dal Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale a partire dai negativi scena e colonna sonora messi a disposizione da Minerva Pictures, con la supervisione del direttore della fotografia Maurizio Calvesi.
SINOSSI
Nella Roma tra la fine degli anni ‘70 e i primi ‘80, Remo, poliziotto di giorno e rapinatore di
notte, è a capo di una banda specializzata negli assalti ai quartieri alti. Tra dissidi con gli altri
membri e alla ricerca della sua vera natura, è alla folle ricerca di un personalissimo riscatto
sociale e umano. In un’escalation sempre più folle ed estrema di azione e violenza, finirà con
l’accettare il proprio destino di “figlio di nessuno”.
IL RESTAURO
Realizzato nel 2023, il restauro è stato curato dal Centro Sperimentale di Cinematografia –
Cineteca Nazionale a partire dai negativi scena e colonna messi a disposizione da Minerva
Pictures, con la supervisione del direttore della fotografia Maurizio Calvesi.
CLAUDIO CALIGARI
Nato ad Arona nel 1948, Claudio Caligari inizia a farsi conoscere come documentarista negli ambienti del cinema indipendente e di ricerca sociale, intorno alla metà degli anni ‘70. Il suo lavoro prende spunto sia dalle problematiche delle realtà giovanili disagiate sia dall’impegno politico e nel 1976 esordisce, come autore, con Perché droga, primo film documentario sulla tossicodipendenza in Italia, diretto da Daniele Segre e Franco Barbero e girato a Torino.
Verso la fine del decennio inizia a dedicarsi anche al cinema di finzione, lavorando come aiuto regista per autori come Marco Ferreri, Marco Bellocchio e Pier Paolo Pasolini. Del 1983 è Amore tossico, primo suo film di finzione, col quale riesce a fondere la sua esperienza da documentarista con il neorealismo (i protagonisti vengono tutti dalla strada) e la cinefilia, arrivando a una messa in scena cruda, esplicita e senza compromessi che sarà cifra stilistica e motore anche dei film successivi, sempre atti a dipingere in un modo del tutto personale le classi più disagiate e personaggi emblematici.
In mezzo a tanti progetti mai portati a termine, il suo secondo lungometraggio è L’odore della notte del 1998, un vorticoso neo-noir che lancia la carriera di Valerio Mastandrea e Marco Giallini, mentre del 2015 è Non essere cattivo, con cui scopre definitivamente Luca Marinelli e Alessandro Borghi, spaccato della periferia romana dei primi anni ‘90. Su di lui è stato realizzato nel 2019 il documentario Se c’è un aldilà sono fottuto – Vita e cinema di Claudio Caligari di Fausto Trombetta e Simone Isola.
CLAUDIO CALIGARI SUL FILM
«[Nel film] Di cinema italiano c’è ben poco. C’è dentro soprattutto Bresson. La casa di Remo Guerra (Valerio Mastandrea) è costruita su quella di Pickpocket (1959) e di Le samouraï (1967) di Melville. Sono case che vedevo al cinema quando avevo vent’anni. Erano costruite in teatri di posa, ma all’epoca non lo capivo. Mentre, ad esempio, la casa che si vede in Taxi driver (1976) di Scorsese è vera. Bene, ho fatto un mix di tutte queste case e perciò automaticamente posso affermare che queste sono state le mie influenze. Per quanto riguarda Remo Guerra devo dire che ha qualcosa soprattutto di personaggi solitari come Alain Delon o Jean-Paul Belmondo.»
«L’odore della notte unisce le due linee fondamentali del cinema: quella di Lumière sulla realtà e quella di Méliès sulla fantasia. Perché? Perché deriva dalla suggestione di una storia vera accaduta 15 anni fa, completamente rielaborata con grande libertà e con grande fantasia. Io a posteriori non distinguo più la parte che deriva dalle mie contaminazioni, dimissioni e quello che è veramente successo».
«È un film su un gruppo di ragazzi che prendono la pistola in mano e dicono “Un po’ di roba per me: io non ho niente, tu hai della roba, dammela”».
«All’epoca lui [Mastandrea] era una scelta azzardata, perché si sarebbe trattato della sua prima performance drammatica. La sua fisionomia, quel viso scavato e quell’aria “proletaria” giocò a suo favore. Ho sempre apprezzato il suo istinto e la sua onestà intellettuale, doti che gli consentirono di capire subito il personaggio e di metterci davvero l’anima per portarlo in scena.
Con Valerio, ricordo anche Giorgio Tirabassi, autore di una prova davvero riuscita, Marco Giallini ed Emanuel Bevilacqua. Quest’ultimo fu preso alla fine, quando eravamo con l’acqua alla gola e disperavamo ormai di trovare un attore che avesse le caratteristiche fisiche estreme del personaggio. Figlio delle scelte di Amore tossico, decisi di cercare nella strada, e alla fine ci imbattemmo fortunosamente in Emanuel.»
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